09
Jan
Si sta verificando qualcosa di assolutamente imprevisto nel passato recente: pochissimi avrebbero potuto immaginare la ricomparsa del concetto di guerra classica in Europa; io per primo ho dovuto fare pubblicamente ammenda della mia previsione disattesa. L’invasione da parte russa dell’Ucraina sembrava qualcosa fuori da qualunque logica e realtà. Dopo la pace prolungata e pervasiva che l’Europa ha vissuto a seguito della Guerra fredda, ci eravamo quasi cullati nell’idea che i tempi del conflitto fossero passati. La realtà dei fatti, però, ci avrebbe dovuto mettere in guardia, perché le crisi in atto stanno crescendo in quantità e qualità. Al posto della Fine della storia – come affermava qualcuno – siamo giunti a un sistema in cui le crisi nascono una dopo l’altra: un mondo in ebollizione.
Che cosa è accaduto, in realtà, a Mosca? Qualcuno ha deciso che bisognava tornare a una politica di sfere d’influenza, una politica di dominio territoriale, quale noi avevamo appunto superata. Questo ha comportato l’impiego della forza militare secondo i canoni classici, quelli della seconda Guerra mondiale. Quanto potrà durare questo conflitto? Difficilissimo dirlo. Certamente non è destinato a finire domani, perché se la Russia non demorde dalla volontà di annettere dei territori che storicamente non le appartengono, è chiaro che le cose andranno avanti fino a che non ci sarà un esaurimento delle risorse. Risorse che sicuramente non sono illimitate, ma consentono di proseguire le operazioni per un certo arco temporale.
Si è sentito parlare in questi giorni dei problemi di approvvigionamento dei pezzi di ricambio e delle munizioni, sia da parte occidentale che da parte orientale. È un fatto assolutamente fisiologico ed era previsto: non abbiamo mai sviluppato in tempo di pace una capacità di immagazzinamento logistico delle risorse atta a durare indefinitamente. Le scorte disponibili erano il minimo indispensabile per affrontare un dissesto bellico, il che significa che a un certo punto le bombe finiscono. Il problema della disponibilità delle risorse è un problema che porterà, io credo, a una sorta di stabilizzazione. Mi aspetto quindi, non soltanto per motivi di carattere climatico, un periodo di consolidamento da parte di entrambi. Il che significa che comunque si continuerà a sparare, non c’è stato un cessate il fuoco, ma mancheranno i grossi spostamenti, perché nessuno è in grado di rompere il fronte avversario.
L’aspetto militare che più ha sorpreso in questa vicenda è la sorprendente incapacità russa di dominare il campo di battaglia. Stiamo parlando di un Paese che ha una dimensione demografica e militare che è multipli di quella ucraina. Non si dica che l’Ucraina ha potuto resistere soltanto per gli aiuti occidentali, in quanto questi sono arrivati ben dopo che gli ucraini avevano arrestato i russi. Il punto fondamentale è che, dal punto di vista tattico e direi quasi culturale, le forze armate russe sono rimaste ancorate al passato. In Occidente abbiamo sviluppato un concetto di delega di autorità, ai vari livelli delle Forze armate, che esalta le capacità individuali. Oggi non esiste più la leva militare, ma il militare è un volontario che ha conseguito almeno un diploma di maturità e possiede una capacità di comprendere le situazioni che nel passato non esisteva; ad ogni grado si cerca di conferire una sorta di autonomia decisionale, che registra risultati positivi, anche ai gradi minimi (il cosiddetto caporale strategico). Nel sistema russo questo non è mai stato neanche affrontato, per cui i generali sono coloro che stabiliscono i piani e, per adattarli alla situazione che muta, devono andare in prima linea. Questo spiega anche il numero esorbitante di generali russi che sono morti durante i primi mesi di guerra. Onore al merito a chi va in prima linea insieme ai propri soldati, ma questo è anche un segnale di grande debolezza, dal momento che in mancanza del generale l’atteggiamento delle truppe è assolutamente passivo. Si tratta di una situazione non risolvibile nell’arco di qualche settimana, perché è un problema di carattere culturale, destinato a durare nel tempo condizionando l’efficacia del comportamento delle truppe sul terreno.
Ci sono altri fattori che vanno considerati, come l’incapacità dell’industria russa nel produrre equipaggiamenti con un grado di affidabilità e di efficienza adeguate. Ciò è veramente strano dal punto di vista ingegneristico: i russi hanno avuto personalità straordinarie, con una capacità progettuale meravigliosa, ma gli ostacoli venivano a galla nel momento in cui il progetto diventava prototipo e veniva affidato al settore industriale per la produzione. Quello che usciva dalle linee di produzione aveva una vaga somiglianza con il progetto, conseguendo una efficacia e un’efficienza molto più ridotte rispetto a quello che ci si poteva aspettare. Riporto un esempio pratico: nel corso della guerra lampo in Georgia (2008), fonti sul campo riportano che il 50 % e in alcuni casi il 70 % delle bombe lanciate dagli aeroplani non sono esplose per difetti di manutenzione delle spolette. C’è insomma qualcosa di profondamente sbagliato nella logistica russa, che non ha ancora trovato una adeguata soluzione e fa sì che l’efficacia sul terreno sia una frazione di quello che potrebbe essere.
Estratto dalla lezione di venerdì 16 dicembre 2022 del Generale Vincenzo Camporini, Consigliere scientifico Ist. Affari Internaz. Già Presidente e capo di Stato Maggiore Aereonautica e Difesa
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