10
Oct
I vertici della compagnia sanno come rendere Facebook e Instagram più sicuri, ma non apporteranno i cambiamenti necessari perché hanno messo i profitti astronomici davanti alle persone”, è questa la frase più famosa di Frances Haugen, la whistleblower statunitense che ha lavorato per diversi anni con Google e Pinterest, ed ha rivelato la sua identità dopo essersi resa protagonista di una fuga di notizie grazie al suo ruolo da manager in Facebook.
Haugen ha consegnato ad autorità che si occupano di controllo, documentie rapporti riservati arrivati alla stampa grazie ad un passaggio diretto con il Wall Street Journal.
La stessa Haugen ha raccontato alla subcommissione per la tutela dei consumatori del Senato Usa, che quella di Facebook è una vera e propria azione criminale, in quanto cosciente dei danni provocati all’opinione pubblica, attraverso il propagarsi di fakenews mirate e targetizzate, come di notizie lanciate per raggiungere un determinato fine attraverso la manipolazione della narrazione, ma disinteressato nel trovare una soluzione poiché inciderebbe in maniera negativa nei profitti della compagnia. Sui media internazionale è poi comparsa anche una affermazione non di poco peso: “ Facebook indebolisce la democrazie”. Difficile stimare il peso di una tale affermazione oggi, anche se, nonostante l’azienda di Mark Zuckerberg si porti dietro le elezioni del 2016 con Cambridge Analitica e gli spettri dell’Internet Research Agency, durante le elezioni del 2020 per la presidenza statunitense è stata ancora una volta al centro delle polemiche per il numero ingente di segnalazioni di azioni di disinformazione portate avanti da diversi governi nel mondo attraverso la sponsorizzazione di post disinformativi, con lo scopo di influenzare il risultato elettorale.
Risulta facile comprendere il perchè Facebook sia terrorizzato da questa fuga di notizie, asse portante del business miliardario della piattaforma. Come riporta il Wall Street Journal, “il sistema XCheck permette ai sei milioni di utenti in “white list” di postare contenuti proibiti ai comuni mortali. Il controllo – quando c’è – è soltanto ex post: l’anno scorso il social ha registrato 16,4 miliardi di visualizzazioni di post che avrebbero dovuto essere rimossi”. Alla base della denuncia della Haugen ci sarebbe proprio il database XCheck, un cluster di sei milioni di utenti che non vengono sfiorati dagli algoritmi di inibizione dei contenuti. In un tweet dell’Oversight Board, creato lo scorso anno con lo scopo di controllare esternamente la trasparenza della piattaforma, il comitato lamenta che più volte ha manifestato la mancanza della stessa nel processo di moderazione dei contenuti della piattaforma, sopratutto nel caso di account di alto profilo.
Di Redazione, RB
Trackbacks and pingbacks
No trackback or pingback available for this article.
Per qualsiasi domanda, compila il form
[contact_form name="contact-form"]Ultime notizie
03Oct
Leave a reply