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Jun
Tra i diversi documenti e relazioni che hanno diviso l’incontro tra Joe Biden e Vladimir Putin, ne risalta uno in particolare. Una lista di 16 infrastrutture statunitensi che il presidente americano nel consegnarla all’omologo russo ha chiesto attenzione. Il gesto assume notevole rilievo dopo il presunto attacco dell’oleodotto Pipeline – poi smentito da un gruppo Hacker – e la sempre più incombente minaccia cyber proveniente dal fronte eurasiatico.
Come si è arrivati all’incontro
Nei mesi precedenti diverse uscite pubbliche hanno animato i rapporti diplomatici tra le due potenze. Divenuta celebre la frase di risposta ad un giornalista – “Lei conosce Vladimir Putin. Pensa che sia un killer?”, “Lo penso” – in cui il presidente Biden appellava Putin come “assassino”. Gli argomenti con cui si è arrivati al summit erano diversi e centrali nel fronte cibernetico, democratico e spaziale. Si è discussa della posizione della Russia in Ucraina e della crisi innescata dalla presenza di un corposo fronte militare a sorvegliare ed intimidire lo Stato. Si è anche – ed ovviamente – parlato della posizione del Cremlino nei confronti degli oppositori politici e dissidenti con un focus cristallizzato sul caso Navalny. L’incontro arriva quindi dopo mesi difficili in cui importanti questioni economico/politiche hanno diviso i due blocchi mondiali.
Per chi si aspettava un faccia a faccia congruo con le exploit provenienti dai due paesi mezzo stampa, le attese non sono state soddisfatte, almeno non palesemente. Tanta diplomazia, diversi punti di vista e una stretta di mano.
Diversi interessi ma unico obiettivo: Pechino
Dopo il rafforzamento del patto atlantico, conseguente alla elezione del presidente democratico americano, Russia e Cina hanno dovuto inevitabilmente fare forza comune per spedire segnali di potere al gruppo atlantico capeggiato proprio dal potere degli Stati Uniti. Negli ultimi mesi l’Europa è diventata terreno di questo scontro. Si è partiti dalle sanzioni di Regno Unito, Usa e diversi paesi occidentali contro le violazioni dei diritti umani nei campi di detenzione Uiguri, alla conseguente risposta di Pechino con l’espulsione di diplomatici europei. C’è poi stato il caso Biot, la drama-story di spionaggio e controspionaggio dove al centro delle informazioni trafugate c’era niente di meno che segreti sul patto di difesa NATO. Proprio l’UE, forte della ventata Usa e del sostegno nelle sanzioni, ha dichiarato a Marzo nelle parole di Josep Borrell, capo della diplomazia europea: “Pechino farebbe meglio a impegnarsi nel dialogo invece di essere conflittuale”.
Sul tavolo mondiale e negli interessi di Biden c’è la sempre più intensa guerra commerciale tra Usa e Cina che proprio in questo periodo storico va intensificando a causa della crisi che sta vivendo il settore microchip e semiconduttori, da cui la Cina ne uscirebbe largamente fortificata. Nello scenario odierno la Cina è l’officina tech del mondo, dove le maggiori aziende Big-Tech hanno basi di approvvigionamento nel paese. Apple, ad esempio, ha come centro di produzione della componentistica micro-elettronica un gruppo industriale, la Foxconn Technology, con base nella nella Repubblica Popolare Cinese. Nell’ottica di guerra commerciale era diventata centrale la questione Huawei nel 2020 – considerata vicina al presidente Xi Jinping e accusata di spionaggio attraverso i singoli device in commercio – tanto da spingere il governo statunitense ad imporre sanzioni per limitare l’approvvigionamento di dati a scopo di controllo civile e militare di Pechino.
Diritti Umani
Diplomazia anche in questo caso. Non è mancata la richiesta di approfondimento della vicenda Alexey Navalny da parte del presidente americano, con una risposta della controparte prettamente di facciata, che ha lanciato un messaggio preciso. In un primo momento ha riassunto la vicenda così riferendosi al dissidente russo: ”Ha lasciato il Paese per farsi curare, e non appena ha lasciato l’ospedale, ha violato la legge non facendosi vedere dalle autorità come era richiesto nel quadro dei suoi procedimenti giudiziari, questa conferenza stampa non ci consente di entrare nei dettagli” per poi virare il discorso sui fatti di Capitol Hill, alludendo che se in un paese si abbassa la guardia e non si puniscono i trasgressori, si può arrivare ad una situazione del genere.
Nel terminare, il presidente Russo ha chiarito che “è stato Biden a sollevare la questione dei diritti umani, ne abbiamo parlato su sua iniziativa”. Altrettanto chiaro anche il messaggio della controparte degli Stati Uniti che ha risposto: “Ho detto chiaramente al presidente Putin che continueremo a sollevare il tema dei diritti umani fondamentali”.
Di cosa non si è parlato – L’Iran e il nucleare
La situazione tra Teheran e Washington è delicata. Il 13 aprile il ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa, Sergey Lavrov si era recato in visita dall’omologo iraniano dopo le sanzioni che Usa e UE hanno imposto contro l’Iran. Le sanzioni arrivano dopo che l’Iran proprio di conseguenza all’uscita di Trump dagli accordi sul nucleare, aveva ricominciato ad arricchire nuovamente le riserve di uranio. Al di là dei colloqui sul nucleare, in quella occasione, Iran e Russia hanno poi sottoscritto un piano di cooperazione economica che diventa centrale con le odierne elezioni del 18 giugno che vedono come favorito il candidato Raisi, guida politica che riporterebbe l’Iran sul fronte conservatore. Allo stesso modo anche l’attenzione della Casa Bianca resta alta verso il cambio di guardia in Iran e le relazioni bilaterali tra Putin e Teheran.
Proprio a febbraio, dopo l’insediamento da neo-presidente, Biden aveva dato grande priorità alle relazioni difficili con l’Iran, annunciando di aver allentato le restrizioni imposte da Trump sui movimenti dei diplomatici iraniani accreditati presso le Nazioni Unite, con sede a New York: «La nostra idea è di prendere provvedimenti per rimuovere inutili ostacoli alla diplomazia multilaterale, modificando le restrizioni sui viaggi interni che sono stati estremamente restrittivi». Dunque l’incontro tra le due figure, oggi in posizione di comando e al centro delle relazioni di potere geopolitico, arriva con la consapevolezza che un terzo attore si è aggiunto al tavolo ed è importante che diplomazia e accordi prevalgano sull’attuale scenario di guerra commerciale.
Di Redazione, RB/ 2duerighe.com
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