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Parte integrante dell’Impero russo e poi dell’URSS fino al 1991, il Tagikistan continua a rimanere nella sfera di influenza della Russia, definita “vicino estero”. Si tratta di uno spazio riservato all’interno del quale Mosca esercita ogni leva d’influenza (potere “hard e soft”, politico, militare, economico, culturale…) per controllare le autorità politiche locali e costringerle a difendere gli interessi russi.
Tuttavia, dal 2014 e dalla sua intervento in Ucraina, l’egemonia russa, sebbene ancora ben presente, è sempre più contestata dall’arrivo di due nuovi attori regionali: la Cina e l’India.
Entrambi membri come la Russia dei BRICS e dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (OCS), le due potenze regionali asiatiche utilizzano ciascuna il Tagikistan come un nuovo pedone della loro “profondità strategica” nei confronti dell’altra.
Dal punto di vista della sicurezza, di fronte a una Russia costretta a ridurre le sue truppe (la 201ª Divisione di fucilieri motorizzati/DFM situata al confine tadjiko-afghano e a Dushambe) per inviarle in Ucraina, la Cina ha installato tra il 2019 e il 2021 due “strutture militari” nel Distretto autonomo dell’Alto Badakhshan (DAHB) tadjiko per controllare le partenze e i ritorni dei jihadisti uiguri del Partito islamico del Turkestan (PIT) dall’Afghanistan e ha inviato, nel maggio 2022, istruttori militari per aiutare Dushambe a reprimere una rivolta autonomista pamiriana, intervenendo de facto e in modo inedito negli affari interni del paese. Parallelamente, l’India, le cui truppe sono già stazionate dal 2001 nella base di Aini, ha aperto nel 2011 una seconda base a Farkhor, non lontano dal confine afghano, per controllare meglio le turbolenze islamiste nella zona AfPak (Afghanistan-Pakistan) e per contrastare i progressi cinesi in Kashmir.
Infine, le rivalità militari e geostrategiche delle potenze regionali in Tagikistan delineano la chiave per il futuro dell’Afghanistan. In preda a turbamenti interni cronici da oltre cinquant’anni, l’Afghanistan potrebbe, in caso di sostituzione a breve o lungo termine dell’influenza russa con quella cinese in Asia centrale, diventare gradualmente “protetto” da Pechino, che dal 2018 ha una base militare nel Wakhan, controlla e sfrutta già in gran parte i giacimenti minerari del paese e si assicura, senza sparare un solo colpo, la neutralità degli attori afghani in cambio della sua non interferenza negli affari afghani. Pechino aveva già, tre secoli prima, agito in modo simile nei confronti dei khoja (governatori politico-religiosi musulmani) del Turkestan orientale. La “protezione” cinese potrebbe anche estendersi al vicino Tadjikistan – in particolare al DAHB, molto ricco di pietre preziose – a favore dell’attenuazione dell’influenza russa nel paese che si osserva dal 2014.
La Russia, potenza protettrice tradizionale del Tagikistan dal 1895
Dall’Accordo del 1895 che divideva le zone di influenza degli Imperi russo e britannico, il Tagikistan è parte, come un avamposto verso sud, dell’Impero russo e poi dell’URSS.
Il giovane potere sovietico creò nel 1924, nell’ambito della natsional’noe razmejevanie (delimitazione nazionale) in Asia centrale, la Repubblica socialista autonoma del Tagikistan, all’interno della Repubblica Socialista Sovietica dell’Uzbekistan, diventata cinque anni dopo repubblica federata.
Dal 1929, la Repubblica socialista sovietica del Tagikistan comprende al suo interno un distretto autonomo, il DAHB, paradossalmente istituito dal regime sovietico ateo su un criterio religioso, l’ismaelismo.
Il potere sovietico giustificava la creazione del DAHB dalla presenza di una minoranza ismaeliana in Cina e in Afghanistan. Come per i Turkmeni e gli Uzbeki, delle cui minoranze si trovavano in Iran e in Afghanistan, Mosca tendeva a favorire i popoli con minoranze al di fuori dell’URSS, per poter successivamente utilizzare il supporto di queste, emarginate nel loro stato tutelare, per giustificare la sua politica di espansione coloniale e di “azione civilizzatrice verso il comunismo dei pamiri dell’Alto Badakhshan in direzione dei loro connazionali rimasti afghani o cinesi dall’altra parte del confine”. Anche per questi motivi, Mosca ha ulteriormente incrementato la russificazione delle popolazioni badakhciane rispetto a quelle delle altre parti del Tagikistan.
Da allora, appoggiandosi ormai su una base territoriale, l’autonomismo ismaeliano nei confronti di Dushambe non si è mai estinto. È in tal senso insidiosamente incoraggiato dall’Aga Khan, capo della comunità ismaeliana mondiale, dalla sua aura internazionale, dalla sua Fondazione e dal suo rete di licei e università di qualità. Il DAHB ha così sempre mostrato una certa reticenza nei confronti del potere centrale tadjiko e ha continuato un’evoluzione politica, culturale e religiosa specifica.
Durante la guerra civile (1992-1997) che seguì l’indipendenza del Tagikistan, le autorità russe, giocando delle rivalità claniche e delle reti di clientele del paese, si sono allora appoggiate ai clan di Khodjent, poi a partire dal 1992, a quelli di Kouliab, per garantire i loro interessi in questo paese. Presidente del Tagikistan dal settembre 1992 e appartenente al clan di Kouliab, Emomali Rakhmon non ha mai dimenticato la sua dipendenza dalla Russia per il suo aiuto determinante durante la guerra civile e, per questo motivo, sa che l’assise del suo potere non può essere, anche trent’anni dopo, assicurata se non al prezzo di un allineamento totale sulle posizioni di Mosca.
A seguito della vittoria definitiva nel 1997 del clan di Kouliab – sovrarmato e superprotetto dalla Russia -, Mosca è diventata per quindici anni il protettore indiscusso di un Tagikistan di nuovo pacificato. Da allora, la 201ª DFM russa controlla il confine tadjiko-afghano sul Piandj, mentre il suo stato maggiore è installato nella base di Aini, vicino a Dushambe, rendendo il Tagikistan un ponte di Russia di fronte a un Afghanistan instabile con il quale condivide un confine di 1.206 km.
Il Tagikistan ha fino al 2001 fornito supporto logistico alle forze dell’Alleanza del Nord del generale Ahmad Shah Massoud, ampiamente tadjikofone, contro i Talebani, poi ha sostenuto l’intervento occidentale in Afghanistan fino al ritorno al potere dei Talebani nell’estate del 2021. Da allora, Dushambe fornisce un supporto militare e logistico discreto al figlio del generale Massoud, rifugiato nella valle del Panjshir, che ancora detiene in gran parte.
Fino all’inizio del conflitto ucraino nel 2014, Mosca era il protettore indiscusso del Tagikistan per il suo patrimonio storico e la sua presenza militare. Tuttavia, dal 2014, la complessità della situazione geopolitica internazionale portata dalla guerra in Ucraina e dall’invasione diretta di questo paese da parte della Russia nel febbraio 2022 hanno costretto Mosca a ridistribuire le sue forze militari.
Così, in Tagikistan, la 201ª DFM è stata ridotta di oltre un terzo del suo personale, il che ha vulnerabilizzato il Tagikistan di fronte alla minaccia jihadista e lo ha portato a cercare nuovi protettori, in prima linea i quali vi sono la Cina e l’India.
Il rafforzamento del jihadismo centroasiatico dal ritiro americano dall’Afghanistan e la guerra in Ucraina
Dal 2022, e sempre in accordo con la Russia nell’ambito dell’OCS, Cina e India hanno inviato truppe in Tagikistan per rispondere alle necessità delle autorità tadjike di protezione di fronte alla minaccia jihadista proveniente essenzialmente dall’Afghanistan. Questa minaccia, accresciuta dalla presa di Kabul da parte dei Talebani e dalla partenza delle ultime truppe internazionali dall’Afghanistan nell’agosto 2021.
Articolo tradotto dal Cf2r – French Center Recherche Sur Le Renseignement, diretto da Eric Denécé, relatore dei progetti di formazione IASSP
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03Oct
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