06
Aug

Ho fatto il giro del mondo la notizia che a Roma si è tenuto un vertice su Gaza tra i direttori della Cia William Burns, del Mossad David Barnea e dell’intelligence egiziana Abbas Kamal, insieme al premier del Qatar, lo sceicco Mohammed Al-Thani, che riferirà gli esiti ad Hamas. C’è chi legittimamente ha osservato che i Servizi stiano sostituendo le tradizionali attività diplomatiche.
Queste considerazioni richiedono alcuni approfondimenti e contestualizzazioni, ricordando anche con quale segretezza avvenivano i contatti tra Servizi e terrorismo durante la guerra fredda, determinando quella che Gianluca Falanga definisce “La diplomazia oscura”. C’è una data precisa: il 7 gennaio 2015, quando si verificò l’attentato a Parigi alla redazione del giornale satirico “Charlie Hebdo”. Da allora, non trascorre giorno senza che non si ascolti o non si legga la parola intelligence, quasi fosse un’“arma segreta” delle democrazie per difendere la vita dei cittadini. Da quel momento, nelle opinioni pubbliche mondiali si è verificato un salto culturale. Infatti, l’intelligence da luogo dell’indicibile viene considerata come una risorsa fondamentale per affrontare le crisi; da strumento esoterico per pochi a metodo per tutti; da strumento per prevedere il futuro a metodo per interpretare il presente.
Evoluzione confermata dalle vicende della guerra in Ucraina, poiché le notizie sul conflitto citano quotidianamente l’intelligence. Perché sta avvenendo questo? Secondo me, in una fase di forte delegittimazione degli Stati democratici, i politici schierano l’intelligence anche dal punto di vista della comunicazione istituzionale, perché oggi i cittadini la ritengono più credibile dei governi dai quali pure i Servizi dipendono.
Ma i cittadini, le cui capacità alfabetiche sono in genere assai limitate, in genere non possiedono gli strumenti critici per compiere queste evidenti associazioni. Infatti, quando ascoltiamo affermazioni del tipo “fonti di intelligence dichiarano…”, è ovvio che i Servizi comunicano per conto dei governi. E quando c’è un fallimento dell’intelligence, è quasi sempre un fallimento della politica. Quello che è accaduto il 7 di ottobre 2023 nella Striscia di Gaza verrà studiato per anni. (A proposito è appena uscito il libro di Roberto lannuzzi “Il 7 ottobre tra verità e propaganda”).
Già venti anni prima, nell’evento epocale dell’11 settembre, erano state utilizzate fonti dei Servizi che resero possibile l’invasione dell’Iraq nel 2003. Come dimostro dopo sette anni di lavori la Commissione d’inchiesta britannica presieduta da sir John Chilcotle notizie fornite dal Secret Service erano false. Ma questo lo si sapeva da subito, come ha dimostrato nel luglio 2003 lo strano suicidio del chimico David.
Kelly, che era stato la “gola profonda” della trasmissione della BBC che aveva subito rivelato l’inattendibilità delle notizie relative all’esistenza delle armi di distruzione di massa in possesso di Saddam Hussein. Quello che oggi sta succedendo, andrebbe inquadrato nell’ambito dell’evoluzione delle agenzie d’intelligence a livello globale, poiché rappresentano sempre di più degli attori geopolitici che si affiancano a Stati democratici e autoritari e a multinazionali della finanza e del crimine.
Nella società digitale ci sono due caratteristiche che investono direttamente i Servizi. La prima è costituita dalla fluidità che rende indistinguibile il vero dal falso, il legale dall’illegale, l’intelligenza umana da quella artificiale. La seconda è rappresentata dal fatto che la gran parte delle informazioni pubbliche nelle democrazie non solo non sono segrete, ma non si possono neanche mantenere tali.
Da un lato bisogna constatare i tempi sempre pil ridotti del segreto di Stato in base al quale vengono resi pubblici gli atti dei Servizi, sui quali insistono controlli parlamentari pili penetranti. Dall’altro lato occorre riflettere che anche atti molto riservati possono essere svelati, come dimostrano le vicende di Edward Snowden e di Julian Assange. A questo proposito va ricordato che dai dispacci di Wikileaks dal 2004 al 2007 emerge come intelligence da Kabul abbia sistematicamente tramesso a Washington decine di dispacci in cui si evidenziava che l’invasione dell’Afghanistan rappresentava un fallimento. Anche per quanto riguarda la pandemia, l’altro evento eccezionale che, insieme all’11 settembre, ha finora caratterizzato il XXI secolo, i Servizi avevano ne previsto la diffusione.
Nel 2008, il National Intelligence Council statunitense, nello studio “Global Trends 2025: A Transformed World”, evidenziava che il rischio di una pandemia era considerato più che probabile. Profezie che si auto-avverano? Come | ‘invasione dell’’Ucraina da parte della Russia anticipato a Zelensky dalla CIA a gennaio del 2022? In ogni caso, le agenzie di intelligence oggi rappresentano un protagonista globale, di gran lunga superiore rispetto alla guerra fredda, che pure era combattuta da spie e senza esclusione di colpi. Potremmo quindi sostenere che nelle dinamiche della globalizzazione intelligence diventerà sempre più necessaria e rappresenterà sempre più il terreno dove si vince o si perde la battaglia del futuro.
Appunto per questo, gli Stati, soprattutto quelli democratici, dovrebbero considerare i Servizi come una parte fondamentale ed ineludibile delle loro politiche. Infatti, oggi non esiste nessuna dimensione pubblica o privata che non riguardi la sicurezza nazionale.
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