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Raramente oggi si riscontra una vera capacità di adattarsi all’imprevisto, alla sorpresa strategica nelle relazioni internazionali. Il tempo di reazione è spesso più lungo di quanto sarebbe auspicabile in un mondo ideale. Come la medicina, la diplomazia non è una scienza esatta; essa è piuttosto una scienza umana, con tutta la dimensione soggettiva che ciò comporta. Inoltre, immersa in un flusso continuo di informazioni, fatica spesso a distinguere i segnali deboli che annunciano cambiamenti significativi. La situazione in Siria ne è un esempio lampante.
Mentre il conflitto in Libano si calma a seguito del cessate il fuoco del 27 novembre 2024, nessuno sembra riflettere sulle conseguenze della guerra condotta da Israele sulla stabilità della Siria. Ma, nel giro di pochi giorni, il vento cambia per Bashar al-Assad. La caduta improvvisa del suo regime dimostra il ruolo dell’imprevisto nelle relazioni internazionali, ma anche l’impreparazione di fronte alla rapida ascesa al potere di « terroristi » a Damasco.
L’imprevisto: la caduta del regime di Bashar al-Assad
La sentenza è pronunciata. L’8 dicembre 2024, i ribelli del gruppo Hayat Tahrir al-Cham annunciano il loro ingresso nella capitale siriana, Damasco; la fuga dell’ex presidente Bashar al-Assad (dopo 24 anni di potere) e la fine di cinque decenni di regime del partito Baʿth. E tutto ciò in meno di undici giorni dall’inizio della loro offensiva lampo, che ha visto cadere le principali città (Hama, Aleppo, Homs…) senza alcuna resistenza da parte delle forze lealiste.
Nonostante i ridispiegamenti annunciati, l’esercito regolare si è rivelato incapace di fermare l’ondata della coalizione ribelle. Una sorta di blitzkrieg in cui la Turchia ha svolto un ruolo cruciale, approfittando abilmente del contesto regionale in evoluzione. Il presidente Erdogan sembra aver preparato meticolosamente la sua mossa, superando i concorrenti in astuzia.
Erdogan dispone chiaramente di una strategia a lungo termine ben definita e di una tattica flessibile nel breve termine, adattabile alle circostanze, con il supporto sinergico della sua diplomazia e dei servizi d’intelligence. L’imprevisto, per lui, non esiste. Tuttavia, nemmeno i migliori esperti della regione avevano previsto l’emergere di una coalizione insurrezionale guidata dal gruppo islamista Hayat Tahrir al-Cham (HTC), già affiliato ad Al-Qaeda, e la sua notevole efficacia militare. Questo gruppo, considerato terrorista, è diretto da Abou Mohammed al-Joulani, un uomo alla ricerca di una rispettabilità perduta.
Iraniani e russi, indeboliti da circostanze ben note, sono stati colti di sorpresa dalla manovra turca. Da Parigi, impegnato a risolvere il dossier ucraino, Donald Trump invita a non interferire in questa vicenda carica di tensioni.
La rapida ascesa al potere di « terroristi »
Il Medio Oriente rimane complesso. Gli analisti, il cui compito principale sarebbe prevedere, non hanno saputo o voluto trarre lezioni dai recenti sviluppi dei conflitti a Gaza e in Libano. Forse possono ancora rimediare ai loro errori analitici, se agiscono rapidamente e senza pregiudizi, considerando i vari scenari possibili per la Siria e la regione.
Mentre i ribelli avanzano verso Damasco a velocità impressionante e le ultime notizie dal fronte sono inquietanti, cosa fanno i leader mondiali il sabato 7 dicembre 2024? Si meravigliano a Notre-Dame e si godono sontuosi banchetti all’Eliseo, incantati dall’accoglienza francese.
In un mondo ideale, cosa sarebbe dovuto accadere?
A livello francese, si sarebbe dovuta convocare una riunione urgente con il presidente, i ministri competenti (Esteri, Difesa, Interni) e i responsabili dell’intelligence (DGSE, DGSI, DRM), incluso il SGDSN, per analizzare la situazione e anticipare i possibili scenari futuri senza preconcetti. Invece, Parigi si limita a « salutare la caduta di Bashar al-Assad e a invocare una transizione pacifica ».
A livello europeo, almeno una riunione tra i responsabili degli Stati membri, della Commissione e del Consiglio era necessaria. Allo stesso modo, la NATO avrebbe dovuto ascoltare il punto di vista turco. La Francia, membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, avrebbe potuto suggerire una convocazione per discutere la minaccia alla pace internazionale.
Invece, tutto tace. Ma molte questioni restano aperte: riconoscere o meno un’autorità « terrorista » salita al potere con le armi; proteggere le minoranze locali, come i cristiani, da possibili persecuzioni; garantire la sicurezza dei cittadini francesi; prepararsi all’accoglienza di rifugiati in Europa; gestire il mandato di arresto internazionale contro Bashar al-Assad.
Le possibilità future
« Governare significa prevedere ». Gli eventi possono prendere una piega inaspettata nel momento meno opportuno. Sebbene non sia stato compreso in tempo durante i conflitti a Gaza e in Libano, non è mai troppo tardi per agire. Questo richiede di abbandonare la pigrizia intellettuale e di pensare controcorrente, preparandosi a tutte le ipotesi, anche le più improbabili.
Un invito ad allontanarsi dalla geopolitica delle emozioni e a comportarsi da strateghi, non da semplici tattici. Si vuole? Si può?
È sempre più facile prevedere il peggio, ma non mancano ragioni per sperare. Questa potrebbe essere un’opportunità per tracciare un cammino di speranza per il Medio Oriente, salutando il passato e dicendo: addio, signor presidente Assad!
Traduzione dell’articolo del Centre Français de Recherche sur le Renseignement diretto da Eric Denécè, Politologo e relatore dei progetti di formazione dello Iassp
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