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“Tebe non è la Persia” è il titolo assegnato alla propria relazione dai dottori Caterina D’Alessandro, Lawyer admitted to the Italian Bar e Cesare Scalia, Ph.D. in Astrophysics, incentrata sulla analisi statistica e geoeconomica del futuro dell’economia globale, da qui ai prossimi cinque anni.
La relazione è stata selezionata come di particolare interesse dall’Ufficio Studi di PwC e si è basata su una lettura innovativa dei dati della PwC Global – 26th Annual Global CEO Survey del 2022, presentata nel 2023 al World Economic Forum di Davos.
Entrambi i candidati -borsisti per merito accademico del Master in Intelligence Economica, Leadership Futura dell’Istituto di Alti Studi Strategici e Politici (IASSP) – hanno superato brillantemente la prova, offrendo singolarmente un’analisi interpretativa inedita. Successivamente, hanno unito le forze per redigere congiuntamente l’analisi, fornendo un punto di vista articolato su un frammento della realtà attuale.
Stay tuned per scoprirne i dettagli.
Tebe non è la Persia. Uno sguardo sul futuro dell’economia – PwC 26th Annual CEO Survey
Premessa Prima Parte
Alessandro Magno, come tutti i pianificatori strategici, aveva un grande obiettivo: esportare la cultura greca in tutto il mondo conosciuto.
A tal fine praticò la guerra lampo per la conquista di Tebe nel 335 a.C. così come dei regni Balcanici.
Distinguendosi da altri illustri strateghi del passato ma anche del futuro, riuscì ad intuire che la strategia utilizzata per la conquista della città di Tebe non sarebbe mai stata vincente contro l’impero persiano.
La chiave di volta per la vittoria non risiedeva nell’eliminazione definitiva delle forze armate persiane, bensì nell’adozione di una strategia diversa, multidimensionale, mirata a conquistare le regioni limitrofe (Fenicia ed Egitto) che collegavano il centro dell’impero persiano con il Mediterraneo.
L’insegnamento di Alessandro Magno, tramandato nel corso della storia, consiste nell’aver compreso l’importanza di una strategia di medio-lungo termine e di un metodo nella selezione degli obiettivi, sostituendo all’azione immediata ed impulsiva un lavoro di attenta analisi e riflessione.
«Tebe non è la Persia»: non esiste una strategia unica e vincente per qualsiasi battaglia ma, con il giusto metodo e uno studio accurato della specifica situazione concreta, ogni minaccia può essere fronteggiata.
Questa eredità culturale lasciata da Alessandro Il Grande verrà sfruttata come chiave di lettura per l’interpretazione del Report 26th Annual CEO Survey.
METODO D’INDAGINE
L’annuale indagine promossa da PricewaterhouseCoopers (PwC), una delle più grandi e rinomate società di servizi professionali al mondo, offre una prospettiva dettagliata sulla percezione dei CEO dell’attuale scenario politico economico in cui operano le rispettive aziende, le cui scelte e strategie guidano di fatto l’andamento del prossimo futuro.
Il campione di indagine comprende 112 CEO italiani e 4410 CEO stranieri, provenienti dalle tre grandi macroaree dell’Europa occidentale, del Nord America e dell’Asia Pacifico.
Le aziende coinvolte operano principalmente nei settori bancario, assicurativo, dei capitali, retail, consumer, manifatturiero e tecnologico, che costituiscono il 50% del campione. Anche le aree della salute e dell’energia sono opportunamente rappresentate, sebbene il campione italiano non includa i CEO dei grandi gruppi industriali con oltre 25 miliardi di fatturato, come Eni, Enel ed Assicurazioni Generali.
La Survey offre un’analisi approfondita delle sfide globali affrontate dalle aziende, delle strategie adottate dai CEO e delle loro visioni sulle tendenze di mercato e le opportunità di crescita.
L’indagine, quindi, rappresenta una finestra privilegiata da cui osservare i cambiamenti futuri del mondo, cogliendo le percezioni e le intenzioni dei CEO globali e traendo considerazioni inedite sull’avvenire.
PERCEZIONE SUL FUTURO DELL’ECONOMIA
Le prime risposte dell’indagine consentono di affermare che la fiducia dei CEO nelle sorti delle proprie aziende e nella crescita economica futura è drasticamente crollata a seguito di tre shock politico-economici avvenuti negli ultimi anni, nell’ordine: la pandemia, la crisi dei materiali e la guerra in Ucraina.
Dal 2014 al 2022, pur con delle proporzioni variabili, è possibile notare un trend positivo circa la percezione dei CEO sull’andamento dell’economia globale nei 12 mesi successivi; per la prima volta, nel 2022, è possibile notare una totale inversione di tendenza.
Infatti la maggioranza degli amministratori delegati italiani e globali manifesta un alto grado di negatività circa il futuro dell’economia mondiale e le sorti della propria azienda, prefigurando una diminuzione del prodotto interno lordo globale nei prossimi 12 mesi. La percezione attuale è in aperto contrasto con le aspettative dello scorso anno, durante il quale si attendeva un rimbalzo dell’economia dopo gli effetti del cigno nero della pandemia COVID. Le aziende si sono trovate di fatto esposte ad ulteriori rischi economici che, con le loro incertezze, hanno invertito le stime di crescita.
Più nel dettaglio, dalla Survey, è possibile cogliere come i CEO di economie emergenti quali India, Brasile e Cina si manifestino fortemente ottimisti riguardo alle prospettive di crescita economica della propria nazione rispetto alla crescita dell’economia globale. Invece, i leader di economie del vecchio continente, come Francia, Germania e UK si mostrano più pessimisti circa l’andamento della propria economia nazionale. La terra di mezzo è rappresentata dai CEO di economie avanzate quali gli USA, il Giappone, il Canada e l’Italia che rivelano una minore sfiducia circa la decrescita del PIL del proprio paese.
Invero, in questo contesto, i leader italiani presentano un minor pessimismo rispetto al resto del mondo (con una differenza di circa il 10%) prevedendo che tanto l’economia nazionale (62%) quanto l’economia globale (63%) subiranno una flessione. Questo atteggiamento può essere considerato come una possibile conseguenza dei finanziamenti derivati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), i quali possono ingenerare effetti positivi in campo economico e determinare la crescita del prodotto interno lordo tramite l’attivazione del meccanismo del moltiplicatore keynesiano.
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