02
Aug

Se volessimo dare una lettura accurata di ciò che sta accadendo nel Paese in questi anni, dovremmo considerare soprattutto tre campi: il campo istituzionale, il campo politico e il campo mediatico. Il dibattito pubblico, che si genera attorno alle decisioni di policy, dipende in larga parte da questi tre campi e dalle loro interazioni.
Partiamo dai cambiamenti in opera nel campo istituzionale. Incontriamo sempre più un sistema di multilevel governance: abbiamo cioè un processo decisionale a più livelli, che coinvolge anche il livello sovranazionale, come nel caso dell’Unione Europea. Bruxelles decide ormai su un numero sempre maggiore di questioni, lasciando meno spazio agli Stati membri. Qualche decennio fa le direttive in Italia venivano recepite in modo molto arbitrario, spesso sussumendo solo una piccola parte dell’indicazione europea nella normativa nazionale, in attesa di un successivo adeguamento, che sarebbe anche potuto non avvenire. Ora non è più possibile, anzi gli organi sovranazionali costringono i Paesi membri a recepire le direttive con spazi di discrezionalità molto ridotti.
Non si dimentichino, guardando al piccolo, le Regioni e i cosiddetti enti locali. Anche le Regioni hanno molto potere confrontato agli anni precedenti e la loro diversa reazione alla pandemia da Covid-19 dovrebbe essere una cartina di tornasole. Ci siamo arrivati attraverso in parte riforme normative, in parte per un vuoto politico, poiché i partiti cambiano e si modificano, nascono e muoiono molto più velocemente e hanno, al contrario di quanto avveniva con la Prima Repubblica, un tasso di ricambio della leadership accelerato. Non è vero che non cambiamo mai classe politica: il Parlamento ha un ricambio che si attesta sul 60% o 70% ogni volta! Al contrario, le Regioni in venti anni hanno cambiato al massimo quattro Presidenti di Regione o cinque. In genere, ci sono Presidenti che hanno fatto più mandati e, addirittura, in Veneto, Galan e Zaia hanno governano per tre mandati ciascuno, ossia due presidenti in trent’anni. Ci sono persone che nel corso degli anni hanno consolidato una stabilità strutturale molto più forte rispetto a quella del Presidente del Consiglio, che pur governando l’intero Paese dura in carica mediamente due anni e mezzo. Un simile accentramento di potere non avviene neanche nella Germania dei Länder, dove i suddetti sono molto forti, ma devono seguire anche una normativa decisamente rigida.
Quanto alla politica, assistiamo a un aumento del potere del Governo, quindi dell’esecutivo, nei confronti del Parlamento. Questa è una caratteristica tipica di tutti i sistemi occidentali. Guardate quello che sta succedendo in Francia: Macron, per varare una delle più importanti riforme degli ultimi tempi, non avendo il voto del Parlamento, ha applicato una norma che non era quasi mai stata usata. Stiamo parlando di un sistema già fortemente accentrato. In Italia è chiaro che il cambiamento in atto sta modificando il ruolo del Parlamento. Leggendo la nostra Costituzione, si racconta ancora che è formalmente il Parlamento a fare le leggi, mentre il Governo le può emanare soltanto in due casi specifici, che sono i decreti legge le leggi delega; i primi nei casi di necessità e urgenza comprovate, le seconde quando, su richiesta del Governo, il Parlamento concede la possibilità di legiferare tenendo conto di alcuni limiti. Molto spesso, nella pratica di oggi, il potere dell’esecutivo è molto più libero di emanare normative e, al tempo stesso, è nel Governo che si accentrano le decisioni, in particolare con la figura del Presidente del Consiglio, che ha una preminenza che non trova riscontro nella Costituzione. Gli italiani hanno tra le altre cose votato una drammatica riduzione dei parlamentari, che ora non hanno tempo adeguato per stare dietro a un lavoro che aumenta. Infine, c’è il problema della leadership e del ricambio di presidenza nei Partiti.
Un altro fattore da considerare è la magistratura. Questo è stato invece tipico del nostro Paese e – alcuni dicono – anche degli Stati Uniti. La magistratura, con le indagini o con l’annuncio di indagini, può diventare uno dei soggetti che determinano o influenzano fortemente alcuni cambiamenti politico-istituzionali. In passato era molto più evidente, mentre oggi sembra che ci sia un’attenuazione di questo ruolo, di cui però dobbiamo prendere atto. Nella cosiddetta Prima Repubblica la burocrazia era assolutamente schiacciata sulla politica, che permeava le scelte burocratiche. Non siamo ancora all’inversione dei ruoli, cioè una burocrazia molto più potente rispetto alla politica, ma ci stiamo avvicinando. In Francia è stato a lungo così: i grandi burocrati hanno condizionato l’attività dei ministri, a tal punto che la politica ha cominciato a eleggere i propri dirigenti dalle grandi scuole di formazione burocratica, per poter dialogare tra pari con l’alta burocrazia.
Infine dobbiamo affrontare il sistema mediatico, esaminando la pervasività marcata dei media nella nostra vita politica. Spesso, infatti, il decisore non agisce tramite fatti concreti, ma attraverso il solo annuncio delle decisioni. Per esempio, il Governo presenta la legge di bilancio con una bella conferenza stampa, dove il Presidente del Consiglio ne parla diffusamente anche se, di fatto, la legge non esiste nel momento in cui viene annunciata. Esistono i titoli, ma è come presentare una tesi di laurea scrivendo solo il titolo generale e l’indice dei capitoli. C’è un equilibrio comunicativo da mantenere e il dibattito pubblico è molto più polarizzato; spesso il processo decisionale è frutto di un dibattito che avviene online e, quindi, verosimilmente poco ponderato. Le norme emanate danno una certa idea di quale corrente stia governando il Paese – come quella decisionista, in questo momento – a discapito della ponderatezza con cui devono essere scritte le norme, come per esempio quella sul rave party, della quale si è scoperto in tempo includere per errore anche manifestazioni come il raduno degli alpini nei divieti previsti.
Si tratta, sommando tutto, di una situazione molto più magmatica e instabile del previsto, che presuppone un equilibrio che non è stato ancora raggiunto.
Dott. Fabio Bistoncini, public affairs lobbying presso F.B. & associati.
Estratto della lectio del Master In Intelligence economica. IASSP 2023.
(A cura di Andrea Meneghel)
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