12
Sep
La classicità deve avere un destino, è una eredità troppo grande perché si possa ipotizzare che vada perduta. Individuare questo destino e affidare un compito moderno alla classicità è un’impresa che non può appartenere a una società astratta, che non esiste. Riguarda Noi. Il nostro agire individuale, qui e ora, e il nostro pensiero di comunità.
La quantità dei contenuti ha reso impossibile una conoscenza completa dello scibile da parte del singolo. La prospettiva di un nuovo Rinascimento è da considerarsi perduta, un sogno della ragione; non per cinismo, semplicemente perché non si può ignorare la mole di contenuti verticali validi prodotti da molteplici ambiti disciplinari. Una società, o una comunità, capace di relazionarsi con il complesso è tutt’altra cosa. È un orizzonte possibile. Questo è quello che intendiamo quando vogliamo invitare a un ripensamento della classicità come progetto. Quello che è stato il filo conduttore della nostra esplorazione in queste pagine è affidato al lettore: c’è una classicità che impone una riscoperta, nei confronti della quale rapportarsi significativamente, poiché un ignoramus non è più possibile e un ignorabimus sarebbe ridicolo. Il pensiero si deve trasformare in azione affinché ci sia o resista qualcosa di degno per il pensiero.
È un circolo a cui difficilmente possiamo sottrarci, se non – banalmente – attraverso i dispositivi della distrazione e la beata indifferenza degli attendisti. Oggi, lo vediamo, è facilissimo procurarsi un divertissement, un qualche soma che dia accesso ad olimpi privati; ma crediamo che meriti guardare a quel mondo da costruire che vanta ben altre soddisfazioni per l’individuo almeno minimamente carezzato dalle parole della presenza, per nulla intimorito dell’idea che quello che c’è non sia tutto.
La classicità oggi è sotto attacco; un attacco sotterraneo e passivo, ma costante, lucido e preciso, che porta a svuotare dall’interno la rilevanza degli auctores. Basta assistere a una qualunque lezione di letteratura per rendersene conto. Come l’arte, la classicità può tollerare tutto, fuorché l’indifferenza. L’epochè dello spirito umanistico coincide con la più pericolosa offensiva contro la civiltà occidentale che sia mai stata avanzata. Un insulto che parte dall’Occidente stesso, non dai disegni di un tiranno lontano in oriente o del sud geografico del mondo. È una patologia autoimmune.
Abbiamo sottolineato la necessità di una postura creativa nei confronti dell’essere, ma non sapremmo indicare le modalità concrete del costruire stesso. Sarebbe fuori luogo proporre un decalogo di provvedimenti e azioni per cambiare il mondo, un ricettario artusiano di soluzioni. La verità è infinita e non si può giungere all’infinito, scriveva San Tommaso d’Aquino, attraverso la via affermativa. Nondimeno, ci siamo sentiti in dovere di enucleare una traccia, partendo dalla ricognizione terminologica di ciò che è classico, per affrontare di seguito le affinità e la storicità della classicità perenne: ciò che amiamo chiamare il nostro progetto.
Iassp
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03Oct
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