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Tuttavia ho visto recentemente in questi dintorni, a Mussidan, che quelli che ne erano stati sloggiati a forza dal nostro esercito, e altri del loro partito, gridavano al tradimento perché durante le mediazioni per l’accordo, e mentre le trattative continuavano ancora, erano stati sorpresi e sgominati: cosa che avrebbe avuto forse qualche fondamento in un altro secolo.
Ma, come ho detto ora, il nostro modo di fare è quanto mai lontano da quelle regole, e non si deve contare sulla buona fede reciproca finché non sia posto l’ultimo sigillo dell’impegno. E anche allora resta molto da fare. Ed è sempre stata una decisione azzardata affidare alla licenza d’un esercito vittorioso l’osservanza della fede data a una città che si è arresa dietro mite e favorevole accomodamento, e lasciarvi immediatamente libero accesso ai soldati. L. Emilio Regillo, pretore romano, avendo perso tempo a cercar di prendere con la forza la città di Focea, per il singolare valore degli abitanti nel ben difendersi, fece patto con loro di riguardarli come amici del popolo romano e di entrare nella città come in una città confederata, togliendo loro ogni timore d’una azione ostile. Ma, fatti entrare con sé i suoi soldati per mostrarsi in maggior pompa, per quanti sforzi facesse non fu in grado di tener a bada i suoi; e vide mettere a sacco sotto i suoi occhi buona parte della città, i diritti dell’avidità e della vendetta soppiantando quelli della sua autorità e della disciplina militare. Cleomene diceva che qualsiasi danno potesse arrecarsi ai nemici in guerra, questo era al di sopra della giustizia e non soggetto ad essa, sia nei riguardi degli dèi sia nei riguardi degli uomini. E fatta tregua con gli Argivi per sette giorni, la terza notte andò ad attaccarli mentre dormivano e li sconfisse, adducendo che nella tregua non si era parlato delle notti. Ma gli dèi fecero vendetta di questa perfida astuzia. Durante i parlamentari, e mentre quelli perdevano tempo per le garanzie, la città di Casilino fu occupata di sorpresa. E questo proprio nel secolo e dei più giusti capitani e della più perfetta milizia romana. Poiché non è detto che, a tempo e luogo, non ci sia permesso approfittare della stoltezza dei nostri nemici, come approfittiamo della loro vigliaccheria. E invero la guerra ha per natura molti privilegi ragionevoli a dispetto della ragione. E qui viene meno la regola:neminem id agere ut ex alterius prædetur inscitia. (che nessuno cerchi di trarre profitto dall’ignoranza altrui)
Ma mi stupisco dell’estensione che Senofonte dà loro, sia con i discorsi sia con le varie imprese del suo perfetto imperatore: egli che fu scrittore di straordinaria autorità in tal genere di cose; come pure gran condottiero, e filosofo fra i primi discepoli di Socrate. Ed io non consento in tutto e per tutto alla misura delle sue concessioni.
Tratto da Michele signore di Motaigne
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