10
Jul
Partiamo da una importante premessa: la business intelligence fatta bene è sempre una connessione di pubblico e privato. È difficilissimo avere una separazione fra questi due ambiti, soprattutto oggi che lo scenario è diventato cyber. Anche i governi più forti non ce la fanno da soli, se pensiamo per esempio al contrasto fra gli Stati Uniti e la Cina sulla materia tecnologica: si tratta di una corsa inevitabile tra Google e Huawei.
Le sfide di oggi sono troppo complesse per poter essere affrontate come problemi isolati. La leadership futura avrà perciò una serie di caratteristiche peculiari del mondo che sta emergendo: sarà sicuramente collaborativa e multidisciplinare. Il concetto di multidisciplinarietà della leadership è legato alla complessità sociale, che richiede un pensiero combinato molto forte. Il problema delle migrazioni climatiche, per esempio, stimato dalla Banca Mondiale in circa 200 milioni di migranti entro il 2050, è un problema di migrazione o climatico? Simili contesti multidisciplinari implicano un cambiamento nel concetto di leadership: il command and control non funziona più, non perché sia sbagliato, ma perché è troppo lento. È diventato un modello obsoleto, poiché la verticalizzazione non riesce a seguire la velocità esecutiva e programmatica dello scenario. Mi piace molto una frase di Mario Andretti, pilota di Formula uno, che diceva: «se tutto è sotto controllo, significa che stai andando troppo piano». Il punto è che occorre un controllo che non sia bloccante. C’è un libro stupendo di Stephen Covey, chiamato Speed of Trust, nel quale si sostiene che la mancanza di fiducia sia un elemento frenante. Quando le strutture sono molto impegnate a difendersi, a verificare e a controllare sono lente. Creare sapientemente fiducia, per esempio dando fiducia, è proprio di una leadership efficace, perché accelera la capacità esecutiva.
Il secondo aspetto che volevo sottolineare è la velocità dei cambiamenti. Fare una business intelligence lenta non ha senso, perché le soluzioni sono superate dal mutamento delle circostanze. La business intelligence deve essere profonda ma veloce. L’umanità non ha mai optato per la lentezza, cercando piuttosto il modo per accelerare i processi. Questo non è sempre positivo, ma è un dato di fatto che deve essere calcolato dalla strategia. Anche nelle aree più delicate, come la cyber diplomacy, la latenza, cioè il tempo concesso fra l’input e la reazione, è sempre più breve; la diplomazia tradizionale, al contrario, ha di norma avuto una funzione riflessiva, lenta, che veniva richiesta per creare valore. Ci sono molte ricerche che mettono in luce come l’efficacia della leadership sia estremamente legata alla velocità. Oggi un leader deve saper adattare una strategia e rifocalizzare gli obiettivi; non basta la semplice rapidità. La rapidità non è un vettore di movimento, ma indica solo il ritmo dei movimenti: si può essere rapidi anche senza avanzare, come sul tapis roulant. La velocità consiste nel raggiungere in poco tempo una destinazione definita.
La creatività è il terzo elemento chiave: non è ovviamente la creatività dell’artista, ma una propensione a offrire opzioni e soluzioni sempre diverse; anche nei colloqui viene valutata con attenzione. Grace Hopper, una pioniera della programmazione informatica, avverte che la frase «abbiamo sempre fatto così» è pericolosa per il genere umano, perché blocca il processo innovativo-adattivo. In diplomazia si assiste a questo fenomeno in misura assolutamente straordinaria: un tempo gli ambasciatori non lavoravano per risultati, non comunicavano sui social media; oggi è diverso e la diplomazia non può permettersi di non fare delle sentiment analysis. Siamo cresciuti con l’idea delle best practices che, ahinoi, non funzionano più, perché invecchiano troppo velocemente. Quando una practice diventa best è già old, vecchia. Ne consegue che non è più possibile tramandare niente, anche se un tempo il tramandare l’esperienza, l’expertise, era un elemento fondamentale delle professioni, sia quelle pratiche e artigiane sia quelle intellettuali. Il valore viene creato e ricreato in modalità diverse; essere aperti a questo tipo di novità e coltivare la curiosità aiuta. Concludo con una frase di Achille Castiglioni, famoso designer italiano, il quale inaugurava le proprie lezioni al Politecnico di Milano dicendo: «Se non siete curiosi, lasciate perdere».
Marco Alberti, Ambasciatore della Repubblica Italiana in Kazakistan.
Estratto della lectio del Master In Intelligence economica. IASSP 2023.
(A cura di Andrea Meneghel)
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