15
May
Sembrava impossibile, eppure è avvenuto, ciò che tutti noi temevano è divenuto reale e fa parte ora della nostra esistenza. La guerra in Ucraina sta avvenendo sotto i nostri occhi, ma ciò che sorprende è scoprire l’isolamento occidentale nonostante le false pretese di quest’ultimo. La ricerca delle cause dell’attacco russo contro l’Ucraina non va separata dal ripudio della guerra e dalla solidarietà nei confronti della popolazione civile. Ma a colpire è soprattutto il senso di progressiva marginalizzazione del mondo occidentale, specialmente se osservato da un punto di vista imparziale.
Le cause del declino sono ormai note e vanno individuate nell’ipocrisia con cui noi occidentali difendiamo valori universali che crediamo nostri ma che spesso dimentichiamo di mettere in pratica. Valori come la libertà e il diritto all’autodeterminazione dei popoli sono spesso enunciati e proclamati a gran voce, per poi essere dimenticati quando a essere in gioco sono i nostri interessi. Questo in parte è anche dovuto alla presunta centralità del mondo occidentale, acquisita dopo aver sconfitto i totalitarismi del secolo scorso.
Ma, nel corso degli ultimi anni, tali principi hanno mostrato tutte le nostre ambiguità, sfociando in un relativismo che viene sempre più spesso criticato in diversi angoli del mondo. L’interesse economico continua a prevalere in un mondo governato da dinamiche capitaliste e neoliberali, mettendo a nudo le nostre principali criticità. A partire dagli interventi cosiddetti umanitari e dall’esportazione del nostro modello democratico in diversi paesi, spesso con il supporto di organizzazioni internazionali strumentali ai nostri interessi come ONU e NATO. Interventi che hanno destabilizzato maggiormente aree già in crisi e che hanno dimostrato la nostra ipocrisia, sprezzante delle diversità e delle differenze, in nome di un mondo globalizzato e uniformato dall’imperante principio consumista e capitalista.
In questo particolare momento storico, sono d’altronde gli stessi principi democratici ad essere traditi, in nome di un modello utilitaristico che sta conducendo il mondo occidentale verso il declino. Infatti, l’età dell’oro della democrazia rappresentativa sembra ormai passata, lasciando sempre più spazio a inclinazioni di tipo più o meno autoritario, sempre più diffuse nel resto del mondo. Il modello democratico occidentale è stato sicuramente valorizzato dalla dialettica con il materialismo storico dei regimi comunisti, ma senza la sua pietra di paragone rappresentata dall’Unione Sovietica e dai suoi satelliti sembra aver progressivamente perso la sua forza di attrazione.
A rifulgere è attualmente la stella cinese, il cui inserimento nei meccanismi del libero scambio e l’adozione di principi pseudo-capitalisti (pur sempre di Stato) si è sposata con la democratura, strano connubio tra democrazia e autoritarismo che riscuote sempre più consenso non solo nel mondo non-occidentale, ma anche a casa nostra. Si tratta di un modello altro, che consente a Pechino di non seguire l’esempio dei suoi principali rivali, ma anche di trovare una terza via in preparazione della sua rivalsa nei confronti degli occidentali dopo le tante umiliazioni subite nei secoli scorsi.
Le contraddizioni interne al mondo occidentale emergono costantemente dalle sue periferie, nelle classi più povere ed emarginate, tra gli immigrati e le minoranze ghettizzate, preda di un’avversione profonda nei confronti di questo modello sociale pieno di contraddizioni, e ciò non fa altro che mettere maggiormente in luce la nostra incapacità di comprendere le differenze, e la nostra inconscia volontà di assimilare tutto e ricondurlo a unità, in nome di un principio assolutistico e semplicistico governato dal dio denaro.
Questo materialismo a-storico è destinato comunque a fallire, poiché privo di quelle passioni e di quei sentimenti che muovono la storia anziché sfociare in una insulsa routine. È per questo che le pulsioni innate continuano a giocare un ruolo importante nelle dinamiche contemporanee. Consapevoli della loro importanza, le classi dirigenti si sforzano di tenerle sotto controllo, attraverso l’abile utilizzo dei mezzi di informazione e di media addomesticati, molto spesso megafono delle classi al potere.
In mezzo a questa disinformazione e propaganda di regime, occorre ricordare i rischi di un isolamento totale della Russia, che rimarrebbe in ogni caso alquanto relativo visto il sostegno che Mosca continua a godere da parte del resto del mondo, come evidenziato dal voto tenutosi all’Assemblea Generale della Nazioni Unite. Un voto che rileva la sostanziale miopia del mondo occidentale, esso stesso isolato e distaccato dal resto del mondo, sempre più risentito nei confronti dell’altezzosità degli occidentali e che potrebbe creare maggiori presupposti per il temuto asse tra Mosca e Pechino.
Un rischio ulteriormente accentuato dalla temutissima opzione nucleare, autentico spauracchio a seguito dell’invasione russa in Ucraina e sempre più plausibile in un contesto in cui le tecnocrazie si affidano sempre di più al metaverso e all’intelligenza artificiale, astrusi algoritmi che governano le nostre vite e quelle degli altri. Questo approccio dogmatico si sposa benissimo con le sofisticate società turbo-capitaliste, in cui il principio di legittimità si scioglie in una ricerca parossistica dell’efficienza, che vede nel modello rappresentativo un intralcio storico di cui sbarazzarsi al più presto.
Questa dinamica si estende e si avvicina pericolosamente anche ai processi decisionali, nei quali il numerico prende il sopravvento sul razionale e sui sentimenti. Un principio meccanico governerà il mondo, o almeno così vogliono i tecnocrati che si affidano più alle macchine e agli algoritmi che al buon senso, spingendo il pianeta intero verso la catastrofe nucleare. L’attuale situazione di conflitto sembra la perfetta rappresentazione di questa realtà in divenire, mentre le ipotesi di un uso di armi nucleari si fanno sempre più insistenti da ambo le parti, creando i presupposti per una profezia che si autoavvera e i cui costi saranno sostenuti purtroppo dall’umanità intera.
Privarsi di ogni principio umanistico sposta tutta l’attenzione su un destino cinico, creando i presupposti per quello spirito di rassegnazione con cui si accolgono sventure come l’apocalisse nucleare che gli algoritmi e i computer che governano le nostre vite e scandiscono la nostra esistenza sono già pronti ad attuare senza preavviso alcuno: una sorta di trappola di Tucidide rivista e attualizzata che rappresenta l’inevitabilità dello scontro tra gli Stati Uniti e il duopolio Cina/Russia, interscambiabili proprio perché altro rispetto al decantato mondo occidentale pieno di contraddizioni e supponenza.
Si contrappongono, dunque, una potenza in declino, caratterizzata dalla debolezza della sua leadership, e una in ascesa, spinta da un’ambizione smisurata e con il tempo dalla sua parte; un paese che esce dalla sua più grave crisi costituzionale della sua giovane storia e un governo guidato da un principio revisionista e ancora dotato di un arsenale nucleare di primo piano. Questa triangolazione tra Cina, Russia e USA non è altro che un oligopolio del potere e della potenza, politica e militare, le cui dinamiche sono governate da interessi, percezioni distorte e sentimenti di rivalsa. Il conflitto appare inevitabile, accelerato dagli algoritmi e dalla congiuntura storica sfavorevole in cui tutti i principi che hanno ancorato il mondo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale sembrano ormai aver esaurito la loro carica energetica.
Di fronte a questo scenario catastrofico, la certezza del calcolo rappresenta il più importante ostacolo a una soluzione pacifica delle controversie, basata sulla ragione e su un umanismo ormai in via di estinzione. In un mondo che ha sostituito le persone con le risorse umane, in cui il calcolo del PIL risulta più importante del benessere generale di una popolazione ormai chiamata in causa solo per rinnovare le leadership politiche e la casta al potere, non vi è più bisogno di sforzarsi per raggiungere la verità e insinuare dei legittimi dubbi sugli assiomi principali che governano le nostre esistenze.
Al contrario, l’esistenza di un nemico fa comodo a tutti, riduce tutto a un sistema binario più facile da comprendere e assimilare, riducendo le diverse sfaccettature e sfumature dell’esistenza a un duopolio riassumibile in uno scontro di civiltà e valori. Di fronte al pericolo, ecco il rifugiarsi dietro la leadership, autoritaria o democratica che sia, affidando pieni poteri alle classi dirigenti impegnate a seguire i dettami degli algoritmi o degli ultimi sondaggi, veri o presunti tali.
Sembra solo un modo per sbarazzarsi dei problemi, delegando responsabilità importanti che solo in una dialettica politica necessaria possono trovare una sistemazione definitiva, o una sintesi che possa far giungere a un compromesso, per una pace duratura di fronte agli orrori della guerra e per evitare o invertire una corsa al riarmo di novecentesca memoria che ha causato già morte e distruzione in abbondanza.
Giuseppe Gagliano – Docente IASSP
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03Oct
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