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Mar
Oggigiorno si parla di scienza, di tecnologia, ma sono termini che devono essere inquadrati, a mio avviso, in un contesto essenzialmente economico. Il mondo non sta attraversando un buon momento. Le stime attuali dicono che nell’ultimo ciclo espansivo il PIL mondiale è cresciuto del 46%, mentre il debito globale è cresciuto del 110%. Ogni volta che si vuole alzare il PIL occorre immettere dei soldi, cioè fare debito. Questo è dovuto al fatto che sostanzialmente gli investimenti non sono legati a un’economia reale, ma finanziaria. Quando il sistema implode, i governi intervengono mettendoci una pezza sopra. Ma possiamo andare avanti a lungo così? Ovviamente, questo sistema non può reggersi; ma quale è la strada alternativa? Quella dell’innovazione tecnologica. Come detto, questa è legata all’economia e, brutalmente, alla guerra commerciale.
Stiamo assistendo a una guerra fra blocchi contrapposti – Stati Uniti, Europa e Cina. Uno dei terreni su cui imperversa la battaglia è quello per il possesso delle terre rare. Sappiamo che in ogni computer e cellulare ci sono queste “terre rare”, che si trovano distribuite in modo disomogeneo su tutta la crosta terrestre: negli ultimi decenni, la Cina ha assunto un ruolo da leader nel settore fondamentalmente perché estrae senza badare alla tutela dell’ambiente. Questo ha creato delle tensioni e delle discontinuità geopolitiche: il problema è che quando un Paese è accentratore come la Cina, si crea un mercato unipolare e ciò viene risentito anche a livello di PMI. Sappiamo, per esempio, cosa vuol dire fronteggiare il blocco di una catena commerciale. Guardiamo al settore tessile, dove a livello globale la catena di rifornimento è passata da una distribuzione più o meno equa tra Stati Uniti, Europa e Giappone, a una completamente gestita dalla Cina. Abbiamo capito questo delicato dettaglio e stiamo correndo ai ripari, tuttavia, per differenziare le fonti ci vorranno anni. La Cina in questo momento ha deciso, ormai da un decennio, di dominare tutte le tecnologie emergenti innovative. Con un progetto che si chiama made in Cina 2025, ha dichiarato di voler arrivare a dirigere come leader l’intelligenza artificiale, la green economy, il 5G, robotica e via dicendo. I paesi occidentali hanno capito che per aumentare il PIL dobbiamo passare attraverso l’innovazione, innovazione e crescita economica sono completamente legati.
Anche in Italia dobbiamo imparare a ripensare l’economia, ancora oggi essenzialmente manifatturiera. Si sente bisogno di un ecosistema innovativo. Che cosa è un ecosistema innovativo? Sostanzialmente, è un sistema in cui diversi attori, privati e pubblici, concorrono a generare crescita e progresso tecnologico. Un esempio di un campo dove si avverte molto la presenza di questo ambiente è quello delle start-up; per avere successo, una start up deve essere inserita in un contesto che la promuova. Molti di questi imprenditori escono da facoltà scientifiche e non hanno una formazione sul business, per questo occorrono università, laboratori e centri di ricerca di eccellenza capaci di formare squadre con competenze distribuite. Il terzo elemento sono i business angels, che devono finanziare l’impresa. Dopo vengono i venture capitalist, che hanno lo stesso ruolo dei precedenti ma con cifre maggiori, oltre il milione di euro. Il governo è assolutamente fondamentale, perché se il Governo non aiuta questo sistema, non può decollare da solo. Si potrebbe intervenire, per esempio, a livello di incentivi e agevolazioni fiscali.
Devo dire che in Italia è stato fatto un grossissimo lavoro negli ultimi quattro anni. Un esempio – chiaramente inimitabile, ma abbastanza interessante da cui prendere spunto – è la Silicon Valley. Come si è evoluta la Silicon Valley? Nata intorno agli anni ’70, è stata il primo ecosistema economico al mondo e forse il più evoluto. Al di là della capacità imprenditoriale della West Coast, già notevole, la Difesa, in piena Guerra Fredda, ha iniziato a insufflare denaro finanziando HP, l’industria del processore e tutto quello che riguardava la NASA. La seconda ondata è giunta con i circuiti a semiconduttori e, da lì, è scaturita la terza ondata dell’invenzione dei personal computer (Apple, Xerox); successivamente si è sviluppata in internet e, con il crollo della “bolla” cresciuta all’interno di questo settore, per il solito saliscendi del mercato, è attualmente impegnata nei social media. Negli anni, la Silicon Valley ha generato milioni di posti di lavoro da un ecosistema innovativo. Ogni nazione (o meglio ogni città, perché qui si parla non più di nazione ma di aree metropolitane come Milano o Francoforte) dovrebbe sviluppare il proprio modello.
Estratto della lectio di Paolo Berra (Amministratore delegato Sicas, Fisico nucleare), Master In Intelligence economica. IASSP 2023 – Docente dell’Istituto
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