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Oct
L’Italia mantiene un grande potenziale poggiante su una base geo-grafica ma anche su risorse politiche e imprenditoriali. Da qualche anno, nel dibattito politico italiano è finalmente riemersa la nozione di interesse nazionale. Si tratta di uno sviluppo positivo dopo una lunga eclissi di tale valore. Ma al di là della mera enunciazione verbale, l’interesse nazionale va accuratamente identificato, resistendo a pulsioni momentanee e a obiettivi velleitari purtroppo presenti nella nostra storia unitaria, e costruito con policies e iniziative concrete nel medio termine.
Le sfide del futuro vanno liberate dall’ansiogena nozione della “minaccia” ed esigono una capacità di pianificazione strategica capace di saldare obiettivi realistici e risorse adeguate. I famosi “compiti a casa” non debbono essere dettati da Bruxelles o da altri centri esterni ma assorbiti in una cultura politica e in una prassi di governo “interne” che pongano l’interesse della comunità nazionale al centro delle alleanze e delle relazioni internazionali.
Dopo la crisi jugoslava si è registrata in Italia la riscoperta della geopolitica mentre, più recentemente, abbiamo assistito alla proliferazione di istituti, corsi e master di intelligence, geopolitica e relazioni internazionali: si tratta di un fenomeno positivo per la diffusione della consapevolezza del contesto in cui l’Italia galleggia. Ma anche di un processo velleitario e improvvisato perché promosso da schiere di esperti privi di qualsiasi esperienza sul terreno, cioè del negoziato, del dialogo, della conoscenza degli attori e delle controparti, delle loro culture nazionali e dei rispettivi metodi di analisi e processi di policy making. Una bolla virtuale alimentata da partiti liquidi e da sedi istituzionali fragili, frammentate e discontinue.
Due suggerimenti pratici e operativi, ovviamente meritevoli di ade-guato approfondimento. Mentre l’esecutivo deve dotarsi di un Consiglio per la sicurezza nazionale, finora osteggiato dalla ragnatela di mediocri posizioni di intermediazione quotidiana, il parlamento e le forze politiche potrebbero trovare una sede di analisi conoscitiva e di sintesi operativa sul modello della Stiftung fur Wissenschaft und Politik di Berlino, sede per un confronto attivo e permanente fra gli esperti dei partiti presenti nel Bundestag. Evidentemente non si tratta di soluzioni magiche, alla luce delle incertezze e contraddizioni presenti anche a Washington come a Berlino, ma nel caso dell’Italia e della sua storia di particolarismi, descritti da Guicciardini cinque secoli fa, costituirebbero un vistoso progresso.
In entrambi i casi, si tratta di strumenti di elaborazione di una piattaforma strategica condivisa per l’affermazione dell’interesse nazionale.
Quest’ultimo va infatti innanzitutto accuratamente identificato per evitare le improvvisazioni e le approssimazioni che nella storia unitaria del Paese hanno portato a scelte velleitarie o viceversa rinunciatarie.
In secondo luogo va assicurato il controllo coordinato e coerente, da parte dell’Esecutivo e del Parlamento, di tutte le “policies” – industriali, tecnologiche, energetiche, finanziarie – intese a mobilitare nel medio ter-mine le risorse, materiali ed umane, necessaria al perseguimento dell’interesse nazionale
Infine va analizzato e valutato il ruolo delle alleanze internazionali in funzione dell’interesse nazionale.
A tale proposito, a fronte del tradizionale ancoraggio atlantico fon-dato sul ruolo centrale degli Stati Uniti, viene più recentemente evocata, soprattutto ad opera di Parigi, la nozione di “autonomia strategica” dell’Europa con il relativo corredo di fondi, programmi e dottrine co-muni, giungendo a prefigurare addirittura una “transizione verso un’economia di guerra”. Le singolari interpretazioni “neo-isolazioniste” del ruolo della NATO ad opera di Donald Trump contribuiscono al concitato tentativo europeo di recuperare l’enorme ritardo accumulato dall’Unione sul terreno della Politica Estera, di Sicurezza e soprattutto di Difesa Comune, anche in vista delle profonde cicatrici che il conflitto ucraino è destinato a lasciare nel rapporto con la Russia. Ma quel ritardo non è casuale: esso ha radici storiche e sistemiche nelle differenze di status (nucleare, posizione in seno al CdS dell’ONU), nell’ ulteriore eterogeneità dovuta all’allargamento che ha spostato il baricentro ad Est, nelle politiche nazionali divergenti soprattutto nel Medio Oriente ed in Africa, nella competizione industriale interna al Continente, negli interessi corporativi degli apparati.
Pertanto le dimensioni “sistemiche” appena ricordate per il perseguimento dell’interesse nazionale costituiscono le tappe ineludibili per il passaggio dall’astrazione verbale della convulsa attualità alle complesse, incerte e spesso ambigue realtà delle relazioni internazionali.
Sergio Vento, Già Ambasciatore Nazioni Unite New York, Washington, Belgrado, Parigi e già Consigliere Diplomatico della Presidenza del Consiglio, Docente IASSP
Nella foto l’Ambasciatore Sergio Vento con il Presidente del Consiglio Romano Prodi dal Primo Ministro Francese Lionel Jospin, ottobre 1997.
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03Oct
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