03Oct
Motivazione
Nella politica italiana in generale e nella formazione della nostra classe dirigente è completamente assente la consapevolezza dell’utilità della cultura-civiltà.
Non ci si rende conto della necessità ideativa e strategica che solo un “ pensiero pensato”, una conoscenza del sapere può dare.
Sembra non si creda che, rispetto al sociale, scienza e filosofia politica ci possano dare la capacità di “ordinare” il reale da una postazione più alta, in una specie di distensio animi cognitivo per poter prendere decisioni più mature.
Qualcosa che possa permettere all’uomo pubblico venturo di separare la (propria) autorità dal denaro, l’impegno-competenza dall’ossessione dell’interesse, nel senso della crematistica.
L’impasse civile e ideativa della politica (ormai totalmente economica) non riguarda solo l’Italia ma tutta la mentalità occidentale. Condividiamo con Edgar Morin che “la marcia del mondo ha smesso di essere pensata dalla classe politica, […] la classe politica si accontenta dei rapporti di esperti, delle statistiche e dei sondaggi. Non ha più pensiero. Non ha più cultura. Non sa che Shakespeare la riguarda. Ignora le scienze umane. Ignora i metodi che sarebbero adatti a concepire e a trattare la complessità del mondo, a legare il locale al globale, il particolare al generale”.
Non dobbiamo così aspettarci granché dai paesi egemoni, cioè liquidi. Né tantomeno dai paesi emergenti. Dobbiamo ritornare alla cura di casa nostra iniziando dalle fondamenta, cioè da una ridefinizione culturale e valoriale della formazione politica.
Si deve ripristinare il nesso tra il meglio della cultura animi, orientato a una forte competenza disciplinare, e il principio di autorità coinvolgendo le forze più sensibili e più avvedute che ci devono pur essere anche nel paese che si reputa il più cinico e il meno ingenuo della terra, ma i dubbi sulla nostra lucidità ce l’hanno gli altri.
Sarà necessario “essere elitari – nel senso più autentico del termine: prendersi la responsabilità per il meglio della mente umana”.
“A che punto è la notte?”
Intanto dovrà trascorrere questa oscurità. A da passa a nuttata. il punto è che di fronte alla durezza dei tempi non sarà possibile tollerarla con la consueta vulganta fatalistica o attraverso il senso di colpa diffuso ad arte dall’informazione più servile al mondo. I Nobel Joseph Stiglitz e Michael Spence (Comitato Accademico IASSP) troverebbero qui l’iperbole delle loro tesi sull’asimetria informativa.
Tutto appare compromesso. I governi della 2a Repubblica hanno sottoscritto a occhi chiusi o obtorto collo ogni forma di vincolo o patto di sudditanza pensando che la dialettica democratica degli interessi interni fosse secondaria rispetto al marketing del consenso.
Tutto ciò a conferma del nostro non-essere-nazione e dell’indifferenza verso l’interesse nazionale.
Rispetto ai mercati la nostra proverbiale inconcludenza politica, come sappiamo, offre ottime occasioni di predazione.
Per converso è molto labile la determinazione a creare le condizioni affinché la libera intraprendenza possa ancora produrre ricchezza.
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