30
Jun
Cosa ci fa un manager del lusso a parlare di intelligence? Sono rappresentante di un brand che vende prodotti – lasciatemi dire – perfettamente inutili. L’ora, per esempio, non la guardiamo più sull’orologio, ma sullo schermo del cellulare; compriamo i gioielli per un semplice fattore emotivo, non perché sono oggetti interessanti. Eppure l’intelligence è fondamentale per sviluppare il business nel mio settore.
Il dato del cliente è diventato un elemento utile per sviluppare una strategia di vendita del prodotto basata sulla personalizzazione. Fino a qualche anno fa le strategie aziendali erano dettate dalla supply chain, ossia la produzione massiccia in uno stabilimento affinché ci fosse la massima efficienza dei macchinari utilizzati, per garantire la fornitura dei magazzini. Dal magazzino la merce veniva spostata nei negozi e poi il prodotto a disposizione era parzialmente venduto. A distanza di vent’anni le cose sono cambiate: si è transitati da un modello dove l’oggetto era centrale a uno in cui lo è il compratore (la demand chain); questo è stato il primo passo verso l’integrazione dell’intelligence.
Con l’intelligence economica non si hanno più sterminati magazzini, ma analisi fatte su misura di quello che il cliente chiede consapevolmente o inconsapevolmente. L’espressione avviene attraverso una marea di dati che devono essere studiati, attraversando gradi crescenti di complessità. Se un tempo il cliente poteva essere catalogato per tipologia e territorio, oggi ha a disposizione una variabile addizionale, la multicanalità. Non esistono più confini geografici e fisici per l’acquisto di un prodotto, poiché il cliente si sposta costantemente da una parte all’altra del mondo; acquista in parte online e in parte offline, attraverso continui e differenti punti di contatto. Deve quindi essere analizzato ancora più in dettaglio per poterne capire le abitudini e caratteristiche.
Il decision making basato sui dati sta trasformando il modo di lavorare delle nostre imprese. Porto un esempio: quando un’azienda distribuisce un prodotto in tutto il mondo, definisce una strategia di prezzo centrale, che poi estende ai vari Paesi; la strategia di prezzo è fortemente influenzata dalle fluttuazioni monetarie e delle monete locali, per cui se il dollaro (o qualunque altra valuta) sale o scende, il prezzo varia di conseguenza. Questo è un problema da valutare, perché chi fa retail non fa banking e quindi non può cambiare il prezzo nel negozio in base alla fluttuazione della moneta. Succede che un prodotto, in differenti parti del mondo, costi più o meno. Il cliente è in grado di tracciare queste variazioni, grazie a un’app che lo informa, e recarsi nel negozio dove trova maggiore convenienza. Tre anni fa la lira turca ha subito un deprezzamento notevole, per cui nell’arco di un anno abbiamo dovuto incrementare i prezzi del 30%, però è chiaro che in alcuni periodi il prodotto comprato in quel Paese poteva avere un vantaggio del 20% rispetto a quello acquistato in Europa. L’intelligence non è solo in mano all’azienda, ma anche al cliente.
Avere un database digitale permette di collezionare i dati dei clienti e fare un’attività di pull-marketing. Per esempio, sappiamo che più del 50% del nostro fatturato proviene da clienti di nazionalità cinese, che comprano il 70% fuori dalla Cina e il 30% in Cina. Prima della pandemia, i clienti si muovevano esasperatamente; poi, a causa delle chiusure, si sono trovati confinati nella propria Nazione di origine. Nel giro di una notte, il 35% del fatturato è scomparso sotto i nostri occhi. Sono numeri che spaventano, soprattutto in termini di gestione dei costi fissi a fine anno. Serviva una reazione immediata, maturata dall’intelligence. Così, il signor X, che risiedeva a Pechino ma acquistava a Parigi, è stato contattato direttamente e invitato nel negozio a pochi isolati di distanza.
La penetrazione dei mercati deve per forza passare attraverso un’attenta valutazione del dato, che serve per sviluppare una strategia di sviluppo del prodotto e del brand. Questo all’inizio veniva chiamato Customer Relationship Management (CRM) e non era altro che una semplice costellazione di informazioni sul cliente, che andava in negozio e lasciava i propri recapiti – numero di telefono, indirizzo, e-mail. La scusa con cui il personale raccoglieva questi campi poteva essere l’invito ad un evento ufficiale o l’annuncio di una nuova collezione. Il CRM raccoglieva tutto il materiale disponibile in un grande database di business intelligence che generava informazioni statistiche generiche con cui far funzionare algoritmi, che inviavano messaggi ai clienti di tutto il mondo. La comunicazione era one-to-many, ma cominciava a diventare poco convincente perché il destinatario riceveva informazioni di massa, che spesso eliminava come posta indesiderata. Ora siamo passati a una comunicazione estremamente personalizza, one-to-one. Se cliente non gradisce ricevere e-mail o vuole parlare solo con un determinato tipo di interlocutore, lo possiamo sapere in anticipo. Questa è stata l’evoluzione dell’intelligence economica nel settore lusso: dal database generico a uno che sa intercettare ad hoc il singolo interessato, nel momento e nel luogo adatti.
Lelio Gavazza Executive Vice President Sales and Retail Bulgari, Estratto della lectio al Master In Intelligence economica. IASSP 2023.
(A cura di Andrea Meneghel)
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