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Jul
Perché le Nazioni ostili, specialmente quelle che prediligono la guerra asimmetrica, ricorrono spesso all’attacco cyber? Perché, attraverso operazioni di bassissimo costo, si riescono a ottenere risultati in diversi campi, dalla cyber-war, alla guerra dell’informazione, fino alle più importanti conseguenze economiche.
Colpire il sistema economico di una nazione è come colpirla fisicamente; danneggiare l’economia vuol dire minacciare la società e la stabilità politica di un Paese, perché una società che subisce un attacco economico ingente si destabilizza. Quando le azioni economiche ostili sono puramente una questione “di mercato”, gli strumenti dell’intelligence economica possono bastare, ma non sono sufficienti quando tali attacchi sono portati sulla base di strategie delle potenze straniere o da parte di colossi dell’economia che hanno il sostegno dei loro Stati: occorre la visione integrata.
Per fare alcuni esempi, la Repubblica Islamica dell’Iran, dopo aver lanciato nel 2006 diversi attentati terroristici agli impianti petroliferi dell’Arabia Saudita, che fallirono perché furono previsti e contrastati, tentarono con un’azione cyber, che incontrò difese insufficienti. Naturalmente, c’era una ragione geopolitica dietro questo attacco: l’Iran si reggeva principalmente sulle risorse minerali che estraeva per la rivendita ai Paesi Occidentali; se, come accaduto con le sanzioni di quel periodo, non poteva far giungere attraverso l’esportazione o il contrabbando le risorse estratte, preferì contrastare in modo diretto la concorrenza. L’attacco per fortuna non ottenne pieno risultato e la produzione ripartì stabilmente.
L’intelligence ci aiuta a prevedere simili attacchi sapendo che, per esempio, l’Arabia Saudita è sempre stato un bersaglio appetibile per i Paesi ostili alle democrazie occidentali, dal momento che svolge un ruolo di attore equilibrante e stabilizzante del mercato petrolifero globale. Durante le due guerre del Golfo, quando gran parte dei pozzi del Kuwait, per non dire tutti, era fuori uso, L’Arabia Saudita aumentò la produzione, su richiesta degli Stati Uniti, a scapito del prezzo, in una logica di alleanza. Tutto ciò permise di avere una fluttuazione gestibile del prezzo del petrolio. Colpire un soggetto economico di questo tipo vuol dire innescare conseguenze che non sono localizzate su singole aziende, ma su intere Nazioni.
Un altro esempio: nel 2013 un’importante azienda di commercio subì un cyberattacco ad opera di professionisti posizionati tra l’Ucraina e la Russia. Anziché utilizzare un malware per mettere fuori uso i dispositivi, l’agente ostile ha preferito prelevare i dati delle carte di credito e le informazioni relative a 40 milioni di clienti. Questo portò a una immediata perdita di valore azionario quando la notizia si diffuse, per un danno quantificato sui 420 milioni di dollari; un danno che può essere letale per un’azienda. La fiducia è la prima merce nell’economia digitale, poiché permette di acquistare beni o servizi fra persone che non si conoscono, quindi sulla base della convinzione che la transazione andrà a buon fine.
Sempre in quel periodo, quando si svolgeva la guerra in Siria, la divisione di guerra elettronica dell’esercito siriano riuscì a penetrare i sistemi dell’Associated Press, una autorevole agenzia di stampa, attraverso una banale operazione di phishing, cioè con tecniche di infiltrazione che prevedono l’invio di mail ingannevoli che convincono l’utente a svolgere determinate operazioni per installare a propria insaputa un malware nel computer. A quel punto misero in circolazione un’informazione falsa che raccontava di un attacco terroristico alla Casa Bianca nel quale sarebbe stato gravemente ferito il Presidente Obama. Le conseguenze furono immediate in termini di reazione dei mercati, con perdite di milioni di dollari.
Tutti questi esempi, come abbiamo visto, interessano l’intelligence economica, cioè la capacità dei Paesi di raccogliere informazioni atte a proteggere gli assetti principali, ma non solo quella, se pensata come disciplina a sé. Credo che il rischio principale che corriamo quando pensiamo all’intelligence economica sia proprio di considerarla un ambito specialistico, cioè di affidare la sua gestione a specialisti di economia o di finanza. Servono giustamente uno studio approfondito in economia e anni di ricerca per diventare esperti, ma il professionista non deve perdere quell’apertura al resto delle realtà in cui vive la Nazione. L’eccesso di specialismo e la mancanza di analisi strategica non consentono di connettere i puntini e formare la figura complessiva, per esempio trascurando il fattore importato dalla minaccia cyber.
Come diceva un vecchio generale delle forze armate cinesi di 2500 anni fa, Sun Tzu: per vincere qualsiasi guerra bisogna conoscere se stessi, conoscere i propri nemici e conoscere il campo di battaglia, cioè il luogo nel quale avvengono gli scontri, che nel caso della guerra economica è strutturato sulla morfologia di determinate regole.
Estratto della lectio di Alberto Pagani, già Presidente gruppo Pd Commissione Difesa, Camera dei Deputati, Master In Intelligence economica. IASSP 2023.
(A cura di Andrea Meneghel)
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