12
Dec
1486
“Non ti ho dato, Adamo, né un posto determinato, né un aspetto tuo proprio, né alcuna prerogativa tua, perché quel posto, quell’aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tutto appunto, secondo il tuo voto e il tuo consiglio, ottenga e conservi. La natura determinata degli altri è contenuta entro leggi da me prescritte. Tu te la determinerai, da nessuna barriera costretto, secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti consegnai. Ti posi nel mezzo del mondo, perché di là tu meglio scorgessi tutto ciò che è nel mondo. Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che tu avessi prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori, che sono i bruti; tu potrai rigenerarti, secondo il tuo volere, nelle cose superiori che sono divine”.
Pico della Mirandola, Discorso sulla dignità dell’uomo (1486), La Scuola, Brescia 1987.
1954
“Signori successori, fatevi tranquillamente provocare da me, spero che serva a indurvi. La durezza è il dono più grande per l’artista, durezza contro se stessi e contro la propria opera. Come diceva Thomas Mann? “meglio rovinare un’opera e renderla inutilizzabile per il mondo piuttosto che non andare in ogni punto fino all’estremo”. Un fatto è certo: quando qualche cosa è finita, deve essere perfetta. Non dimenticate inoltre, neanche per un istante, ciò che nella vostra impresa c’è di problematico e di sospetto, i pericoli e l’odio che circondano la vostra attività.
Non perdete di vista ciò che di freddo e di egoistico appartiene alla vostra missione. La vostra attività ha abbandonato i templi e le anfore sacrificali e la pittura di colonne, neanche la pittura di cappelle è più in vostra mano. Voi fare tappezzeria di voi stessi, e nulla vi può redimere.
Non lasciatevi lusingare dalla sensazione di essere “al coperto”. Non c’è restaurazione. Le cose dello spirito sono irreversibili, continuano per la loro strada sino alla fine, sino alla fine della notte. Con le spalle al muro, nell’angoscia delle stanchezze, nel grigio del vuoto leggete Giobbe e Geremia, e tenete duro. Formulate le vostre tesi nella maniera più brutale, ché, quando l’epoca va in riposo e pone fine al canto, voi siete rappresentati solo in ragione delle vostre frasi. Ciò che non esprimete non c’è.
Vi fate dei nemici, sarete soli, un guscio di noce sul mare dal quale viene un cigolio di suoni ambigui, un battere di denti per il freddo, un tremare davanti a se stessi, dei vostri stessi brividi, ma non lanciate un SOS- prima di tutto non vi sente nessuno, e in secondo luogo la vostra fine sarà dolce dopo tanto navigare”.
Gottfried Benn. “invecchiare come problema per artisti” Adelphi. Microgrammi
2014
“Dal discorso dell’epoca ai suoi: esponiti alle prove! Prepara i tuoi documenti. Raccogli indizi che facciano capire che tu sia veramente esistito. Posizionati, avvia la tua tematica! Poiché la forza di posizionarsi è tutto, non dimenticare di mettere ben in vista il tuo segnaposto.
Partecipa all’esperimento che deciderà sull’effimero e sullo stabile, consenti pure che molte cose falliscano per cause proprie. Il mondo è diventato un esperimento: chi non avrà sperimentato non sarà mai venuto al mondo.
C’è solo un errore: restare in stato di latenza.
Intelligenza, per il futuro, significa: resistere alla tentazione di non lasciare traccia”.
P. Sloterdijk, “L’imperativo estetico” – Raffaello Cortina
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