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Jun
Parleremo della Costituzione italiana e delle sue regole. La nostra Costituzione è stata fondata affinché le persone potessero inserirsi positivamente e con responsabilità nel mondo del lavoro. Il testo è stato scritto oltre 75 anni fa ed è entrato in vigore poco dopo, ponendo le basi al tessuto sociale della Repubblica. Credo sia risaputo che la Costituzione è la nostra prima legge: la legge a cui devono obbedire tutte le altre leggi, non una specie di suggerimento o indicazione, come talvolta sembra a qualcuno. Se una legge non è conforme a quanto si trova scritto nei 139 articoli, è compito della Corte costituzionale eliminarla dall’ordinamento, sancendone la perdita di validità a partire dal giorno immediatamente successivo alla pubblicazione in gazzetta ufficiale.
La constatazione dalla quale ha preso le mosse questo documento fondativo è la volontà di rovesciare completamente il modo di intendere la vita civile e politica anteriore alla promulgazione. Per riuscire a comprendere davvero la Costituzione, il perché è stata scritta così, è necessario porsi mentalmente nel contesto in cui è stata pensata e creata. I costituenti partecipi all’Assemblea sono stati eletti dal popolo italiano con suffragio universale – comprese per la prima volta le donne – il 2 giugno 1946. I lavori sono iniziati nel giugno del 1946 e sono terminati nel dicembre del 1947; il 1° gennaio 1948, la Costituzione è entrata in vigore. Com’era, dunque, il mondo del 1946? Basterebbe andare indietro appena tre anni, forse fino al 1940, quando l’Italia è entrata in guerra. In quel periodo hanno vissuto coloro che poi avrebbero scritto la Costituzione: erano più di 500 persone, una parte consistente delle quali aveva intorno ai cinquant’anni ed era nata nel secolo precedente, l’Ottocento; hanno partecipato alcuni più giovani sui quarant’anni e poche donne, circa 21.
Proviamo a pensare a come avevano vissuto la loro vita quelli che erano nati nel secolo precedente, che hanno attraversato ben due guerre mondiali. Prima di tutto, le donne hanno subito una discriminazione e una sperequazione incredibile. Erano considerate un sesso inferiore; non potevano accedere alle cariche di responsabilità, come i corpi di polizia, la magistratura, o sedere in parlamento. La donna era sottomessa all’uomo in famiglia e doveva seguire il marito ovunque egli decidesse di fissare la residenza. Esistevano limitazioni, per esempio di statura, per gli uomini che avessero voluto accedere al servizio militare. Durante quella cosa orribile che si chiama fascismo, sono stati deportati oppositori politici, ebrei, omosessuali, Rom, e altri. Pensate a cosa può voler dire per un bambino essere espulso dalle scuole elementari, come è accaduto a una cara amica, Liliana Segre, per la propria origine, senza capire il perché.
La risposta alla domanda “come facciamo a salvarci da tutto ciò?” è stata che, se tutti fossimo importanti, e cioè se le nostre caratteristiche personali non potessero penalizzarci, allora tutte queste cose non potrebbero succedere. La conseguenza si trova nell’articolo tre, che è un punto coagulante, uno dei primi articoli, col quale la nostra Costituzione fonda se stessa sul riconoscimento della dignità pari e universale di tutte le persone. L’articolo tre dice infatti che tutti i cittadini – intendendo con questa parola ciascuna “persona”, non cittadino nel senso di detentore della cittadinanza – hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Tradotto vuole dire che tutti noi siamo importanti e le nostre specificità non possono creare discriminazione. A tutti devono essere concesse pari opportunità. È importante ricordarlo, perché questo è il rimedio al timore per il futuro.
Gherardo Colombo già Magistrato, giurista, saggista, Estratto della lectio del Master In Intelligence economica. IASSP 2023.
(A cura di Andrea Meneghel)
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