30
Jan

Il 20 gennaio 2025 Donald Trump ha giurato come 47° Presidente degli Stati Uniti d’America. Dopo il discorso d’insediamento c’è chi ha parlato di svolta epocale, chi di fine della democrazia, come Francis Fukuyama, che dopo la caduta del muro di Berlino, aveva parlato di “fine della storia”. Chi ha visto con favore la nuova amministrazione per la possibilità concreta di por fine alle guerre in atto, e chi ne ha sottolineato i possibili problemi per l’Europa, o l’Italia, per la fine del libero mercato, l’introduzione di dazi sulle esportazioni, l’uscita degli USA dall’accordo di Parigi sul clima o l’uscita dalla OMS. Oltre che per la stretta sull’immigrazione illegale o per la proclamazione di due soli sessi.
Insegno “IA Umanizzata” allo IASSP (Istituto di Alti Studi Strategici e Politici) di Milano e sono rimasto colpito dall’imponente investimento deciso dal governo federale 500 Miliardi di Dollari in 5 anni, sembra), per l’Intelligenza artificiale.
Più che la coreografia, gli inni, i canti, la cerimonia del passaggio di consegne, mi hanno colpito le immagini. Oltre a Trump e ai suoi familiari, al Vice Presidente e ai giudici della Corte Suprema, in prima fila c’erano da un lato 4 ex Presidenti, con volti amimici e inespressivi, (mi riferisco ad Obama, George Bush, Bill Clinton e lo stesso Biden) e, dall’altra, 3 individui più giovani, che apparentemente non avrebbero niente a che spartire con la politica ed il bilanciamento dei tre poteri secondo i criteri di Montesquieu.
Parlo di Mark Zuckerberg, 40 anni, fondatore di Facebook, attuale AD di Meta (215 Miliardi di dollari), Jeff Bezos, 61 anni, fondatore di Amazon, ma anche proprietario del Washington Post (247 Miliardi di Dollari), ed Elon Musk, proprietario di Tesla e Space X, (427 Miliardi di dollari).
Quasi 1000 Miliardi di dollari di patrimonio personale, mentre il valore delle aziende da loro dirette va moltiplicato per centinaia di volte. Tutti hanno deciso di puntare sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale, in una corsa sfrenata per il raggiungimento della cosiddetta IA generale, in grado di simulare quasi alla perfezione il comportamento umano. Musk, che ha dichiarato di essere inquadrabile nello “spettro dell’autismo allargato”, ma che dall’età di 13 anni ha dimostrato di essere un vero genio, si è lasciato andare ai soliti salti e ad espressioni colorite del suo linguaggio del corpo, quando Trump ha fatto accenno all’intenzione degli USA di inviare il primo astronauta su Marte.
I nostri commentatori, oltre a manifestazioni puerili di gioia (in stile autistico) hanno insistito nel vedere nei gesti di Musk anche il saluto fascista. Tutto, mentre in Italia divampa la lotta per la divisione delle carriere tra i magistrati, come attentato insostenibile alla obsoleta “divisione dei poteri”.
L’insediamento di Trump, con i discorsi, ma ancor di più con le immagini, ha dimostrato che siamo davanti ad un passaggio epocale. Non solo nella storia. Ma anche di quella che abbiamo considerato la classica democrazia.
Montesquieu è apparso terribilmente “datato”. Ormai superato dal nuovo che avanza. Infatti, in quale dei tre poteri è da incasellare il trio al fianco di Donald Trump? Non sono politici di professione destinati all’esecutivo, né giudici, né legislatori.
Il loro potere non è assimilabile e non è bilanciabile con nessuna delle categorie di Montesquieu. Ma i dati che devono farci riflettere sono 2: nessuno dei 3 appartiene ad una delle storiche dinastie di magnati americani, i tycoon della finanza, quelli che “facevano i soldi con i soldi”, perché super-ricchi di famiglia. No, i 3, nell’America, ancora terra delle opportunità, hanno creato la propria fortuna ed il proprio potere grazie al talento personale, che è talento tecnologico, unito ad amore per il rischio, resilienza alle avversità, capacità di affrontare “mission impossible”. Sono geni della tecnologia e sono tutti impegnati nella corsa agli step finali dell’IA.
Perché chi ha ił controllo dell’IA controlla il mondo.
Trump, che non dimentica di essere un imprenditore, pone la sua golden share e mette sul bilancio la fiche federale da 500 Miliardi. Gli altri 3, come ha dimostrato Musk nella campagna di Trump, non hanno limiti. Sono pronti a fare “whatever it takes”, secondo la famosa frase di Draghi.
Cosa fa nel frattempo l’Europa? Invece che provare a giocare la sua parte, a sporcarsi le mani e le gambe, sceglie il superiore ruolo dell’arbitro. Continua a legiferare, a mettere veti, vincoli, restrizioni, regolamentazioni, che nessuno prenderà in considerazione. Perché le tecnologie, le piattaforme e le risorse sono altrove. La partita si gioca negli USA.
Con la Cina con unico altro possibile competitor.
Il problema vero è che, anche se tutti parlano di intelligenza artificiale, pochissimi conoscono i dettagli e il livello raggiunto dalla ricerca odierna. Si continua a pensare che, siccome è un prodotto dell’uomo, sarà al massimo un “pappagallo informatico”, senza creatività e nessuna delle funzioni superiori tipiche dell’uomo.
Ci si rapporta a Turing e alla sua definizione di macchina che può essere “scambiata per un uomo”. Si discetta sulla personalità giuridica, se un chat-bot può essere detentore di brevetti, se può essere considerato responsabile delle sue azioni. Ma non si conosce quali sono i dettagli di “come funziona”. Di come è fatta dentro. Soprattutto si continua a pensare che sia qualcosa di immaturo, che impiegherà decenni o secoli a decollare. Invece quella che può essere paragonata al primo aereo dei fratelli Wright non solo è già capace di volare, ma arriverà in tempi brevi (entro una decina d’anni o poco più) al livello di jet supersonico.
Non c’è bisogno di nuove scoperte rivoluzionarie. Di colmare lacune incolmabili.
La ricerca di base è già stata intrapresa ed è a buon punto. Solo i disinformati continuano a criticare gli strafalcioni di Chat GP-4 e considerarlo come un bot che non è capace di risolvere i problemi in maniera innovativa, o che non è in grado di fare quello che sa fare un bambino.
Chat GPT è la prima versione su larga scala di applicazione dell’IA al linguaggio umano, che è il più grande moltiplicatore di creatività. Ma usa ancora un sistema analogico, per cui è necessario prima trasformare le parole nei codici leggibili dal sistema. Inoltre gestisce solo testi.
La recente scoperta di Fei Fei Li, (Professore a Stanford di Human-Centered AI), l’algoritmo alla base della moderna computer vision, dimostra che la stessa sequenza di codice è in grado di esprimere contemporaneamente e indifferentemente le immagini, – grazie ad una rete neurale convoluzionale -, e le parole che esprimono quelle immagini, grazie ad una rete neurale di tipo ricorrente. Già questa fondamentale innovazione ha aumentato in maniera esponenziale le potenzialità della computer vision. Ed è stata montata sui droni e i sistemi di avvistamento della NASA, perché rappresenta la tecnologia di punta del riconoscimento delle immagini.
Si tratta di un processo ambiguo, che consente più opzioni, che possono essere scelte autonomamente dalla IA. E che può essere moltiplicato all’infinito. Inoltre, non è limitato solo alla interazione tra immagini e parole.
A questo punto è solo questione di investimenti di genio, di capacità di utilizzare le risorse. E quei tre hanno genio, risorse e capacità di correre.
Musk, per l’addestramento dei nuovi robot-umanizzati che fanno girare gli algoritmi basati sulle reti neurali generative, non solo ha a disposizione il data-base più completo al mondo di immagini di comportamento umano nel mondo reale, grazie alla registrazione di “ciò che fa il conducente” da parte di 8 telecamere montate sulle auto Tesla, ma ha anche il data-base del vecchio Twitter. Inoltre ha le tecnologie per Space-X, ma ha anche fondato Neuralink, il sistema più all’avanguardia di interazione uomo-macchina, il Robot Optimus, possiede l’azienda che produce Ojo, il più potente supercomputer, e X-AI, l’azienda all’avanguardia nelle applicazioni dell’intelligenza artificiale.
Gli altri hanno i data base di Facebook, Whatsapp, Instagram. Ma anche le tecnologie alla base di Blue Origin, che compete con Space-X nel lancio di satelliti in orbita con razzi riutilizzabili.
Si tratta solo di sostituire al bot un robot androide, dotato di sensori in grado di simulare i sensi umani, come vista, udito, tatto (a San Francisco sono già attivi i taxi a guida artificiale), di aggiungere a questo involucro sensori, meccanismi di funzionamento, moduli, in maniera che simulino il più possibile le funzioni umane. Che bisogna conoscere in dettaglio.
Si potranno simulare le funzioni delle articolazioni, dei muscoli, dei tendini, ma anche degli organi metabolici e si potrà inserire in un futuro anche un sistema che emuli il ruolo del microbiota intestinale, che è fondamentale per il riconoscimento del “self”.
Il resto è sviluppo tecnologico, richiede solo risorse economiche e capacità di gestirle in maniera rapida ed efficace. Si tratta di implementare il potere delle Graphic Performing Unit (GPU),(di cui il principale produttore è Nvidia, aumentare ancor di più la capacità di memoria e la velocità di esecuzione dei programmi, e incominciare ad addestrare la macchina con immagini e dati presi direttamente dal mondo reale. Grandi dati, grandi capacità di memoria, grande velocità di esecuzione Addestramento diretto su dati del mondo reale.
Non è impossibile.
I moderni chatbot hanno dimostrato di essere capaci di soluzioni innovative (non di eseguire semplici operazioni di copia-incolla). In altre parole si sono dimostrati “creativi”, inventando soluzioni mai immaginate in precedenza, in grado di sconfiggere i campioni mondiali di scacchi e di Go. “Sono capaci solo di fare calcoli e rispondere a modelli statistici”, si obietterà. Ma sono frutto di un lavoro di apprendimento col metodo del “trial and error”. Esattamente come fa l’uomo. Tutto questo è già possibile con le tecniche di apprendimento automatico, machine learning e deep earning.
E i vari dispositivi possono essere cumulati e integrati in un unico involucro.
Il dato importante, per ora non sufficientemente sottolineato è che, per raggiungere la creatività, devono raggiungere una sorta di consapevolezza (o coscienza) della propria struttura interiore, dei propri schemi di funzionamento. Come i grandi creativi geniali, che sono tutti “malati” come Musk, diversi dalla norma, anche le macchine, quando vengono dotate di superpoteri e quando si spinge all’infinito le loro potenzialità, diventano super creative, addirittura in maniera più veloce e con maggiori potenzialità dell’uomo. Ma diventano anche incontrollabili. A loro modo, “malate”. Vanno incontro ad una sorta di “derangement”. Escono dai binari del comportamento usuale. Si “guidano da sole”. E questo può essere molto pericoloso.
E tutto questo è possibile che si verifichi già ora. Mentre in Europa facciamo gli arbitri e stiliamo regolamenti.
Nessuno sa ancora che cosa succede al fondo delle reti neurali che fanno girare gli attuali algoritmi super sofisticati dell’IA, (quelli cosiddetti “generativi” con le varianti ulteriormente implementate). Chi ha seguito le vicende e la storia fantasiosa della “visione allucinata” di Elon Musk ha imparato a conoscere che il suo “desiderio di andare su Marte” risponde alla necessità di creare un insediamento di umani in grado di ri-colonizzare il pianeta Terra nel caso che possa essere distrutto dai pericoli dell’intelligenza artificiale. Musk è uno che conosce da oltre 15 anni i rischi insiti nell’IA generativa e senza limiti.
Ma è indubbio che chi possederà le tecnologie per essere all’avanguardia nel mondo delle IA dominerà il mondo.
Che farà l’Europa? Che ne sarà della democrazia a cui eravamo abituati?
Con l’insediamento di Trump abbiamo assistito ad un evento epocale: la fine di una certa forma di democrazia. Non si può sottacere che i 3 extralarge presenti alla cerimonia sono dotati di talenti non comuni e si sono “fatti da soli” in una generazione. Al contrario degli esponenti di un partito democratico che si scopre rancoroso, invidioso di chi raggiunge il successo, che punta ad azzoppare con ogni mezzo il candidato avversario, ricorrendo alle rivelazioni di una escort che si autoaccusa di estorsione. Un sistema basato su un insieme di diritti gridati, ma mai pienamente realizzati o realizzabili in concreto.
Se i 3 in prima fila all’insediamento di Trump fino a 2 anni fa erano i principali finanziatori del partito democratico americano, e ora hanno fatto tutti insieme una diversa scelta di campo, ci sarà da interrogarsi sugli errori dell’amministrazione Biden (e dei suoi predecessori), di ciò che ha fatto – o non ha fatto – Kamala Harris, ma anche dei risultati delle politiche sulla cittadinanza agli immigrati irregolari e sulle false interpretazioni del mito ecologico di Alxandra Ocasio-Cortez, dei sostenitori della cultura “Woke”, “Me Too”, “Black lives matter”, la “cancel culture”, la “tirannia delle minoranze”. E di tutta una serie di movimenti e sommovimenti, che hanno portato alla distruzione delle statue di Colombo e degli esploratori europei. Ma che sostanzialmente sono stati incapaci di vedere dov’era il cuore del futuro.
Negli USA c’è il detto “Where is the beef?” Dov’è la carne, il cuore dell’hamburger? La carne è nella corsa al predominio per l’intelligenza artificiale. Ora più che mai si stanno creando le premesse per un’accelerazione senza precedenti.
E l’Europa è irrimediabilmente tagliata fuori.
Abbiamo assistito alla triste fine della “democrazia triste”, quella fatta di livore, revanscismo, vendetta, appiattimento delle vette, con “potatura” obbligata degli apici, dei “fuori scala” (per omogeneizzare il genere umano nell’uniformità dell’uguaglianza.
Ci si è dimenticati di che cosa ci rende veramente umani del fatto che i singoli grandi geni, pur se “diversi dalla media” o malati, sono stati i maggiori “facitori” del progresso e dello sviluppo umano.
Siamo entrati in una nuova era, in cui prevalgono nuovi modelli e nuovi valori. Come si chiamerà? Un nome qualcuno lo troverà.
Francesco Cetta,
Ordinario di Medicina e Chirurgia,
Docente di Intelligenza artificiale umanizzata presso lo IASSP
(Istituto di Alti Studi strategici e Politici)
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