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May
Estratto dei brani in tema energetico tratti dal libro:
FULGENZI M., La “guerra delle sanzioni”. L’Unione Europea e la Federazione Russa nell’era dell’interdipendenza economica globale (Il Cerchio Ed., 2021)
«[…] per il raggiungimento dei suoi obiettivi di politica estera (e quindi anche nei rapporti economico- commerciali con la Russia), l’Unione europea può in alcuni casi non esitare ad agire in senso contrario agli interessi dei propri Stati membri1. Questo, d’altronde, è quanto accade nel caso dell’imposizione, nei confronti di paesi terzi, di misure restrittive suscettibili di arrecare ingenti danni “riflessi” anche alle economie degli Stati dell’Ue. Ne costituiscono un esempio le controverse vicende relative alla realizzazione di fondamentali opere infrastrutturali energetiche transnazionali come il gasdotto South Stream2, la cui costruzione è stata sospesa da parte dell’Ue su pressione statunitense e poi definitivamente abbandonata dalla Russia dopo il varo delle sanzioni, a particolare detrimento delle italiane Eni e Saipem, originariamente protagoniste nel progetto insieme alla russa Gazprom3.» (pag. 6)
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1 Cfr. MEUNIER e NICOLAIDIS, “The European Union as a conflicted trade power”.
2 Già nel 2013, alla vigilia degli avvenimenti in Crimea e nell’est dell’Ucraina, la Commissione europea aveva riconosciuto come gli accordi bilaterali sul gasdotto South Stream, stipulati tra la Russia e una serie di paesi europei (Austria, Bulgaria, Ungheria, Grecia, Slovenia, Croazia e Serbia) violassero la legislazione dell’Ue, richiedendo la loro revisione. Uno dei temi controversi, fin dal principio, è stato il fatto che la russa Gazprom, esportatore del gas che avrebbe dovuto attraversare il gasdotto, avrebbe gestito anche la pipeline, controllandone le tariffe. Cfr. “Минэнерго РФ получило письмо ЕК с претензиями по ‘Южному потоку’”, Ria Novosti, 6 dicembre 2013, https://ria.ru.
3 Nel dicembre 2014 la Russia ha cancellato il progetto South Stream in favore del gasdotto Turkish Stream verso la Turchia per via della posizione, definita da Mosca “poco costruttiva”, tenuta dall’Unione europea che, oltre a introdurre sanzioni nei confronti della Federazione Russa in risposta alla crisi in Ucraina, aveva indotto la Bulgaria a bloccare le autorizzazioni per la realizzazione del gasdotto attraverso il proprio territorio. La costruzione del gasdotto South Stream era stata intrapresa nel dicembre 2012 nella regione russa di Krasnodar, nei pressi della città di Anapa. Il 15 dicembre 2015 Saipem, società italiana partner della russa Gazprom nella realizzazione del progetto e specializzata nella realizzazione di infrastrutture per l’estrazione di idrocarburi, oleodotti e gasdotti, ha depositato una domanda di arbitrato dinanzi alla International Chamber of Commerce (Icc) di Parigi contestando l’annullamento, da parte russa, del contratto per la posa delle tubature sui fondali del Mar Nero tra la Russia e la Bulgaria e richiedendo un risarcimento danni complessivo di 759,9 milioni di euro (823 milioni di dollari) a titolo di indennizzo dovuto in seguito alla sospensione dei lavori (nel periodo tra dicembre 2014 e maggio 2015) e in relazione alla successiva termination for convenience del contratto notificata da parte di South Stream Transport B.V. (Sstbv) l’8 luglio 2015. Saipem, società controllata al 43% da Eni, aveva vinto commesse per un valore di circa 2,4 miliardi di euro per la realizzazione del South Stream. Un primo ricorso dinanzi alla Icc di Parigi nei confronti della società Sstbv, interamente controllata da Gazprom dopo la fuoriuscita degli altri partner europei dal progetto, era già stato presentato da parte di Saipem il 10 novembre 2015. Facendo seguito alle contestazioni eccepite dalla controparte russa, il 3 novembre 2017 Saipem ha successivamente depositato un nuovo reply memorial con il quale, in ultimo, ha ridefinito l’ammontare del risarcimento richiesto nella somma di 644,6 milioni di euro. Il 10 marzo 2018, oltre a rigettare le contestazioni della parte italiana, la stessa Sstbv ha presentato domanda riconvenzionale nell’ambito del procedimento arbitrale, includendo una richiesta di risarcimento per 541 milioni di euro. Inoltre, in via principale e alternativa, la parte russa ha avanzato: un’ulteriore richiesta di indennizzo di circa 138 milioni euro in merito ad alcuni pagamenti effettuati in favore di Saipem in misura valutata superiore rispetto a quanto contrattualmente pattuito; una richiesta aggiuntiva di circa 48 milioni di euro in relazione a liquidated damages connessi ad asseriti ritardi da parte di Saipem; una richiesta addizionale di risarcimento per circa 10 milioni di euro correlata al presunto danneggiamento di alcune tubature. Nell’aprile 2019, precorrendo le udienze dell’arbitrato fissate per giugno 2019, Saipem e South Stream Transport B.V. hanno infine concordato la risoluzione consensuale in via transattiva della controversia relativa alla mancata realizzazione del progetto South Stream per una somma stimata intorno ai 300 milioni di euro, a compensazione dei mancati introiti di Saipem. Cfr.: “Saipem files $823m claim against Gazprom over Black Sea pipeline contract cancellation”, Offshore Technologies, 1° febbraio 2016; GIANCARLO NAVACH, “Saipem in arbitrato South Stream riduce richiesta danni a 644,6 mln euro”, Reuters, 9 aprile 2018; “Saipem-Gazprom, raggiunto accordo sul contenzioso per il South Stream”, Sputnik News, 18 aprile 2019; “Saipem, accordo con Gazprom: chiusa vertenza su South Stream”, Il Sole 24 Ore, 18 aprile 2019.
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«In questa fase storica, di conseguenza, la possibilità di una normale interazione commerciale tra l’Unione europea e la Federazione Russa è ostacolata dal conflitto in atto tra i rispettivi valori e modelli politico- economici fondanti, nonché dalla competizione tra i percorsi di integrazione regionale alternativi promossi dai due contendenti nella medesima area geografica post-sovietica4. Ad ogni modo, nonostante il deterioramento delle reciproche relazioni seguito all’annessione della Crimea da parte di Mosca5 e agli eventi bellici nelle regioni orientali dell’Ucraina, l’Unione europea e la Russia sono ancora profondamente interdipendenti a livello economico6 e ciò non può che costituire un valido presupposto per l’individuazione di nuovi strumenti che possano dimostrarsi funzionali al ripristino di un dialogo costruttivo tra le due parti ora drammaticamente contrapposte. Infatti, la principale differenza tra la Guerra Fredda del XX secolo e l’attuale clima di scontro risiede proprio nella marcata interdipendenza economica che oggi intercorre tra la Russia e l’occidente (e in particolare tra la Russia e l’Unione europea7) come prodotto, anche strategicamente deliberato8, della globalizzazione di stampo “occidentale” seguita alla caduta del muro di Berlino. Dopo la fine dell’Unione Sovietica, del resto, l’occidente ha volontariamente integrato la Russia nel sistema internazionale della finanza e del commercio. A partire dal 2014, invece, l’occidente ha tentato di invertire il processo d’integrazione della Russia nelle strutture economico-commerciali della globalizzazione, cercando inoltre di estromettere Mosca dal sistema finanziario internazionale, e tutto ciò attraverso il ricorso a una strategia di soft containment9 mirante a contrastare la nuova ascesa della Russia al rango di potenza di livello regionale e mondiale.
Pertanto, i considerevoli volumi di scambio che denotano storicamente i reciproci traffici commerciali e i mutuali flussi di investimento, l’evidente complementarità economica, la marcata interdipendenza tecnologico-energetica e la prossimità geografica, così come anche il condiviso interesse nello sviluppo di infrastrutture trans-frontaliere con il coinvolgimento dei paesi limitrofi oltre all’innegabile esigenza di dialogare costruttivamente dinanzi alla crescente “multipolarità” dello scenario internazionale, rappresentano tutti argomenti convincenti a sostegno della necessità del pronto ripristino, a distanza ormai di diversi anni, di una cooperazione business as usual tra l’Unione europea e la Federazione Russa10: «Because of its size and geographical position and because it is our neighbour, Russia is an incredibly important partner. There is no alternative to active cooperation […]»11. A tal fine, il quadro giuridico di legittimità rappresentato dal diritto internazionale12 e, in esso, dalla lex specialis della normativa commerciale dell’Omc con il suo “meccanismo” di composizione pacifica delle dispute tra i Membri, emerge come un imprescindibile strumento utile al superamento della condizione di impasse ormai da tempo stagliatasi nell’ambito di una complessa situazione, come quella attuale tra l’Ue e la Russia, dai risvolti quanto meno controversi e dalle trame altrimenti difficilmente districabili.» (pagg. 11-13)
4 Cfr. GIUSTI, “Europa e Russia/1: perché è così difficile capirsi”.
5 Ibid.
6 Cfr. MATTEO VERDA, “Europa e Russia/2: una convivenza energetica”, in FERRARI (a cura di), Oltre la Crimea, Russia contro Europa?, 89-102.
7 Cfr. HANS KUNDNANI, “‘Containment’ and economic interdependence”, in European Council on Foreign Relations – Commentary, 15 settembre 2014.
8 Ibid.
9 Cfr. MARK LEONARD e NICU POPESCU, “A Power Audit of EU-Russia Relations”, in European Council on Foreign Relations (novembre 2007), 2.
10 Cfr. IVAR WINDHEIM, Eu-Russia gas relations: Back to «business as usual»?, Norwegian Institute of International Affairs, 8 febbraio 2016.
11 CECILIA MALMSTRÖM, “EU–Russia Relations”, in Debates – European Parliament, 25 maggio 2005.
12 Nello specifico ambito del diritto dell’Unione europea, inoltre, la base giuridica per le relazioni tra l’Ue e la Federazione Russa, a livello bilaterale così come nel contesto dei consessi multilaterali, è offerta dalle norme del Titolo V («External action») del Trattato sull’Unione europea (Teu) e dagli artt. 206-207 («Common commercial policy») e 216-219 («International agreements») del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfeu), nonché dall’Accordo di partenariato e cooperazione (Apc).
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«[…] sospinti proprio dal crescente clima di interdipendenza economica che si andava sempre più configurando tra i paesi dell’Unione europea e la Russia, nel 200713 furono avviati nuovi negoziati in concomitanza con la scadenza automatica dell’Apc, al fine di proseguire nel percorso di valorizzazione della reciproca cooperazione negli ambiti polivalenti individuati dalle road-maps. Queste trattative, tuttavia, subirono una brusca interruzione già nel 200814 a causa degli eventi bellici in suolo georgiano che videro prevalere l’esercito regolare russo, intervenuto in supporto delle forze indipendentiste dell’Ossezia del Sud, nei confronti delle truppe governative di Tbilisi, con la conseguente secessione unilaterale (peraltro riconosciuta a livello internazionale dalla sola Federazione Russa, oltre che da Nicaragua, Venezuela, Tuvalu, Nauru e Vanuatu) della regione separatista caucasica dal resto della Georgia. Tale evento, a tutti gli effetti, ha rappresentato una pietra miliare nello sviluppo dei rapporti tra l’Ue e la Russia nonché delle relazioni internazionali in generale in quanto, per la prima volta dalla dissoluzione del colosso sovietico, il Cremlino ha fatto ricorso all’uso della forza militare al di fuori dei propri confini allo scopo di modificare i limiti territoriali di un altro Stato sorto dalla fine dell’Urss, oltre che Membro effettivo delle Nazioni Unite, come la Georgia15.
In seguito a tale avvenimento, ad ogni modo, gli Stati membri dell’Unione europea non furono in grado di esprimere una reazione condivisa nei confronti della condotta russa nel Caucaso meridionale proprio in virtù dei vari interessi di natura economica, energetica e commerciale condivisi da ognuno di essi con Mosca. Interessi, questi ultimi, talmente ingenti da ingenerare nei diversi paesi dell’Ue sensibilità discordanti in merito al giudizio da esprimere nei confronti delle azioni del Cremlino e dei conseguenti passi da intraprendere. Dopo la guerra del 2008, pertanto, la posizione mantenuta da parte dell’Ue si limitò all’adozione di una politica di “Impegno senza riconoscimento” (Non-Recognition and Engagement Policy), in base alla quale l’Unione europea interpretò anche i successivi accordi di partnership strategica intervenuti tra Mosca e le repubbliche separatiste di Abkhazia e Sud-Ossezia come una seria minaccia alla stabilità regionale e alla sovranità territoriale georgiana, nonché come una violazione degli stessi accordi sottoscritti nel 2008 da Russia e Georgia, grazie alla mediazione europea16.
Un dialogo effettivo tra l’Ue e la Federazione Russa, dunque, poté riprendere solo nel 2010, con il lancio di una nuova Partnership for Modernisation a conclusione del vertice di Rostov-on-Don: «The European Union and Russia have a common interest in enhancing bilateral trade and investment opportunities and in facilitating and liberalising trade in the global economy as well as strengthening and developing
13 A partire dal 2007, inoltre, la cd. «Dimensione settentrionale» ha integrato il dialogo tra l’Ue e la Russia (con il coinvolgimento di Norvegia e Islanda) producendo una serie di efficaci partenariati di cooperazione settoriale nelle regioni del Mar Baltico e del Mare di Barents. Lo sviluppo di tale “politica comune” tra Bruxelles e Mosca ha incluso l’istituzione di un organo parlamentare (il forum parlamentare della «Dimensione settentrionale») di cui il Parlamento europeo è Membro fondatore. Cfr. MARIO DAMEN e FERNANDO GARCÉS DE LOS FAYOS, “Lo Spazio economico europeo (See), la Svizzera e il nord”, in Note sintetiche sull’Unione europea – 2020 (Parlamento europeo, ult. agg. novembre 2019), 5, https://www.europarl.europa.eu/ftu/pdf/it/FTU_5.5.3.pdf.
14 Proprio nel luglio 2008 era stato avviato un nuovo round di negoziati tra l’Ue e la Russia, che avrebbe dovuto mirare al raggiungimento di impegni giuridicamente vincolanti in ambiti quali la giustizia, la sicurezza, la cooperazione economica, la ricerca, l’istruzione, la cultura, il commercio, gli investimenti e l’energia. Cfr. DAMEN, “Russia”, 4.
15 La Georgia ottenne l’indipendenza dalla Mosca dei soviet nel 1991. I primi scontri con i gruppi separatisti insorti nelle regioni dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud sopraggiunsero già in concomitanza con la nascita della repubblica e sfociarono in una guerra civile che vedeva contrapposti l’esercito di Tbilisi da una parte e i secessionisti (sostenuti dalla Russia) dall’altra. Il conflitto, dunque, fu “congelato” grazie al cessate il fuoco concordato nel 1992 dalle avverse fazioni ad esito di difficoltose trattative. Cfr.: GRAZIANI, La reazione dell’Unione Europea alla crisi ucraina. Una prospettiva storica e giuridica, 52; ALDO FERRARI, “Una nuova guerra fredda per il Caucaso? Scenari internazionali dopo il conflitto in Ossetia”, in ALDO FERRARI (a cura di), Dopo la guerra russo-georgiana. Il Caucaso in una prospettiva europea (ISPI, 2008), 118-42.
16 Cfr. GIUSEPPE F. PASSANANTE, “Putin: Abkhazia e Ossetia del Sud dopo la Crimea?”, in Rivista di affari europei Europae, 23 gennaio 2015.
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competition, including through Russia’s early WTO accession. Priority areas of the Partnership for Modernisation will include: expanding opportunities for investment in key sectors driving growth and innovation, enhancing and deepening bilateral trade and economic relations, and promoting small and medium sized enterprises; promoting alignment of technical regulations and standards, as well as a high level of enforcement of intellectual property rights; improving transport; promoting a sustainable low- carbon economy and energy efficiency, as well as international negotiations on fighting climate change; enhancing co-operation in innovation, research and development, and space; ensuring balanced development by addressing the regional and social consequences of economic restructuring; ensuring the effective functioning of the judiciary and strengthening the fight against corruption; promoting people- to-people links; and enhancing dialogue with civil society to foster participation of individuals and business. […]»17.
Inoltre, con la partecipazione al Sistema generalizzato di preferenze (Gsp)18 rimasto in vigore con l’Unione europea fino al 201319, la Russia si era già impegnata alla piena compliance nei confronti degli standard commerciali europei e internazionali. Tutto ciò molto prima dell’ingresso ufficiale di Mosca nell’Organizzazione mondiale del commercio20.» (pagg. 31-33)
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«[…] particolare rilievo hanno quindi assunto le misure anti-dumping21 introdotte dall’Unione europea, così come i meccanismi di energy cost adjustment22 (che intervengono quando si “pondera” il valore nominale di un bene importato in rapporto alle distorsioni conosciute o presunte dei relativi costi di produzione) oltre che, in generale, le norme del cosiddetto Third energy package23.» (pagg. 35-36)
17 UE, COMMISSIONE EUROPEA, Rostov-on-Don, 1 June 2010 Joint Statement on the Partnership for Modernisation EU-Russia Summit 31 May-1 June 2010, 10546/10 Presse 154 (Rostov-on-Don, 1 giugno 2010), https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/PRES_ 10_154
18 Il 1 ° gennaio 2009, il sistema di preferenze Gsp dell’Ue nei confronti della Federazione Russa era stato ripristinato, per de-graduation del paese, in relazione al commercio di Products of the chemical or allied industries e di Base metals. Cfr. UE, COMMISSIONE EUROPEA, The EU’s new Generalised Scheme of Preferences (GSP) (dicembre 2012), 16.
19 UE, COMMISSIONE EUROPEA, Revised EU trade scheme to help developing countries applies on 1 January 2014 (Bruxelles: 19 dicembre 2013), https://ec.europa.eu/commission /presscorner/detail/it/MEMO_13_1187.
20 Cfr. YULIJA KUKUSHKINA, Влияние присоединения России к ВТО на перспективы торгово-экономических отношений РФ и ЕС, Диссертация на соискание ученой степени кандидата экономических наук (Mosca: Национальный исследовательский университет “Высшая Школа Экономики”, 2015), 60-62.
21 L’ordinamento dell’Omc, infatti, incorpora disposizioni rivolte ad assicurare la correttezza degli scambi e a contrastare le pratiche commerciali, ritenute sleali, eventualmente attuate da parte dei Membri o dei loro operatori privati. Le regole introdotte in materia di sovvenzioni governative (artt. VI e XVI) e quelle riguardanti le pratiche antidumping (art. VI) assolvono a tali finalità. Queste norme, specificate nell’Accordo relativo all’applicazione dell’art. VI del Gatt-1994 (Anti-dumping Agreement) e nell’Accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative (Agreement on Subsidies and Countervailing Measures-Scm Agreement), prevedono che i Membri, a determinate condizioni e attenendosi a procedure conformi ai principi dell’Omc a livello nazionale, possano imporre dazi compensativi o antidumping nei confronti dei prodotti importati ritenuti oggetto, rispettivamente, di sovvenzioni o di pratiche di dumping da parte del paese esportatore. Cfr. MARIA ROSARIA MAURO, Diritto internazionale dell’economia (Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, collana «Cultura giuridica e scambi internazionali», 3, 2019), 143-44.
22 Modificando i termini della competizione di mercato tra i combustibili fossili e le energie rinnovabili, le politiche di doppia tariffazione sembrerebbero inoltre scoraggiare gli investimenti in forme più pulite di energia. Cfr. ILARIA ESPA e SONIA E. ROLAND, Subsidies, Clean Energy and Climate Change, E15 Initiative (Ictsd / Wef, 2015), 3-7.
23 Il round della legislazione del mercato energetico dell’Ue, noto come il “Terzo pacchetto energia”, è stato rivolto al miglioramento del mercato interno europeo dell’energia e alla risoluzione di alcuni problemi strutturali di quest’ultimo. Proposto nel settembre 2007, è stato formalmente concordato nel luglio 2009 ed è entrato in vigore nel settembre 2009. Particolare rilievo nell’ambito di tale normativa assumono la Directive 2009/73/EC of the European Parliament and of the Council of 13 July 2009 concerning common rules for the internal market in natural gas and repealing Directive 2003/55/EC nonché la Regulation (EC) No 715/2009 of the European Parliament and of the Council of 13 July 2009 on conditions for access to the natural gas transmission networks and repealing Regulation (EC) No 1775/2005. Cfr. UE, COMMISSIONE EUROPEA, Third energy MATTEO FULGENZI 4
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«A partire dal marzo 2014, l’Unione europea ha imposto alla Russia pesanti misure restrittive in reazione agli eventi verificatisi in Ucraina24, introducendo progressivamente sanzioni di diversa tipologia nei confronti di Mosca. Le sanzioni dell’Ue sono adottate attraverso atti del Consiglio25 e prevedono provvedimenti come l’asset freeze (ossia, il congelamento dei beni) e il travel ban (ovvero, il divieto di viaggio) a carico di determinati soggetti della Federazione Russa, come anche il divieto, per gli operatori dell’Ue, di porre in essere alcune tipologie di transazioni finanziarie con il coinvolgimento di determinati attori economici russi. Partendo dall’imposizione di severe restrizioni ai rapporti economico-commerciali con la regione “occupata” della Crimea e la Città di Sebastopoli26, l’Unione europea ha poi fortemente
package, ult. agg. 20 agosto 2019, https://ec. europa.eu/energy/en/topics/markets-and-consumers/market-legislation/third- energy-package.
24 UE, CONSIGLIO, Eu restrictive measures in response to the crisis in Ukraine, ult. agg.: 5 ottobre 2020.
25 Il Consiglio “Affari esteri” è competente in merito all’introduzione, sospensione o rimozione delle sanzioni internazionali da parte dell’Ue, sulla base degli orientamenti forniti dal Consiglio europeo. L’attuazione delle misure restrittive, e il controllo sulla loro applicazione, rientrano invece nelle attribuzioni dei ministeri (Esteri, Finanze, etc.) e delle banche centrali nazionali dei singoli Stati membri, coordinate dalla Commissione europea. Le singole autorità statali, inoltre, sono preposte alla verifica dell’attuazione delle sanzioni nonché all’adozione di provvedimenti contro l’inosservanza delle disposizioni sanzionatorie da parte dei soggetti pubblici e privati interni allo Stato (definendo così l’ambito, normalmente “interno” allo Stato, delle cosiddette secondary sanctions). La struttura sostanzialmente decentrata dei controlli sul rispetto delle sanzioni da parte degli operatori interni ai singoli Stati potrebbe esporre il sistema di implementazione delle sanzioni ad alcune fragilità e inefficienze ma la coerenza dell’impianto sanzionatorio è assicurata dal lavoro del Consiglio, che individua e stila la lista dettagliata dei provvedimenti e degli obiettivi grazie, soprattutto, all’operato del Gruppo di lavoro dei consiglieri per le Relazioni internazionali e alle sue raccomandazioni. Il Trattato di Lisbona, individuandol’articolazione di competenze tra istituzioni europee e Stati membri appena descritta, prevede che le sanzioni siano adottate sulla base di una complessa procedura a due livelli. L’art. 29 del Trattato sull’Unione europea (Tue), infatti, prevede che innanzitutto sia adottata, in merito, una Decisione di natura politica in ambito Pesc (Politica estera e sicurezza comune) da parte del Consiglio “Affari esteri”, per poi individuare due possibili percorsi per l’attuazione dei provvedimenti in relazione al loro contenuto e agli ambiti di competenza coinvolti. Nell’eventualità in cui le misure riguardino ambiti specifici ancora rimessi alla competenza dei singoli Stati (ad es.: sport, cultura, turismo, armi, etc.), l’attuazione dei provvedimenti è delegata direttamente agli Stati membri, senza gli ulteriori passaggi a livello istituzionale comunitario invece previsti dall’art. 215 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue) nei casi che, al contrario, rientrino nelle competenze dell’Unione e in relazione ai quali si rende necessaria l’adozione di atti vincolanti e direttamente applicabili nei singoli Stati membri, come i Regolamenti. Cfr. MARCO GESTRI, “Sanctions Imposed by the European Union: Legal and Institutional Aspects”, in RONZITTI (a cura di), Coercive Diplomacy, Sanctions and International Law, 101. Inoltre, si vedano: MARISE CREMONA e BRUNO DE WITTE (a cura di), EU Foreign Relations Law: Constitutional Fundamentals (Oxford: Hart Publishing 2008); MARISE CREMONA, “Defining competence in EU external relations: lessons from the Treaty reform process”, in ALAN DASHWOOD e MARC MARESCEAU (a cura di), Law and Practice of EU External Relations (Cambridge, 2008); GEERT DE BAERE, Constitutional Principles of EU External Relations (Oxford, 2008); GIUSEPPE TESAURO, Diritto dell’Unione Europea, 7° edizione (Cedam, 2012); MARIA EUGENIA BARTOLONI, Politica estera e azione esterna dell’Unione europea (Editoriale Scientifica, 2012); JAN WOUTERS ET AL., The Law of EU External Relations. 2° ed. Oxford, 2015; ANTONIO MISSIROLI, “The New EU ‘Foreign Policy’ System after Lisbon: A Work in Progress”, in European Foreign Affairs Review, vol. 15, n°4 (2010), 427-52.
26 Argomentando dalla prassi dell’Onu e dal suo essenziale contributo nella definizione dello jus cogens, il diritto internazionale ha recepito l’obbligo di escludere ogni effetto extraterritoriale per gli atti di governo adottati nei territori occupati con l’uso della forza militare, ad esempio negando il riconoscimento delle sentenze giudiziarie in essi pronunciate o non applicando, per il tramite delle proprie norme di diritto internazionale privato, le leggi in essi emanate. Il fine di tale obbligo, dunque, è l’isolamento “giuridico” dei territori occupati, nel caso in cui sia la maggioranza dei Membri della comunità internazionale a negare la legittimità di tale acquisizione territoriale. L’applicazione del principio ex iniuria ius non oritur integra pertanto l’elemento giuridico della più ampia fattispecie politica del “non-riconoscimento”, come sanzione perpetrata nei confronti di situazioni de facto scaturite dalla violazione di un obbligo erga omnes sancito dal diritto internazionale e, specialmente, nel caso dell’uso illecito della forza a discapito dell’integrità territoriale di uno Stato sovrano. Ne è stata un celebre esempio la “Stimson Doctrine”, inaugurata nel 1932 dall’allora segretario di Stato americano in reazione alla crisi della Manciuria tra Giappone e Cina. Gli artt. 40-41 dei Draft Articles, a loro volta, recepiscono l’obbligo per tutti gli Stati di non cooperare con il paese autore di violazioni gravi e sistematiche delle norme cogenti internazionali, non riconoscendocome valida la situazione scaturente dall’illecito e tenendo verso lo Stato ritenuto responsabile un comportamento qualificabile come “ritorsione”. Ad ogni modo, nonostante i tentativi profusi fin dal periodo tra i due conflitti mondiali allo scopo di limitare il valore del principio di effettività e delegittimare le acquisizioni territoriali ottenute con il ricorso alla forza militare (o tramite altre gravi violazioni delle norme internazionali), la consuetudine appare tuttavia ancora oggi orientata a riconoscere l’acquisto della piena sovranità territoriale in conseguenza del solo effettivo e consolidato esercizio indipendente del potere di governo nell’ambito di un determinato MATTEO FULGENZI 5
limitato, nel medio-lungo termine, l’accesso ai propri mercati primario e secondario dei capitali per le maggiori istituzioni finanziarie controllate dallo Stato russo e le loro affiliate (Sberbank Rossiy, Vneshtorgbank – Vtb, etc.) così come per le principali aziende statali russe nel campo energetico e della difesa (Gazprom, Rosneft, Oboronprom, etc.). L’Unione, inoltre, ha introdotto il divieto totale di export e import di materiale bellico (export and import ban on trade in arms)27 nei confronti della Russia, congiuntamente alla proibizione dell’export verso Mosca di manufatti cd. dual-use nonché di prodotti e servizi tecnologici per il settore energetico, l’estrazione di idrocarburi e l’esplorazione di nuovi giacimenti28. A causa dell’incalzante crisi geopolitica, la normale interazione istituzionale tra i capi di Stato e di governo, i ministri e gli altri alti funzionari dell’Ue e della Federazione Russa è stata dunque sospesa con la cancellazione del summit Russia-Ue previsto a Sochi nel giugno 201429. Sono pertanto seguite la sospensione dei colloqui bilaterali in materia di liberalizzazione del regime dei visti30 e l’interruzione delle negoziazioni in vista della firma del nuovo Accordo Apc31 tra l’Unione europea e la Federazione Russa, insieme alla sospensione delle trattative per l’ingresso di Mosca nell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse)32 e nell’Agenzia internazionale per l’energia (Iea)33, precedentemente intraprese con il supporto dell’Ue.
Tra le ulteriori misure di carattere diplomatico adottate dall’Unione europea nei confronti della Russia, è stato inoltre previsto l’invito a interrompere le normali relazioni bilaterali con Mosca, rivolto dall’Ue a tutti i suoi Stati membri34, nonché l’esortazione, concernente la necessità e l’importanza strategica della
territorio. Cfr.: CONFORTI e IOVANE (a cura di), Diritto internazionale, 209-10 e 435; ONU, CDI, “Draft Articles on Responsibility of States for Internationally Wrongful Acts, with commentaries”, 2001; ONU, ASSEMBLEA GENERALE, Risolu-zione 68/262, Territorial integrity of Ukraine, 27 marzo 2014; HOUSE OF LORDS, Judgments – Kuwait Airways Corp. v Iraqi Airways Co. and Others (UKHL 19), 16 maggio 2002.
27 Autorevole dottrina (Iovane) riconosce una regola consuetudinaria invalsa nei confronti di tutte le violazioni delle norme internazionali cogenti, consolidatasi nel senso di vietare agli Stati la fornitura di armi e assistenza militare allo Stato riconosciuto come autore della violazione, anche in deroga ad accordi precedenti. Cfr. CONFORTI e IOVANE (a cura di), Diritto internazionale, 435. In merito, inoltre, è possibile richiamare il testo dell’art. XXI:(b)(ii) Gatt, il quale contempla espressamente tra le Security Exceptions la possibilità per il Membro dell’Omc di adottare le misure «which it considers necessary for the protection of its essential security interests […] relating to the traffic in arms, ammunition and implements of war and to such traffic in other goods and materials as is carried on directly or indirectly for the purpose of supplying a military establishment». 28 UE, CONSIGLIO, Decisione 2014/512/Pesc, 31 luglio 2014 “Concerning restrictive measures in view of Russia’s actions destabilising the situation in Ukraine”, in Official Journal of the European Union, L 229/13, 31 luglio 2014; UE, CONSIGLIO, Regolamento n°833/2014, 31 luglio 2014, “Concerning restrictive measures in view of Russia’s actions destabilising the situation in Ukraine”, in Official Journal of the European Union, L 229/1, 31 luglio 2014.
29 UE, CONSIGLIO, Timeline – Eu restrictive measures in response to the crisis in Ukraine, ult. agg.: 1° ottobre 2020.
30 I negoziati tra l’Ue e la Federazione Russa in riferimento a un possibile accordo sulla progressiva abolizione del regime dei visti, erano già stati conclusi il 15 dicembre 2011 ad esito di un vertice Ue-Russia, con la previsione di alcuni «punti comuni» e di una «tabella di marcia» per la reciproca esenzione dal visto. Tuttavia, Bruxelles e Mosca avevano riconosciuto la presenza di alcune criticità come ad esempio quella rappresentata dai confini “aperti” tra la Russia e il Kazakhstan. Ad ogni modo, le Parti confidavano di poter formalizzare un primo accordo già nel gennaio 2014. Cfr. DAMEN, “Russia”, 1 e 4.
31 L’Apc è soggetto a estensione automatica su base annuale in caso di mancata conclusione di un nuovo accordo tra le Parti. L’Apc, infatti, era addivenuto a scadenza già nel 2007 in virtù della sua originaria validità decennale.
32 Cfr. OCSE, Statement by the Oecd regarding the status of the accession process with Russia & co-operation with Ukraine, 13 marzo 2014, http://www.oecd.org/newsroom/statement-by-the-oecd-regarding-the-status-of-the-accession-process-with- russia-and-co-operation-with-ukrai ne.htm
33 UE, CONSIGLIO, Eu restrictive measures in response to the crisis in Ukraine.
34 La decisione del Parlamento europeo d’interrompere le relazioni interparlamentari con l’Assemblea federale russa (conformemente alle misure restrittive di carattere diplomatico adottate dall’Ue in reazione alla crisi ucraina) ha ulteriormente ridotto gli spazi di dialogo tra l’Ue e la Federazione Russa a partire dal 2014, prevedendo come unica eccezione quella relativa alla delegazione presso la Commissione parlamentare di cooperazione bilaterale (unitamente ai canali di interazione con i rappresentanti della società civile russa, le Ong e i media). Inoltre, l’elenco dei soggetti sottoposti a misure restrittive mirate da parte dell’Ue include i presidenti delle due camere dell’Assemblea federale russa (la Duma di Stato e il Consiglio della Federazione), nonché il Presidente in carica della delegazione russa presso la Commissione di cooperazione parlamentare Ue- Russia. Cfr. DAMEN, “Russia”, 5.
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riduzione della dipendenza energetica dei paesi dell’Ue e della stessa Ucraina dalle importazioni di idrocarburi dalla Federazione Russa, indirizzata dal Parlamento europeo agli Stati dell’Unione. Con la Risoluzione 2014/2699(RSP), infatti, l’assemblea parlamentare dell’Ue:
«[…] welcomes the initial measures adopted by the Commission to enable Ukraine to tackle an energy crisis should Russia cut gas supplies to the country, and urges the Council and the Commission to assist and support Kyiv in its efforts to resolve the long-standing gas dispute with Moscow; stresses the urgent need for a strong common energy security policy (an Energy Union), with the aim of reducing the EU’s dependency on Russian oil and gas, including the diversification of energy supply, the full implementation of the Third Energy Package and the possibility of suspending gas imports when necessary; takes the view that the South Stream pipeline should not be built, and that other sources of supply should be made available; is convinced that EU assistance to Ukraine in securing reverse-flow supply through further diversification, enhanced energy efficiency and effective interconnections with the EU will strengthen Ukraine against political and economic pressures; recalls, in this connection, the strategic role of the Energy Community, of which Ukraine holds the presidency in 2014 […]»35.» (pagg 56-60)
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«Ad ogni modo, è importante sottolineare come le esportazioni di gas russo verso l’Unione europea non siano state direttamente colpite dal regime delle sanzioni varate da Bruxelles, e ciò in considerazione della notevole dipendenza dalle forniture russe di alcune delle maggiori economie dell’Ue36.» (pag. 66)
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«Il 16 luglio 2014 gli Usa37 hanno ulteriormente inasprito le loro sanzioni con l’emanazione delle Direttive di attuazione connesse all’Ordine esecutivo 1366238. Queste misure, peraltro non limitate nel tempo39, hanno vietato a tutti gli individui e gli operatori economici soggetti alla giurisdizione statunitense la conclusione di transazioni, la concessione di finanziamenti e, in generale, l’apertura di nuove linee di credito (superiori ai 90 giorni) in favore delle persone fisiche e giuridiche, operanti nei settori russi della difesa, dell’energia e della finanza, che figurano nella Sectoral sanctions identifications list40 (o riconducibili a soggetti o entità inclusi in tale Ssi) coinvolgendo, tra i vari soggetti colpiti, anche i due giganti del settore energetico russo Rosneft e Novatek, nonché due banche russe, Vneshekonombank – Veb e Gazprombank.
35 UE, PARLAMENTO EUROPEO, “Resolution of 17 April 2014 on Russian pressure on Eastern Partnership countries and in particular destabilisation of eastern Ukraine” (2014/2699(RSP)) [P7_TA(2014)0457], in Official Journal of the European Union, C 443/58, 22 dicembre 2017, § 28.
36 Cfr. MARCIN SZCZEPAŃSKI, Economic Impact on the Eu of Sanctions over Ukraine Conflict (Members’ Research Service EPRS European Parliamentary Research Service, ottobre 2015), 3.
37 Il Treasury’s Office for foreign assets control (Ofac) ha introdotto una nuova Sectoral sanctions identifications list (Ssi) in esecuzione dell’Executive Order 13662, che aveva autorizzato il varo delle sanzioni “settoriali” degli Usa contro la Russia. Cfr. JAMIE L. BOUCHER, KHALIL N. MAALOUF E LINDSEY F. RANDALL, “Sectoral Sanctions Add New Layer of Complexity to OFAC Sanctions”, in Skadden’s 2015 Insights – Financial Regulation (2015).
38 U.S. DEPARTMENT OF THE TREASURY, Ukraine-Russia-related Sanctions, 4 marzo 2019.
39 Non dotate, quindi, del carattere della “temporaneità” che, nel diritto internazionale, esprime la diretta connessione delle misure sanzionatorie al perdurare di una violazione del diritto (o del riconoscimento di una condotta come tale).
40 L’Ofac pubblica un elenco per identificare le persone e le entità operanti nei settori dell’economia russa, individuati dal segretario del Tesoro americano conformemente all’Executive Order 13662, alle quali si applicano i divieti previsti dalle direttive attuative. L’elenco Ssi non riguarda gli individui e le entità sottoposte alle misure di asset freeze e non coincide con la lista Sdn (Specially designated nationals), elaborata sempre ad opera dell’Ofac. Tuttavia, gli individui e le entità rientranti nell’elenco Ssi possono figurare anche nella lista Sdn.
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Le sanzioni americane41, inoltre, hanno previsto l’inibizione della vendita di armi42 e tecnologie dual-use43
verso la Russia, unitamente a un investment ban e a un embargo totale riguardante l’esportazione e
l’importazione di beni, tecnologie e servizi nei confronti della regione ucraina della Crimea44, considerata
alla stregua di un territorio militarmente “occupato” dalla Russia attraverso l’uso illegittimo della forza (in
maniera del tutto analoga a quanto deciso da parte europea). I successivi emendamenti apportati alle direttive
di attuazione hanno poi ulteriormente inasprito le restrizioni statunitensi in ambito finanziario,
coerentemente a quanto disposto dalle analoghe misure adottate da parte dell’Ue45. Le nuove misure varate
da Washington hanno quindi introdotto il divieto di ogni forma di finanziamento di medio-lungo periodo
destinato a persone e/o entità russe operanti nel settore finanziario e in quello energetico, con le sole
eccezioni previste in riferimento alle transazioni di breve termine ridotte entro i limiti, rispettivamente, di 14
giorni per i servizi finanziari46, di 30 giorni per il settore della difesa47 e di 60 giorni per il settore
dell’energia48. Le misure sanzionatorie, inoltre, hanno comportato l’interdizione delle esportazioni di beni,
tecnologie e servizi in supporto all’esplorazione di nuovi giacimenti e alla produzione di idrocarburi, con la
messa al bando di ogni forma di partecipazione in progetti afferenti alla ricerca e all’estrazione di idrocarburi
nelle acque profonde oltre i 150 metri e nella regione dell’Artico, nonché alla produzione di petrolio e gas
di scisto (shale oil/gas), che implichino il coinvolgimento di soggetti inclusi nell’elenco Ssi49. In seguito, gli
Stati Uniti hanno esteso i propri divieti a tutti i progetti rientranti nel settore energetico, condotti anche da
operatori esteri, che prevedano il potenziale coinvolgimento di entità della Federazione Russa o che possano
anche solo destare un sostanziale interesse da parte di aziende russe, all’interno o al di fuori del territorio della
Russia, procedendo dunque all’introduzione di sanzioni cd. “extraterritoriali”. Nel 2017, il Countering
America’s adversaries through sanctions Act (Caatsa)50 ha infatti disposto l’imposizione di uno stringente
regime di sanzioni secondarie contro qualsiasi attore economico, anche straniero, che effettui un investimento
idoneo a contribuire direttamente e significativamente all’aumento delle capacità della Federazione Russa nel
campo della realizzazione di gasdotti o di altre infrastrutture strategiche per l’esportazione di materie prime
51
energetiche . Il Caatsa, inoltre, ha introdotto sanzioni aggiuntive per i settori ferroviario, metallurgico e
minerario, alimentando quindi non pochi timori sulle possibilità di ulteriore estensione e, soprattutto, sulle difficili prospettive di rimozione di misure di tale portata. A partire dal 2014, infatti, le misure restrittive
41 L’aggettivo “americane”, naturalmente, è riferito per metonimia agli Usa (anche secondo il suo consueto utilizzo nel linguaggio corrente).
42 Il 27 marzo 2014, il Directorate of Defense Trade Controls (Ddtc) del Dipartimento di Stato americano ha bloccato l’emissione di licenze “Itar” (International Traffic in Arms Regulations) per l’esportazione in Russia di beni e servizi del settore della difesa. Cfr. LEIGH T. HANSSON ET AL., “Overview of the U.S. and EU Sanctions […]”, in ReedSmith Client Alert, 14- 255 (2014).
43 Il 6 agosto 2014, il Bureau of Industry and Security (Bis) del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha modificato l’Export Administration Regulations (Ear) per includere nell’atto le sanzioni nei confronti dei settori industriale, militare ed estrattivo della Federazione Russa come sezione 746.5. Ibid.
44 THE WHITE HOUSE, Executive Order 13685, 19 dicembre 2014.
45 Cfr. MORET ET AL., The new deterrent? international sanctions against Russia […], 30. 46 OFAC, Directive 1 as Amended Under Executive Order 13662, 29 settembre 2017.
47 OFAC, Directive 3 Under Executive Order 13662, 12 settembre 2014.
48 OFAC, Directive 2 as Amended Under Executive Order 13662, 29 settembre 2017.
49 OFAC, Directive 4 Under Executive Order 13662, 31 ottobre 2017.
50 U.S. DEPARTMENT OF THE TREASURY, Countering America’s adversaries through sanctions Act (Caatsa), firmato dal Presidente Usa il 2 agosto 2017.
51 THE WHITE HOUSE, Executive Order 13849, 20 settembre 2018. Cfr. GIUSEPPE DI LUCCIA, “Imprese italiane in Russia: che fare?”, in ISPI online, 1° marzo 2019, https://www.ispionline.it/ it/pubblicazione/imprese-italiane-russia-che-fare-22386. Gli Usa, nel 1948, avevano al contrario criticato il boicottaggio “secondario” attuato nei confronti di Israele dalla Lega Araba, la quale richiedeva – come condizione per la vendita del petrolio – che le società di Stati terzi non intrattenessero rapporti d’affari con Israele. In proposito, si vedano: RUYS, “Sanctions, Retorsions and Countermeasures”, 29; MEREDITH RATHBONE, PETER JEYDEL e AMY LENTZ, “Sanctions, sanctions everywhere: forging a path through complex transnational sanctions laws”, in Georgetown Journal of International Law, vol. 44 (2013), 1055-126.
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statunitensi sono state progressivamente rinnovate e intensificate in diverse occasioni52, adducendo perlopiù motivazioni di carattere decisamente ultroneo rispetto alle vicende strettamente afferenti alla crisi ucraina. Gli Stati Uniti, pertanto, hanno sottoposto il business53 e la finanza di Mosca ai propri provvedimenti restrittivi fin dal principio dello scontro sanzionatorio, infliggendo immediatamente un’ampia serie di sanzioni a un novero di soggetti ben più vasto rispetto a quanto previsto dalle misure adottate dall’Unione europea. Quest’ultima, infatti, pienamente cosciente della propria dipendenza dalla Russia in campo energetico, aveva in principio optato per un approccio più prudente e aperto al dialogo54, mirando comunque al recupero dei canali diplomatici con il Cremlino e cercando di colpire, con i propri provvedimenti, esclusivamente i soggetti ritenuti coinvolti nelle azioni di destabilizzazione dell’Ucraina.» (pagg. 69-72)
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«Questa non è certamente la prima volta che gli Stati Uniti attribuiscono una valenza extra-territoriale alle proprie sanzioni55, basandosi sul ruolo privilegiato del dollaro come valuta di riserva internazionale e sull’appetibilità del mercato interno americano per le imprese di tutto il mondo. Già nel 1981, infatti, il dipartimento per il Commercio degli Usa aveva imposto sanzioni di portata extraterritoriale allo scopo di contrastare la costruzione del gasdotto Trans-Siberiano tra la Comunità europea e l’allora Unione Sovietica. Questi provvedimenti, infatti, erano principalmente rivolti nei confronti delle aziende europee che intendevano essere coinvolte nella realizzazione del progetto56.» (pag. 75)
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«Pur in assenza di un diretto collegamento di tali soggetti con la crisi ucraina, i provvedimenti americani hanno incluso nella lista delle sanzioni nuovi esponenti del governo russo insieme ai dirigenti delle maggiori aziende statali della Russia («17 senior Russian government officials»57), tra i quali Alexey Miller, il Ceo del gigante del gas Gazprom. Tutto ciò, peraltro, è avvenuto in palese antitesi rispetto alla filosofia sanzionatoria fin dal principio espressa da parte dell’Ue la quale, per chiari motivi geoeconomici, aveva mantenuto il settore strategico del gas indenne dall’imposizione di restrizioni relative al breve periodo. Secondo l’amministrazione statunitense: «those who profit from this corrupt system will no longer be insulated from the consequences of their government’s destabilizing activities»58.» (pagg. 90-91)
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52 Cfr.: THE WHITE HOUSE, “Executive Order on the President’s Continuation of the National Emergency with Respect to Ukraine”, in Foreign Policy, 2 marzo 2018 [decisione rinnovata il 4 marzo 2019 e il 25 febbraio 2020]; THE WHITE HOUSE, Executive Order 13883, 1 agosto 2019.
53 Cfr. MIKAEL ERIKSON, “West’s Sanctions against Russia: Grand Strategy in the Making?”, in RUFS Briefing Swedish Defence Research Agency (maggio 2014).
54 Cfr. MORET ET AL., The new deterrent? international sanctions against Russia over the Ukraine crisis Impacts, Costs and Further Action, 31.
55 Ciò, in generale, ha permesso agli Usa di far valere la propria “strategic suasion” nei confronti dei paesi di tutto il mondo perché aderissero alle sanzioni statunitensi in chiave anti-terrorismo e, in seguito, anche alle misure adottate nei confronti di Iran, Libia e Corea del Nord. Cfr. JUAN ZARATE, Treasury’s War: The unleashing of a New Era of Financial Warfare (New York: PublicAffairs, 2013).
56 Cfr. GARY H. PERLOW, “Taking Peacetime Trade Sanctions to the Limit: The Soviet Pipeline Embargo”, in Case Western Reserve Journal of Law, 15:2 (1983).
57 Ibid.
58 Cfr. HARRIS GARDINER, “Trump Administration Imposes New Sanctions on Putin Cronies”, in The New York Times, 6 aprile 2018.
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«Non a caso, in diversi paesi europei, la convinzione che gli Stati Uniti possano utilizzare le sanzioni come uno strumento al servizio della propria strategia protezionistica59, in mercati come quelli dell’alluminio e del gas, è già da tempo più che un mero sospetto60.» (pag. 93)
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«Nel 2017, inoltre, la Commissione europea non ha tardato a esprimere la propria preoccupazione per le nuove sanzioni introdotte da Washington contro la Federazione Russa. In questo caso particolare, infatti, cinque società dell’Ue61 coinvolte in una collaborazione con Gazprom, il colosso russo produttore ed esportatore di gas, per la realizzazione del gasdotto Nord Stream 262 (attività consentita dalla normativa dell’Unione europea63) potrebbero incorrere nelle pesanti sanzioni secondarie previste dagli Stati Uniti i
59 Sul tema della strumentalizzazione in chiave protezionistica, da parte degli Stati, delle misure sanzionatorie internazionali adottate in ambito economico-commerciale, cfr. JENS ADOLPHSEN, “The Conflict of Laws in Cartel Matters in a Globalised World: Alternatives to the Effects Doctrine”, in JPrIL, vol. 1, n°1 (aprile 2005), 151-83.
60 Cfr. KLUGE, “Taking Stock of U.S. Sanctions on Russia”.
61 L’austriaca Omv, la britannico-olandese Royal Dutch Shell, le tedesche Uniper e Wintershall, la francese Engie e l’italiana Saipem. A queste si aggiunge l’elvetica Allseas SA, proprietaria di navi ad hoc per la posa di metanodotti sottomarini la quale, tuttavia, ha annunciato il proprio ritiro dal progetto in seguito al varo delle sanzioni extraterritoriali statunitensi in riferimento alla realizzazione del gasdotto Nord Stream 2, con l’opera già completa al 94% e circa sei miliardi di euro già spesi per il suo completamento. Cfr. PATRICK DONAHUE e MATTHEW MILLER, “U.S. says sanctions mean Russia can’t finish Nord Stream 2 pipeline”, in World Oil, 16 febbraio 2020.
62 In seguito all’interruzione del progetto South Stream, ufficializzata all’inizio del dicembre 2014 dal Presidente russo Putin, Gazprom ha liquidato le quote dei soci del consorzio che avrebbe dovuto procedere alla realizzazione del gasdotto tra la Russia e l’Unione europea attraverso il Mar Nero e i Balcani, rifondendo e remunerando al tasso d’interesse pattuito i capitali investiti da parte dei partner europei. L’italiana Eni, a fronte dei circa 300 milioni di euro investiti nel progetto, deteneva il 20% della società South Stream Transport B.V. (Sstbv), la consociata olandese creata ad hoc per la realizzazione dell’infrastruttura. Il 50% delle quote di Sstbv si trovava, invece, sotto il controllo diretto della russa Gazprom. Il colosso russo del gas, di conseguenza, ha concordato il riacquisto anche dei pacchetti di quote, ciascuno del 15%, detenuti dalla tedesca Wintershall Holding e dalla francese Edf. Ad ogni modo, il progetto South Stream è stato solo una delle soluzioni concepite dalla Russia per aggirare il territorio dell’Ucraina nella fornitura di gas ai paesi europei e ampliare il proprio bargaining power nelle controversie politiche ed economiche con il governo di Kiev. Entro la fine del 2019, infatti, era già stato pianificato il completamento del gasdotto Nord Stream 2, ovvero il raddoppio della pipeline che collega i terminal russi sul Mar Baltico con la Germania, lungo un percorso di 1200 km. Il nuovo gasdotto prevede una portata annua di 55 miliardi di metri cubi di gas e complessivamente, insieme al Nord Stream, trasporterà 110 miliardi di metri cubi. Cfr. “South Stream, dopo lo stop al gasdotto Gazprom ricompra le quote di Eni”, Il Fatto Quotidiano, 29 dicembre 2014; PAOLO MAURI, “Putin sta vincendo la guerra del gas: nuove risorse per battere gli Usa”, in InsideOver, 31 gennaio 2018; “Eni cede a Gazprom la sua quota nel gasdotto South Stream (20%)”, Il Sole 24 Ore, 29 dicembre 2014.
63 Tuttavia, anche il Tribunale dell’Unione europea ha recentemente imposto un nuovo ostacolo alla realizzazione del gasdotto Nord Stream 2, dichiarando l’irricevibilità dei ricorsi presentati dalla Nord Stream 2 Ag, la società svizzera interamente controllata dalla russa Gazprom che gestisce l’avanzamento del progetto. I lavori di completamento del gasdotto versano al momento in una situazione di impasse dovuta al varo delle sanzioni statunitensi che, minacciando direttamente gli operatori coinvolti nella costruzione del gasdotto, hanno di fatto causato il congelamento dell’opera. Nella sua decisione, il Tribunale dell’Ue ha ritenuto che Nord Stream 2 Ag «[is] not directly concerned» dalle modifiche apportate alla Direttiva 2009/73 dalla Direttiva 2019/692 che ha esteso le regole del mercato interno del gas ai gasdotti che hanno origine in paesi terzi. Tali direttive, infatti, sono state indirizzate ai singoli Stati membri dell’Ue per essere recepite e applicate con una certa discrezionalità. Infatti, «[…] it is only through the intermediary of the national measures transposing that directive that the Member States will adopt or have adopted that operators such as those who have brought the actions in question will be or are subject (under the conditions agreed on by those Member States) to obligations under Directive 2009/73, as amended. Regarding the national transposing measures which are intended, as from 24 February 2020, to make the obligations under Directive 2009/73, as amended, binding with regard to operators, the Member States have a margin of discretion. Moreover, according to the amending directive, the national regulatory authorities may, under certain conditions, decide to grant exemptions or derogations from certain provisions of Directive 2009/73, as amended, to major new gas infrastructure, on the one hand, and to gas transmission lines between the Member States and third countries completed before 23 May 2019». Dunque, «[…] it is open to [Nord Stream 2 AG] to request a derogation or exemption from the German regulatory authority and, as the case may be, to challenge that authority’s decision before a German court by claiming that the amending directive is invalid and causing that court to put questions to the Court of Justice by way of a reference for a preliminary ruling regarding the validity of the MATTEO FULGENZI 10
quali, al contrario, osteggiano risolutamente la realizzazione di tale infrastruttura tra l’Ue e la Federazione Russa attraverso l’imposizione di massicce restrizioni al settore energetico russo. Sarà quindi necessario attendere l’evoluzione degli eventi e verificare se gli Stati Uniti, alla fine, provvederanno effettivamente all’adozione di misure secondarie nei confronti delle imprese dell’Ue, attive nella costruzione del gasdotto, che non dovessero interrompere i lavori di realizzazione dell’infrastruttura così come intimato da parte americana. In tale ultima evenienza, inoltre, non potrà che rivelarsi fondamentale comprendere a quali provvedimenti concreti possa di conseguenza fare ricorso Bruxelles in reazione all’imposizione delle sanzioni extraterritoriali da parte degli Stati Uniti64. Gli Usa, invero, ritengono che il raddoppio del gasdotto Nord Stream (già esistente) possa incrementare la dipendenza dei paesi dell’Ue dal gas russo, e ciò a scapito degli impegni assunti da Bruxelles nei confronti di Washington in merito all’importazione di gas naturaleliquefatto (Gnl) dagli Stati Uniti65. Il nuovo gasdotto, attraversando il Mar Baltico in acque russe, finlandesi, svedesi, danesi e tedesche, elude inoltre il territorio dei cd. paesi di Visegrád (Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria), degli Stati baltici e dell’Ucraina, ossia di alcuni dei paesi del continente europeo più legati agli Usa attraverso la Nato. In tal senso, dunque, la realizzazione del Nord Stream 2 sembrerebbe porre un problema strategico ancor più che economico. Un fatto, quest’ultimo, che verrebbe pertanto confermato anche dalla constatazione che le potenziali sanzioni extraterritoriali nei confronti degli operatori
amending directive». Le ordinanze del Tribunale dell’Ue (casi T-526/19 e T-530/19), in effetti, seguono a stretto giro la decisione dall’Agenzia federale tedesca per le reti (BNetzA) di respingere l’istanza di deroga presentata dal consorzio Nord Stream 2 Ag in merito all’applicazione delle direttive dell’Ue sul gas. La BNetzA ha fondato le proprie determinazioni sulla base della mancata ultimazione dell’opera entro il termine dell’ultima data utile per il completamento (il 23 maggio 2019), individuata sia dalla Direttiva dell’Ue sia dalla legge tedesca che ne ha recepito le disposizioni ai fini della concessione di eventuali esenzioni dai vincoli stabiliti dalle nuove disposizioni. Secondo Nord Stream 2 Ag, per usufruire di tale esonero sarebbe stato al contrario sufficiente aver portato a termine gli impegni relativi al progetto entro la data del 23 maggio 2019. In particolare, il consorzio controllato da Gazprom ha comunicato alla BNetzA di aver effettuato «investimenti irrevocabili per un valore di miliardi di euro molto prima che la Commissione europea annunciasse il suo piano di modificare la direttiva sul gas» e che il rispetto dei nuovi requisiti previsti dalle disposizione dell’Ue, ovvero il frazionamento della proprietà e gli obblighi in materia di trasparenza delle tariffe, «[…] will lead to significant changes in its case since, in order to comply with them, it must sell the whole of the Nord Stream 2 pipeline or entirely alter its organisational and business structure, which fundamentally weakens the basis for funding that infrastructure, funding with which, moreover, European undertakings have been associated». Nord Stream 2 Ag, ha già dichiarato di essere intenzionata a presentare ricorso avverso la decisione del Tribunale dell’Ue, ritenendo che il giudice comunitario, soffermandosi su questioni meramente procedurali, non abbia considerato nel merito la vicenda e, in particolare, non abbia tenuto conto del fatto che «indipendentemente dal fatto che la sezione del gasdotto tedesco sia regolamentata o meno, solo il gas di Gazprom viene trasportato tramite Nord Stream 2». Inoltre, in caso di impugnazione della decisione della BNetzA in Germania, spetterebbe al tribunale tedesco chiedere alla Corte di Giustizia dell’Ue di pronunciarsi sulla deroga. Tutto ciò, ad ogni modo, non potrà che dilazionare ulteriormente i tempi di realizzazione del gasdotto. Già nel settembre 2019, il Tribunale dell’Ue (sentenza sul caso T-883/16 Poland v Commission) aveva annullato la Decisione C(2016) 6950 della Commissione europea del 28 ottobre 2016, che esentava Gazprom dai limiti di utilizzo della capacità del gasdotto Opal (la linea terrestre del Nord Stream in territorio tedesco) previsti dalle norme anti-monopolio dell’Ue. Il giudice dell’Unione, in tale occasione, aveva ritenuto che «the 2016 decision was adopted in breach of the principle of energy solidarity». Questa sentenza ha aumentato esponenzialmente il peso geopolitico della realizzazione del Nord Stream 2, dal momento che la perdita del monopolio sul gasdotto Opal costringe Gazprom ad avvalersi di gasdotti alternativi (come quelli ucraini) per continuare a soddisfare la domanda dei propri acquirenti europei e, pertanto, riduce sensibilmente la possibilità, da parte di Mosca, di rimodulare o eventualmente interrompere il transito di gas verso l’Europa attraverso l’Ucraina al fine di esercitare pressioni su Kiev. Cfr.: TRIB. DELL’UE, “The General Court of the European Union declares that the actions brought by Nord Stream AG and Nord Stream 2 AG against Directive 2019/692, which extends certain rules of the internal market in natural gas to pipelines from third countries, are inadmissible”, in Press release, n°62/20, 20 maggio 2020; SPERANDIO, “Nord Stream 2, a fine maggio il round finale sul gasdotto”; “Energia: sentenza Corte di giustizia Ue ‘congela’ il progetto del gasdotto Nord Stream 2”, Agenzia Nova, 21 maggio 2020; “Direttiva gas, Corte Ue respinge i ricorsi di Nord Stream”, Quotidiano Energia, 22 maggio 2020; TRIB. DELL’UE, “The General Court annuls the Commission decision approving the modification of the exemption regime for the operation of the OPAL gas pipeline”, in Press release, n°107/19, 10 settembre 2019; FRANCESCO DE PALO, “L’euroschiaffo a Gazprom sul gas riavvicina Mosca e Kiev?”, in Formiche.net, 11 settembre 2019. 64 Cfr. MARTIN RUSSEL, “EU sanctions: A key foreign and security policy instrument”, in Briefing – EPRS European Parliamentary Research Service (maggio 2018).
65 Cfr. FABIO LUGANO, “Nord stream 2: gli USA sconfitti in questa battaglia per il gas non reagiranno?”, in Scenarieconomici.it, 31 ottobre 2019.
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coinvolti nella costruzione dell’opera, già nel dicembre 2019, siano state previste dal Senato americano nel quadro del National Defense Authorization Act (Ndaa), ossia dell’atto legislativo che definisce il budget annuale del dipartimento della Difesa degli Usa66. In questo contesto, ad ogni modo, è utile ricordare come la Danimarca abbia comunque provveduto, nell’ottobre 2019, a concedere i permessi che risultavano necessari per l’ultimazione del tratto ancora incompiuto dell’infrastruttura e come, al contempo, Mosca si sia dichiarata in possesso delle capacità tecnico-ingegneristiche che le permetterebbero in ogni caso di portare a termine, anche in totale autonomia, la costruzione dell’imponente gasdotto Nord Stream 267. Washington, allo scopo di reagire a tali prese di posizione, potrebbe infatti giungere all’adozione di sanzioni aggiuntive nei confronti degli attori coinvolti nel progetto68, nonché inasprire ulteriormente la sua attuale politica di contenimento del surplus commerciale dell’Ue verso gli Stati Uniti69.
66 Cfr. MANLIO DINUCCI, “Strategie americane e costi nostri nella nuova guerra dei gasdotti”, in Il Manifesto – Internazionale, 22 dicembre 2019.
67 Il riferimento è alla nave posatubi russa Akademik Chersky, attualmente impegnata nelle acque dell’estremo oriente della Russia nonché l’unica della flotta di Mosca in grado di portare a termine la costruzione del gasdotto Nord Stream 2. Cfr.: “Nord Stream 2, per il Cremlino la Russia ha le capacità tecniche per portare a termine il progetto”, Sputnik News, 26 dicembre 2019; ALESSANDRO SPERANDIO, “Nord Stream 2, a fine maggio il round finale sul gasdotto”, in EnergiaOltre, 27 aprile 2020.
68 L’espressione «facilitating deceptive or structured transactions», utilizzata nel testo del Defense Budget americano (Ndaa) per allargare la platea dei comportamenti sanzionabili da parte degli Usa in via extraterritoriale, appare ad ogni modo già sufficientemente onni-comprensiva in quanto idonea, nell’interpretazione offerta dall’Ofac, ad aggiungere ai soggetti direttamente coinvolti nelle operazioni di costruzione del gasdotto e nella fornitura della strumentazione a ciò necessaria anche tutti gli operatori che possano indirettamente contribuire all’approvvigionamento di beni e/o servizi finalizzati alla realizzazione del Nord Stream 2 nelle acque del Baltico. Cfr. JAMES LINDOP, ZIA ULLAH e MONIKA ZEJDEN-ERDMANN, “Update on recent US sanctions developments – Nord Stream 2 sanctions and Exxon Mobil decision”, in Eversheds-sutherland.com, 29 gennaio 2020.
69 Sul tema, sicuro rilievo assumono le vicende che il 14 ottobre 2019 hanno portato l’Omc ad autorizzare l’imposizione, da parte degli Stati Uniti, di dazi per 7,5 miliardi di dollari americani sulle esportazioni dall’Unione europea verso gli Usa, in qualità di «giusta ritorsione» (i.e.: contromisure) per l’aiuto economico che l’Unione europea avrebbe quindi illegittimamente fornito alla società aerospaziale Airbus nello sviluppo e nel lancio sul mercato di alcuni suoi modelli (A380 e A350). La decisione dell’Omc interviene nella definizione di una controversia che ha visto le due sponde dell’Atlantico contrapporsi per 15 anni. Nel 2004, infatti, gli Stati Uniti hanno accusato le allora Comunità europee e alcuni Stati membri (Regno Unito, Francia, Germania e Spagna) di aver illegalmente sussidiato fin dagli anni ’70 Airbus, società partecipata dai governi degli Stati dell’Ue coinvolti nella disputa, con aiuti di Stato per un ammontare di 22 miliardi di dollari, considerati illegittimi in base alle norme del Gatt-1994. Questo, di conseguenza, avrebbe causato un danno alla compagnia americana Boeing, diretta concorrente di Airbus nel mercato mondiale dell’industria aeronautica. Il 2004, come ha riferito il Financial Times, è stato tra l’altro il primo anno in cui Airbus ha superato Boeing nei volumi totali di vendita. Le European Communities, pertanto, hanno replicato all’iniziativa statunitense nel 2005, presentando all’Omc un ricorso speculare in relazione agli aiuti illegittimi che gli Stati Uniti avrebbero garantito a Boeing, per un totale di 23 miliardi di dollari. In base alla lista diffusa dall’Ustr nell’ottobre 2019, quindi, diversi prodotti Made in Italy sono stati colpiti dai dazi americani. Sono stati imposti, infatti, dazi al 25% su liquori e cordiali (ma non sul vino italiano), formaggi (caprini e vaccini), prosciutti e affini oltre che su alcuni succhi di frutta. Un dato preoccupante, dunque, per le aziendeitaliane se si considera che, nel 2018, l’export complessivo dell’Italia verso gli Stati Uniti ha raggiunto il valore complessivo di 42,45 miliardi di euro. I prodotti dell’agroalimentare italiano, ad ogni modo, sono stati “risparmiati” dai successivi rounds di revisione della lista dei dazi degli Usa che, a partire dal marzo 2020, hanno principalmente riguardato l’innalzamento dal 10% al 15 % dei dazi sui velivoli fabbricati da Airbus e l’inasprimento delle imposizioni tariffarie su varie tipologie di merci importate dai paesi dell’Ue aderenti al consorzio. Tuttavia, mentre già nel luglio 2020 l’Ue e gli Stati membri interessati si adeguavano pienamente alla decisione dell’Omc sul caso DS316 (eliminando quindi i presupposti per il mantenimento delle contromisure degli Usa) il 26 ottobre 2020, in merito al caso DS353, il Dsb ha formalmente autorizzato l’Ue ad adottare contromisure contro gli Usa in risposta ai sussidi illegali concessi alla Boeing, permettendo così l’imposizione di dazi nei confronti di prodotti statunitensi fino al valore di quattro miliardi di dollari. Lo stallo nella nomina dei giudici dell’Organo d’appello dell’Omc, con l’impossibilità di sostituire due dei tre giudici in scadenza a causa del disaccordo tra Usa, Cina e Ue (coincidenza, tra l’altro, forse non del tutto casuale), segna tuttavia un momento di grave crisi nella vita dell’Omc, con lo scontro Boeing v. Airbus tra Stati Uniti e Unione europea che rischia di non poter trovare per il momento una soluzione definitiva. In merito, il Commissario europeo al commercio, Cecilia Maelstrom, ha pertanto sottolineato (la necessità di evitare) il rischio che l’Omc possa divenire “secondario”. Cfr.: “Come nasce la decisione del Wto sui dazi Usa e quanto peserà sull’Italia?”, Agi.it, 04 ottobre 2019; FABIO LUGANO, “Fine delWTO? Senza nuovi giudici diventerà irrilevante”, in Scenarieconomici.it, 10 dicembre 2019; OMC, DISPUTE SETTLEMENT, DS316: European Communities and Certain member States – Measures Affecting Trade in Large Civil Aircraft, 30 giugno 2010 (adopted, 1 giugno 2011); OMC, DISPUTE SETTLEMENT, Report dell’Organo d’appello, DS316: European Communities and Certain member States – Measures Affecting Trade in Large Civil Aircraft, 18 maggio 2011 (adopted, 1 giugno 2011), https://www.wto.org/english/tratop_e/ dispu_e/cases_e/ds316_e.htm; OMC, DISPUTE SETTLEMENT, DS353: United States – Measures Affecting Trade in Large Civil Aircraft – Second Complaint, 31 marzo 2011 (adopted, 23 marzo 2012); OMC, DISPUTE SETTLEMENT, MATTEO FULGENZI 12
Rimane quindi aperta la questione relativa alle possibili misure di contrasto e compensazione che l’Unione europea potrebbe di conseguenza a sua volta introdurre, tanto al fine di tutelare i propri soggetti economici da questa eventuale nuova ondata di sanzioni extraterritoriali degli Usa quanto allo scopo di “punire” gli Stati Uniti per la loro ingerenza in un contesto che, in questo caso, vede come non mai in prima linea gli interessi energetici della Germania70, ossia del paese che di fatto rappresenta l’asse portante dell’intera architettura politica ed economica dell’Unione. Sebbene una reazione diretta e speculare (e.g.: un adeguamento della Blocking Regulation) nei confronti delle sanzioni Usa, benché non da escludere, appaia in questo caso comunque improbabile a causa dell’elevata “tossicità mediatica” che un qualsiasi tentativo di “proteggere” la Russia dagli Stati Uniti finirebbe verosimilmente per assumere nell’arena dell’agone politico europeo, l’ex-segretario di Stato americano, John Kerry71, ha recentemente dichiarato che l’introduzione, da parte dell’Ue, di un regime di “sanzioni sul carbonio” il quale, a titolo di rappresaglia “tariffaria” contro gli Stati Uniti, finirebbe con l’abbattersi sulle industrie ad alta intensità energetica come alluminio, acciaio e prodotti chimici, parrebbe ormai non essere più una questione di semplice probabilità («It’s not whether it’s going to happen –») ma, alla luce del Green Deal europeo presentato l’11 dicembre 201972, soltanto di tempo («– it’s going to happen »)73. In tale contesto, pertanto, risulta in ogni caso evidente il riferimento alla possibilità, ventilata da parte dell’Unione europea, di imporre sanzioni di matrice “ambientale”74 nei confronti dei soggetti coinvolti nella costruzione del nuovo gasdotto Keystone in via di realizzazione tra gli Stati Uniti e il Canada, un’opera fortemente contestata anche in ambito giudiziario75 da parte degli abitanti delle comunità rurali autoctone e degli ambientalisti di entrambi i paesi nordamericani.» (pagg. 95-100)
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«La Federazione Russa, ancora oggi, fornisce più di un terzo delle importazioni totali di greggio e soddisfa più del 70% del fabbisogno totale di gas naturale dei paesi europei dell’area Ocse76. La maggior parte delle esportazioni di materie prime energetiche della Federazione Russa (nel 2016, il 65% delle esportazioni di petrolio greggio e l’81% di quelle di gas naturale) è rivolta al mercato comune dell’Unione europea77, con la quale Mosca ha finora condiviso una profonda integrazione
Report dell’Organo d’appello, DS353: United States – Measures Affecting Trade in Large Civil Aircraft – Second Complaint, 12 marzo 2012 (adopted, 23 marzo 2012), https://www.wto.org/english/tratop_e/dispu_e/cases_e/ds353_e.htm; TIM HEPHER e ANDREA SHALAL, “WTO backs EU tariffs on $4 billion U.S. goods over Boeing subsidies: sources”, in Reuters, 30 settembre 2020; USTR, “Notice of Determination and Action”, in Federal Register, vol. 84, n°196, 9 ottobre 2019; MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI, “Nota dazi USA-UE”, in Informazioni sui mercati esteri, ult. cons. 26 ottobre 2020.
70 “‘Interferenza negli affari interni’: Germania critica sanzioni USA contro Nord Stream 2, Sputnik News, 21 dicembre 2019. 71 Cfr. ZACK COLMAN, “Europe threatens U.S. with carbon tariffs to combat climate change”, in Politico, 13 dicembre 2019. 72 UE, COMMISSIONE EUROPEA, “A European Green Deal”, in Priorities 2019-2014, ult. cons. 31 maggio 2020, https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal_ en.
73 Cfr. IVAN DANILOV, “Vendetta per il Nord Stream 2. Sanzioni UE contro gli USA? Una questione di tempo!”, in Sputnik News, 15 gennaio 2020.
74 Cfr. BOJAN PANCEVSKI e LAURENCE NORMAN, “Germany Calls for European Firewall Against U.S. Sanctions”, in Wall Street Journal, 27 dicembre 2019.
75 “Usa: Democratici chiedono revisione gasdotto Keystone dopo sversamento greggio”, Agenzia Nova, 19 novembre 2019; “Usa, giudice blocca la costruzione del Keystone XL, l’oleodotto della discordia voluto da Trump”, Rai News, 16 aprile 2020. 76 U.S. ENERGY INFORMATION ADMINISTRATION, Russia, 31 ottobre 2017, 1.
77 Le sanzioni occidentali (in particolare quelle dell’Ue) non intaccano direttamente il commercio di materie prime energetiche con la Federazione Russa. In valori assoluti, i volumi delle esportazioni russe di petrolio e gas naturale sono rimasti pressocché costanti, anche se il loro controvalore in dollari, a partire dal 2014, ha registrato una flessione a causa del calo del prezzo del greggio. Inoltre, la cooperazione internazionale con la Russia in campo energetico continua nell’ambito dei progetti non direttamente colpiti dalle sanzioni. Nel 2015, la britannica BP ha acquisito una quota del 20% nel giacimento di Taas-Yuriakh, situato nella Siberia orientale, oltre a promuovere una serie di joint venture con la russa Rosneft. Nel luglio 2017, la multinazionale americana Schlumberger, leader mondiale nel settore dei servizi petroliferi, ha annunciato l’intenzione di MATTEO FULGENZI 13
anche in riferimento al settore finanziario. Prima del varo delle sanzioni, con un totale del 9%78, la Russia rappresentava inoltre il secondo più grande mercato di sbocco per l’export dei prodotti dell’agricoltura europea, se si considera che nel 2013, a fronte degli 1,3 miliardi di dollari di produzione agricola dell’Ue acquistati dagli Stati Uniti, la Federazione Russa aveva assorbito ben 15,8 miliardi di dollari di esportazioni agricole provenienti dai paesi dell’Unione79. Gli scambi commerciali tra le due economie registrarono una forte crescita fino alla metà del 200880, al giungere delle prime avvisaglie della crisi finanziaria internazionale. A partire dal 2010, i volumi del commercio tra l’Ue e la Russia cominciarono a evidenziare una nuova ripresa, per poi raggiungere livelli record nel 201281. L’Unione europea, già allora prima fonte di Fdi per la Russia, si affermava dunque sempre più anche nelle vesti di principale destinazione per gli investimenti esteri russi82. Macchinari industriali, mezzi di trasporto leggeri e pesanti, manufatti elettrotecnici, preparati chimici e prodotti farmaceutici dominano storicamente l’export dei paesi europei verso la Federazione Russa83, con un valore complessivo che nel 2014 si attestava sui 103 miliardi di dollari84. La Russia, dal canto suo, garantisce all’Ue l’approvvigionamento di materie prime, petrolio (greggio e raffinato) e gas naturale85. Il settore finanziario russo, profondamente integrato con quello europeo86, ha quindi ovviamente risentito dell’introduzione del regime delle sanzioni87. Tuttavia, nonostante la grave crisi delle reciproche relazioni a livello politico, anche dopo l’imposizione delle sanzioni l’Unione europea ha conservato il ruolo di principale partner commerciale della Federazione Russa88, mentre la Russia è rimasta uno dei maggiori acquirenti di prodotti europei a livello mondiale89. Appare comunque chiaro come la contrapposizione tra l’Unione europea e la Russia sulla questione ucraina abbia posto in evidenza la sensibilità delle relazioni commerciali, tra alcuni dei principali attori della scena internazionale, all’insorgere di uno scontro geopolitico di simile gravità. Tutto ciò, pertanto,
acquistare una quota azionaria di controllo nella più grande società russa nel campo delle trivellazioni per l’estrazione di idrocarburi. Tuttavia, la capacità della Federazione Russa di sviluppare ulteriormente le proprie potenzialità estrattive e di sfruttare nuovi giacimenti risente fortemente dell’impatto delle sanzioni e, nel lungo termine, potrebbe risultare difficile per Mosca mantenere gli attuali livelli di produzione con il venir meno della fornitura di tecnologie e servizi da parte delle compagnie petrolifere occidentali. Cfr. MARTIN RUSSELL, “Sanctions over Ukraine Impact on Russia”, in Briefing – EPRS European Parliamentary Research Service (gennaio 2018), 8.
78 UE, COMMISSIONE EUROPEA, Trade data for individual Member States also include re-exports of goods originating from other Member States, fonte: Eurostat-Comext, 2014-2015, http://ec.europa.eu/agriculture/russian-import- ban/pdf/exports-data-by-ms_en.pdf.
79 Cfr. VOLHA CHARNYSH, “Belarus Hopes to Cash in on Russian Sanctions”, in Belarus Digest, 19 agosto 2014.
80 Cfr. LÚCIO VINHAS DE SOUZA, “Foreign investment in Russia”, in Economic analysis from the European Commission’s Directorate-General for Economic and Financial Affairs, vol. 5, n°1, 11 gennaio 2008, http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/pages/publi cation10969_en.pdf.
81 UE, DIRECTORATE-GENERAL FOR TRADE, Trade in goods with Russia, 19 marzo 2019, 3.
82 Cfr. ALEXANDER DEMBITSKI, “Foreign investment outflow from Russia headed to Europe”, in CEIC blog, 24 aprile 2013.
83 UE, COMMISSIONE EUROPEA, Trade Policy, Countries and regions, Russia, ult. agg.: 16 aprile 2018, http://ec.europa.eu/trade/policy/countries-and-regions/countries/russia.
84 Cfr. SZCZEPAŃSKI, Economic Impact on the Eu of Sanctions over Ukraine Conflict, 2.
85 UE, COMMISSIONE EUROPEA, Trade Policy, Countries and regions, Russia.
86 Cfr. MORET ET AL., The new deterrent? International sanctions against Russia over the Ukraine crisis Impacts, Costs and Further Action, 11.
87 UE, CONSIGLIO, Eu restrictive measures in response to the crisis in Ukraine.
88 AGENZIA ICE, Analisi Congiunturale Interscambio Italia-Russia (Mosca: Ice, 2018), 5
89 La Federazione Russa ha perso il ranking di quarto partner commerciale dell’Ue ed è ora posizionata (dietro gli Usa, la Svizzera, la Cina e la Turchia) al quinto posto per volume totale di scambi. Cfr.: UE, COMMISSIONE EUROPEA, Directorate-General for Trade, Client and Supplier Countries of the Eu28 in Merchandise Trade (value %) (2018, excluding intra-Eu trade), 18 marzo 2019, 1, http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2006/september/ tradoc_122530.pdf; OLIVER FRITZ E ELISABETH CHRISTENSEN, “Russian sanctions have cost Eu countries 30 billion euro”, in WIFO Press release, 9 ottobre 2017, https://www.wi fo.ac.at
MATTEO FULGENZI 14
suggerisce chiaramente l’esigenza di individuare i termini per un’auspicabile “depoliticizzazione”90, su solide basi giuridico-internazionalistiche, delle relazioni commerciali tra l’Unione europea e la Russia, nella consapevolezza della profonda interdipendenza geo-economica che tuttora sussiste tra le parti contrapposte e di come entrambe, inoltre, si siano ufficialmente impegnate alla piena osservanza delle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio.» (pagg. 105-107)
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«[…] nel 2014 l’export dei paesi dell’Ue verso la Federazione Russa crollò del 12,1% con una quasi speculare flessione del 13,5% per le esportazioni russe verso i paesi dell’Ue, mentre il valore totale degli scambi commerciali reciproci tra l’Unione europea e la Russia precipitò da 326 miliardi di euro a 285 miliardi di euro91. Ad ogni modo, è importante notare come questa profonda e repentina contrazione dell’ammontare degli scambi non sia stata dovuta esclusivamente alle sanzioni (e alle contro-sanzioni) ma, in buona parte, sia stata determinata anche da altre dinamiche dei mercati globali (comunque di per sé non estranee allo scontro tra occidente e Russia), come il prezzo del petrolio92. In questo caso, la sensibile flessione del prezzo degli idrocarburi e la conseguente contrazione delle disponibilità finanziare del governo russo (fortemente vincolato agli introiti derivanti dall’export di materie prime energetiche nella definizione del budget statale93 e degli equilibri della propria bilancia commerciale) hanno infatti condotto l’economia della Federazione Russa in recessione94, causando una forte volatilità valutaria per il rublo russo (con un’immediata spinta inflattiva sui prezzi,direttamente correlata alla svalutazione della moneta95) e un conseguente peggioramento del clima generale per gli investimenti e per gli scambi commerciali con la Russia96.
Tuttavia, gli effetti macroeconomici conseguenti alle perdite subite dai paesi dell’Unione europea, a causa dell’imposizione dei rispettivi regimi sanzionatori da parte dell’Ue e della Russia97, sono andati subito ben oltre il “semplice” peggioramento delle reciproche relazioni commerciali tra Bruxelles e Mosca98. Alla fattuale contrazione dell’export europeo verso la Federazione Russa, infatti, è
90 Cfr. KUKUSHKINA, Влияние присоединения России к ВТО на перспективы торгово-экономических отношений РФ и ЕС, 3.
91 Ibid.
92 Cfr. DANIEL GROS e FEDERICA MUSTILLI. “The economic impact of sanctions against Russia: Much ado about very little”, in CEPS Commentary, 23 ottobre 2015, 1.
93 Cfr. HIMANI PANT, “Russia’s Economy in 2016”, in The Diplomat, 11 maggio 2016.
94 Cfr. JILL TREANOR, “Russian recession fears as economy shrinks for first time in five years”, in The Guardian, 29 dicembre 2014.
95 Cfr. SZCZEPAŃSKI, Economic Impact on the Eu of Sanctions over Ukraine Conflict, 3.
96 Cfr. MORET ET AL., The new deterrent? International sanctions against Russia over the Ukraine crisis Impacts, Costs and Further Action, 12.
97 La stima di queste perdite per i paesi dello spazio economico comunitario, con l’inclusione della Svizzera, si attesterebbe (in termini di valore aggiunto) tra -34 e -42 miliardi di euro nel breve termine e tra -92 e -113 miliardi di euro nel medio-lungo periodo. Cfr. ELISABETH CHRISTENSEN, OLIVER FRITZ e GERHARD STREICHER, Effects of the Eu-Russia economic sanctions on value added and employment in the European Union and Switzerland (Vienna: WIFO Austrian Institute of Economic Research, giugno 2015), 9. Si consideri che: «[T]hose taking the sanctions may end up shooting themselves in the foot». MAARTEN SMEETS, Can economic sanctions be effective?, WTO Staff Working Paper, 15 marzo 2018, 15.
98 In virtù delle caratteristiche delle misure sanzionatorie adottate dagli Usa e in considerazione dell’esposizione comunque limitata dell’economia degli Stati Uniti nei confronti della Russia, i costi sopportati dagli Usa in seguito all’introduzione delle sanzioni contro la Federazione Russa sono stati, nel quadro d’insieme, alquanto ridotti. Tra il 2013 e il 2015, a causa della flessione della quota dell’export diretta verso la Russia, il valore complessivo delle esportazioni americane ha riportato una contrazione totale pari al -0,24%, un valore inferiore rispetto a quello registrato in ciascuno dei singoli paesi dell’Ue. Gli Stati dell’Unione europea, nello stesso periodo, hanno infatti subito una contrazione media pari al -2,8% nei valori totali dell’export, con la flessione maggiore patita dall’Estonia (-12,7%) e le minori perdite, invece, subite da parte dal Regno Unito (-0,6%). Cfr. MORET, GIUMELLI e BASTIAT-JAROSZ, Sanctions on Russia: Impacts and economic costs on the United States, 4-12. MATTEO FULGENZI 15
necessario sommare la significativa diminuzione dei flussi turistici provenienti dalla Russia verso gli Stati dell’Unione europea99, legata anch’essa ad alcune delle implicazioni collaterali del varo delle sanzioni internazionali contro Mosca, come l’elevata svalutazione che ha interessato il rublo russo nonché il marcato peggioramento registrato nella customer perception dei consumatori russi nei confronti della quasi totalità dei beni e dei servizi di origine comunitaria100. (pagg. 108-110)
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«In riferimento alla richiamata tendenza ribassista evidenziata dal prezzo degli idrocarburi sul mercato mondiale, si può inoltre rilevare come la stessa Federazione Russa abbia attivamente “contribuito” al dumping sul prezzo del petrolio nel periodo tra il 2014 e il 2015, attraverso un notevole incremento della produzione e una forte spinta alla realizzazione di infrastrutture internazionali volte ad agevolare la fornitura di materie prime energetiche verso l’Europa e l’Asia. Una strategia, quest’ultima, chiaramente concepita da Mosca allo scopo di rendere “sconveniente” l’acquisto di shale oil e shale gas di produzione americana101, soprattutto per i compratori dell’Ue102,
99 Cfr. ELISABETH CHRISTENSEN e GERHARD STREICHER, “Disrupted trade relations between the Eu and Russia: the potential economic consequences for the Eu and Switzerland”, in WIFO pressroom, 3 luglio 2015.
100 Rileva in merito richiamare i risultati dei sondaggi condotti dal pollster indipendente Levada Center. I dati raccolti nel 2014, infatti, mostrano che la percentuale dei cittadini russi che percepivano favorevolmente l’Ue è bruscamente diminuita dal 51% rilevato a gennaio al 19% dell’ottobre seguente. Riflettendo il lieve allentamento della tensione nel frattempo intervenuto nelle relazioni tra l’Ue la Russia, la stessa quota è risalita al 28% nel dicembre 2017, per quanto risulti ancora residuale rispetto all’opinione del 54% dei russi che continuano a conservare sentimenti negativi nei confronti di Bruxelles. Queste opinioni, del resto, trovano speculare riscontro anche nel sentiment generale di molti paesi dell’Ue. Secondo una rilevazione condotta nel 2017 su 37 paesi da parte del Pew Research Center, solo il 21% dei polacchi, il 26% dei britannici e il 27% dei tedeschi vedono con favore la Russia. Tali cifre, tuttavia, rappresentano di per sé un leggero miglioramento rispetto al 2014, quando i valori si attestavano rispettivamente al 12%, 25% e 19%. Nel 2017, peraltro, la Grecia è risultata essere l’unico paese dell’Ue in cui la Russia è fortemente popolare (64%). In un simile contesto, è possibile ricordare che nel luglio 2014 l’Ue, pur avendo deciso l’interruzione della maggior parte dei propri finanziamenti destinati alla Russia, ha deciso di continuare a sostenere i progetti di matrice socio-culturale rivolti, ad esempio, ad agevolare lo sviluppo dei contatti interpersonali tra l’Ue e la Russia nei settori della ricerca scientifica, dell’istruzione superiore e della cooperazione transfrontaliera. Il 2016 è stato un anno record per la cooperazione nel campo dell’istruzione universitaria, registrando quasi 4000 scambi nel quadro del programma europeo Erasmus+, la maggior parte dei quali ha riguardato studenti e accademici russi che hanno dunque avuto l’opportunità di studiare, insegnare e proseguire le proprie ricerche nelle varie università dell’Ue. Naturalmente, si è trattato di numeri comunque molto esigui rispetto al totale della popolazione sia dell’Ue che della Federazione Russa e, di conseguenza, non sufficienti a indurre la maggioranza dei cittadini dei due blocchi a superare il clima di sospetto reciproco. Cfr. UE, PARLAMENTO EUROPEO, “The EU’s Russia policy – Five guiding principles”, 7-8.
101 Sull’argomento, cfr. YOUNKYOO KIM e STEPHEN BLANK, “US shale revolution and Russia: shifting geopolitics of energy in Europe and Asia”, in Asia Europe Journal, vol. 13, n°1 (marzo 2014), 95–112; GREG DEPERSIO, “Why did
oil prices drop so much in 2014?”, in Investopedia.com, 6 maggio 2019.
102 In realtà, il varo delle sanzioni americane nei confronti delle società coinvolte nella costruzione del gasdotto Nord Stream 2 tra la Germania e la Russia celerebbe a sua volta l’intenzione, da parte degli Stati Uniti, di sottrarre a Mosca quote di mercato nella vendita di materie prime energetiche ai paesi dell’Ue, fornendo a questi ultimi il proprio shale gas in forma liquefatta. Il Presidente degli Usa, Donald J. Trump, ad esito di un incontro con la cancelliera tedesca, Angela Merkel, aveva infatti affermato di avere del «fantastico gas americano» da vendere al posto di quello russo. Ad ogni modo, il Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha specificato che: «The European Union is ready to facilitate more imports of liquefied natural gas from the U.S. […]. The growing exports of U.S. liquefied natural gas, if priced competitively, could play an increasing and strategic role in EU gas supply […]». Cfr.: UE, COMMISSIONE EUROPEA, “EU-U.S. Joint Statement of 25 July: European Union imports of U.S. Liquefied Natural Gas (LNG) are on the rise”, in Press release (Bruxelles, 9 agosto 2018), https://ec.europa.eu/commission/ presscorner/detail/en/IP_18_4920; EMANUELE ROSSI, “Sanzioni su Nord Stream 2. Gli Usa contro l’asse russo-tedesco sul gas”, in Formiche.net, 18 dicembre 2019.
MATTEO FULGENZI 16
preservando così la stabilità delle proprie quote di mercato nel continente europeo, anche a costo di minori introiti103.» (pagg. 113-114)
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«La reazione russa, tuttavia, non fu soltanto negativa. La risposta di Mosca all’occidente incluse anche il varo di un esteso programma nazionale di “sostituzione dell’import” (in lingua russa: “importozameshchenie”104), mirante al rinnovamento tecnologico del tessuto industriale e produttivo russo105, nonché alla ripresa dell’economia106. Un’altra conseguenza logica della situazione venutasi in tal modo a creare per la Russia, inoltre, fu la necessità di reperire già nel breve termine nuovi investitori107 e fornitori (ad esempio in Cina108) al fine di sopperire all’improvvisa penuria di
103 Grazie all’ingente incremento delle riserve valutarie e alle riforme strutturali in seguito attuate dalla Russia a partire dal collasso dei prezzi petroliferi del 2014, Mosca ha potuto inoltre tramutare i propri approcci di carattere emergenziale in una concreta strategia di lungo periodo, seguita dal Cremlino anche nelle sue interazioni programmatiche con i paesi dell’Opec e, pertanto, rivolta a influenzare il mercato del petrolio. Un basso prezzo del barile di “oro nero”, infatti, rende verosimilmente poco appetibile l’estrazione dello shale oil/gas statunitense, dati i suoi costi elevati. L’estrazione del petrolio e del gas di scisto americano, tra l’altro, è finanziata a debito. Di conseguenza, la crisi di questo comparto negli Usa potrebbe produrre il fallimento a catena delle imprese produttrici nonché quello degli istituti di credito che le avevano finanziate. Cfr.: “Ecco perché la Russia si è opposta al taglio della produzione di petrolio”, Linkiesta.it, 12 marzo 2020; JASON BORDOFF, “Why This Oil Crash Is Different”, in Foreign Policy, 9 marzo 2020.
104 Traslitterazione in caratteri latini del termine russo “импортозамещение”. Il Programma statale russo di sostituzione dell’import (in lingua russa: Программа Правительства России по импортозамещению; traslitterazione in caratteri latini: Programma Pravitel’stva Rossiy po importozameshcheniyu), naturalmente, ha ricevuto “impulso” dall’introduzione delle sanzioni occidentali. Il programma è stato rivolto ad abbattere il livello del fabbisogno di beni e servizi di importazione da parte dell’economia russa entro il 2020, mirando, al contempo, alla ricostruzione emodernizzazione del tessuto produttivo della Federazione Russa. Principalmente, sono stati adottati provvedimenti su tre macro aree: accesso agli appalti pubblici, divieti di importazione e supporto al settore agro-alimentare. Si veda, inoltre, la nota 430 del presente capitolo. Cfr. THOMAS HEIDEMANN, Practical Guide Import Substitution in Russia (CMS Russia, 2016).
105 Un programma di sostituzione delle importazioni, collegato alla precedente crisi economica nel 2008, era iniziato già prima delle sanzioni. Nell’agosto del 2013, infatti, era stato adottato un regolamento sugli appalti pubblici che vietava il ricorso a macchinari di produzione straniera in presenza della disponibilità di prodotti equivalenti di origine russa. Il governo russo, inoltre, ha implementato negli anni la creazione di diverse “Zone economiche speciali” (Zes), aree che offrono notevoli agevolazioni fiscali e doganali al fine di favorire la rilocalizzazione di attività produttive straniere sul territorio russo. Cfr. MINISTRY OF ECONOMIC DEVELOPMENT OF THE RUSSIAN FEDERATION, Special economic zones in Russia – which and where, ult. cons. 25 marzo 2020, http://www.ved.gov.ru/eng/ investing/sez. Alla fine del 2015, si registravano circa 750 imprese italiane con una presenza diretta in Russia, con oltre 57.000 addetti e un fatturato di circa 7,5 miliardi di euro. Nel 2017, lo stock totale degli investimenti italiani in Russia ammontava a 11,4 miliardi di euro. Cfr. PANUCCI (CONFINDUSTRIA), Il futuro delle relazioni tra l’Italia e la Federazione Russa, 1.
106 Il Fondo monetario internazionale, in seguito, ha predetto una sostanziale ripresa del Pil russo a partire dal 2017, con una crescita dell’1% tuttavia ancora non sufficiente a compensare la flessione subita dall’economia della Federazione Russa nel 2014. Cfr. ANNA ANDRIANOVA, “Russian economy edges near end of recession as contraction eases”, in Bloomberg, 28 luglio 2016.
107 Tra tutte le sanzioni occidentali, quelle che probabilmente si sono rivelate più afflittive per la Federazione Russa sono state le restrizioni relative al settore finanziario. Queste misure, di fatto, hanno estromesso la Russia dal mercato dei capitali dell’Ue e degli Usa. Il Cremlino, di conseguenza, ha dovuto esplorare fonti di finanziamento straniere alternative e ha approfondito i legami finanziari con la Cina, preparandosi a emettere obbligazioni sovrane denominate in valuta cinese (renminbi) e a predisporre il collegamento della propria rete di pagamento elettronico nazionale (Mir) al sistema di carte di credito cinese (UnionPay). Anche le società russe, come Gazprom, hanno ottenuto finanziamenti da parte di istituti di credito cinesi. Cfr.THOMS e BAUER, Three years in: Status of the Eu sanctions against Russia.
108 La crisi ucraina non ha solo cambiato il rapporto tra la Russia e l’occidente, ma ha anche portato a una più intensa cooperazione tra Mosca e Pechino. Dopo che l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alla Russia, il Presidente russo Vladimir Putin, già nel maggio 2014, ha firmato una serie di intese con la Cina, tra cui un accordo da 400 miliardi di dollari per l’esportazione di gas. Mosca, quindi, ha fin da subito tentato di reagire riorientando la propria economia verso l’Asia, al fine di mitigare l’impatto negativo delle sanzioni occidentali attraverso la “diversificazione” degli sbocchi dell’export della Russia. I contratti che, già nel maggio 2015, hanno seguito la firma del memorandum d’intesa sottoscritto da Mosca e Pechino MATTEO FULGENZI 17
approvvigionamenti, ponendo così le basi per la progressiva integrazione del sistema economico della Federazione Russa con le infrastrutture finanziarie e logistico-produttive dei paesi, per lo più asiatici, non aderenti al regime sanzionatorio. Si rivela dunque facile comprendere come, dopo il varo delle contromisure da parte del Cremlino, questo processo di repentina riconversione verso l’Asia dell’economia russa sia in generale sopraggiunto a ulteriore detrimento delle quote di mercato (anche solo potenziali) detenute in Russia dai produttori europei e come, soprattutto nel caso dei prodottialimentari, il cd. “pivot to Asia”109 deciso da Mosca abbia particolarmente danneggiato le aziende italiane110.» (pagg. 115-117)
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«Pertanto, l’adozione di sanzioni economiche di carattere indiscriminato è ormai meno frequente da parte dell’Ue e, laddove siano state introdotte, tali misure hanno comunque assunto una portata perlopiù “settoriale”, mirando a colpire esclusivamente alcune attività strategiche piuttosto che coinvolgere (almeno negli intenti formali) l’intera economia dello Stato obiettivo111. In questo contesto, ad esempio, si inseriscono le sanzioni internazionali adottate dall’Ue contro la Russia, le quali limitano le esportazioni di tecnologia e servizi di provenienza comunitaria verso Mosca in quanto destinate all’industria petrolifera nazionale russa per la ricerca e lo sfruttamento di nuovi giacimenti di petrolio nell’Artico, in acque profonde o di scisto, senza tuttavia influire sulle esportazioni di petrolio e gas russo verso l’Unione europea provenienti da giacimenti esistenti.» (pag. 358)
appena sei mesi prima nel 2014, hanno inoltre espressamente previsto la realizzazione della cd. “rotta occidentale”, ossia la costruzione del gasdotto Altai, progettato per attingere agli stessi giacimenti di gas siberiani cui Gazprom ricorre per assicurare le forniture ai clienti dell’Ue e, pertanto, destinato a porre in competizione la Cina e l’Unione europea per l’approvvigionamento di gas naturale. Non sorprende, di conseguenza, che il Presidente della Commis-sione europea Barroso, già nel maggio 2014, sia stato indotto dall’evolvere di tali eventi a scrivere al Presidente russo Putin al fine di ottenere rassicurazioni in merito alla continuità dei flussi di gas di Mosca verso i paesi dell’Ue attraverso il territorio dell’Ucraina. Per la Cina, quindi, la crisi ucraina ha rappresentato un’opportunità unica per aumentare le proprie possibilità di accesso alle risorse naturali della Russia, inparticolare quelle energetiche, ottenendo inoltre diversi contratti per progetti infrastrutturali congiunti e nuovi mercati per la tecnologia cinese (Eaeu). Tra i risultati ottenuti dal Cremlino in seguito alla visita ufficiale del Presidente cinese Xi Jinping a Mosca (in occasione della parata del Giorno della Vittoria del 9 maggio 2015), figura anche la promessa di 25 miliardi di dollari di finanziamenti per le imprese russe, preziosi in tempi di sanzioni, insieme a un accordo di collaborazione in agricoltura che potrebbe invece aiutare la Cina a diminuire ulteriormente la propria dipendenza dagli Stati Uniti per le importazioni di mais e altri prodotti agricoli. Cfr.: SISSI BELLOMO, “Cosa cambia con l’accordo tra Russia e Cina sull’energia”, in Il Sole 24 ore, 8 maggio 2015; JACOPO GILIBERTO, “Gas, storico accordo fra Russia e Cina da 400 miliardi di dollari in 30 anni. Barroso a Putin: garantisca forniture”, in Il Sole 24 ore, 21 maggio 2014; ALEXANDER GABUEV, “A ‘soft alliance’? Russia-China relations after the Ukraine crisis”, in European Council on Foreign Relations (febbraio 2015).
109 Risultano ad ogni modo evidenti (e non certo trascurabili) i rischi intrinseci derivanti per la Federazione Russa dal possibile consolidarsi di un’eccessiva dipendenza economica da Pechino, nell’ambito del processo di avvicinamento di Mosca alla potenza cinese innescato dagli attriti della Russia con l’occidente. Cfr. JEFFREY MANKOFF, “Russia’s Asia Pivot: Confrontation or Cooperation?”, in Asia Policy, n°19 (gennaio 2015), 65-88.
110 Per il settore agroalimentare italiano, ai danni diretti che, secondo le dogane russe, ammontano per l’anno 2015 (ultimo anno in cui è possibile fare un confronto con la situazione pre-embargo) a -346 milioni di euro, sono da aggiungere i danni indiretti dovuti alla perdita di immagine e di quote mercato provocata dalla diffusione in Russia di prodotti concorrenti o di imitazione. Tra il 2014 e il 2017, la flessione complessiva registrata nei comparti industriali dell’export italiano verso la Russia è stata di oltre un quarto dei volumi pre-sanzioni (-25,7%) [un dato leggermente inferiore alla media europea (- 27,8%) e a quello di Germania (-27,7%) e Francia (-27,5%)], con un trend in ulteriore ribasso rilevato nel 2018. Anche in Spagna, tuttavia, gli operatori dei settori agricolo e turistico «no pueden estar contentos». Cfr.: AGENZIA ICE, Misure Restrittive Federazione Russa e Sanzioni Unione europea (Mosca: Ice, maggio 2018); PANUCCI (CONFINDUSTRIA), Il futuro delle relazioni tra l’Italia e la Federazione Russa, 4-5; REMIRO BROTONS, “Derecho y poder en el destino de Crimea”, 243.
111 Cfr. RUSSEL, “EU sanctions: A key foreign and security policy instrument”, 2-3.
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Il caso Rosneft:
«Tra i casi di maggior rilievo sollevati innanzi a un’alta corte europea sul tema della legittimità del regime di sanzioni imposto dall’Ue nei confronti (di soggetti, entità e interi settori dell’economia) della Federazione Russa risalta, indubbiamente, quello riguardante il colosso statale russo Rosneft, condotto dinanzi all’Alta Corte del Regno Unito in riferimento alla Decisione del Consiglio 2014/512/Pesc del 31 luglio 2014, al Regolamento del Consiglio n°833/2914 del 31 luglio 2014 e alle: «implementing measures adopted by the United Kingdom that are based on the Council acts». Rosneft, in quanto azienda operante nel settore petrolifero e del gas naturale, figura infatti a pieno titolo nel novero delle compagnie russe più colpite dalle misure restrittive che il Consiglio ha introdotto nei confronti della Federazione Russa: «[…] in response to actions of Russia to destabilise the situation in Ukraine. Those measures impose restrictions on certain financial transactions and on the export of certain sensitive goods and technologies, restrict the access of certain Russian entities to the capital market and prohibit the provision of services required for certain oil transactions. The objective of the measures adopted by the Council is to increase the cost of the actions taken by Russia to undermine the sovereignty of Ukraine […]»112.
La Rosneft Oil Company ha pertanto affermato la contrarietà, rispetto alle previsioni dell’Accordo Apc113 e al principio della tutela giurisdizionale equa ed effettiva, sia degli atti di matrice comunitaria sia dei relativi provvedimenti del Regno Unito. Tali disposizioni, inoltre, avrebbero ingiustamente compresso la libertà di impresa e il diritto di proprietà della società russa, oltre a presentare alcune imprecisioni114: «Rosneft has challenged before the High Court of Justice (England & Wales) the validity, in the light of EU law, of the restrictive measures imposed by the Council on it and the implementing measures adopted by the United Kingdom that are based on the Council acts. That court’s question to the Court of Justice is, in essence, whether the acts of the Council and the United Kingdom are valid […]»115.
112 CGUE, “The restrictive measures […]”, in Press Release, n°34/17, 28 marzo 2017, 1. Al riguardo, si considerino le valutazioni altresì espresse dal Tribunale in relazione al caso Almaz-Antey: «[A]ccording to the applicant, [the evidence communicated to it] does not establish its direct or indirect involvement in the actions to destabilise the situation in Ukraine […]. In any event, it is sufficiently clear from the evidence provided by the Council that the applicant is a Russian State-owned company [operating in the defence and armaments sector] and that it manufactures weaponry and military equipment which it supplies to the Russian army, which, in turn, supplies heavy weaponry to separatists in eastern Ukraine, contributing to the destabilisation of Ukraine». TRIB. DELL’UE (Sesta sezione), ‘Almaz-Antey’ Air and Space Defence Corp. v Council of the European Union, case T‐515/15, 13 settembre 2018, §
undertakings». Ibid., § 127.
113 Nel suo ricorso dinanzi alla High Court of Justice britannica, la compagnia petrolifera russa Rosneft ha posto in evidenza come le disposizioni sanzionatorie imposte dall’Ue in materia di «financial assistance» contravvengano, a suo avviso, a quanto previsto dall’art. 52 dell’Accordo di partnership, che contempla la libera circolazione dei pagamenti e dei capitali tra la Federazione Russa e l’Unione europea. Allo stesso modo, secondo Rosneft, anche le disposi-zioni riguardanti il settore petrolifero potrebbero costituire una violazione di tale Accordo. Per Rosneft, infatti, nessuna delle misure più rilevanti adottate da Bruxelles parrebbe integrare i requisiti dettati dal regime di strette eccezioni di cui agli artt. 19 e 99 dell’Accordo Apc che riguardano, rispettivamente, la “pubblica sicurezza” e gli “interessi essenziali di sicurezza”. Rosneft, inoltre, ha sottolineato come tali misurerestrittive non siano connesse a beni o servizi riconducibili al settore militare e come di fatto, secondo l’azienda russa, non possa dunque sussistere un problema di “sicurezza” per l’Ue. La Corte di Giustizia, ad ogni modo, ha sempre tenuto in debito conto l’Accordo di partnership tra l’Unione europea e la Federazione Russa in considerazione del suo direct effect e della possibilità, da parte dei singoli, di invocarlo nei confronti delle istituzioni dell’Unione per contestare la legittimità degli atti comunitari ad esso eventualmente contrari. Cfr. EKATERINA AKSENOVA, “Are sanctions against Russia legal under international and Eu law? Can they limit trading and maritime services?”, in Shipping and Transport bulletin, Nctm Studio Legale (aprile/maggio 2015), 3-4.
114 Cfr. ROBERTO BIN, “La Corte di giustizia Ue fa salve le misure contro la Russia”, in Lacostituzione.info, 9 aprile 2017.
115 CGUE, “The restrictive measures adopted by the Council […]”, 1.
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§ 95 e 128.
Ad ogni modo, «the reference to the fact that the applicant is a Russian State-owned enterprise is purely
indicative and is not a prerequisite for adoption of the restrictive measures concerned. In so far as those measures cover a particular sector of the economy, because of its importance to the Russian economy or its connection with the Russian Federation’s actions to destabilise Ukraine, it is not required that the undertakings targeted should be Russian State-owned
I giudici inglesi, di conseguenza, hanno deferito il caso alla Cgue116 per una pronuncia pregiudiziale ex art. 267 Tfue117. La Corte britannica, infatti, ha inteso accertare:
«[…] whether, first, the United Kingdom was entitled, in the event of an infringement of the restrictive measures, to establish criminal penalties before the Court has clarified the meaning of terms used by the Council. Second, it asks whether the restrictive measures relate to the processing of payments by banks and prohibit the issuance of Global Depositary Receipts representing shares issued before the adoption of those measures»118.
In tale contesto, l’Avvocato Generale dell’Ue è stato chiamato a difendere, sul piano giuridico, la validità sia formale che sostanziale delle misure restrittive adottate dall’Ue119, sottolineando come l’Unione europea avesse operato una valutazione esaustiva e opportuna della gravità120 delle vicende che hanno segnato la crisi in Ucraina, ponendo in evidenza il fatto che: «[…] the Council enjoys a broad discretion in the field of foreign and security policy that must also apply whenever it concludes that there is serious international tension constituting a threat of war»121.
La Corte di Giustizia ha quindi affermato la legittimità delle restrizioni introdotte dall’Unione europea nei confronti della società petrolifera russa, riconoscendo come tali misure fossero state adottate nel quadro della necessaria e proporzionale reazione concepita da Bruxelles in risposta alle azioni in territorio ucraino contestate a Mosca122. Rosneft aveva impugnato i provvedimenti emanati dall’Unione denunciando, al contrario, le gravi carenze che avrebbero connotato tali atti quanto a motivazioni e proporzionalità. La compagnia russa, inoltre, aveva lamentato la violazione dei principi di equal treatment e non-arbitrariness123 e aveva espresso la propria preoccupazione in riferimento al possibile rischio di paralisi che, a causa delle sanzioni, avrebbe potuto riguardare il meccanismo dei pagamenti internazionali effettuati per il tramite del sistema bancario124. La Cgue, tuttavia, è stata di avviso contrario rispetto alle argomentazioni prospettate da parte di Rosneft. In base alla pronuncia della Corte, infatti, se si tiene conto dell’evoluzione progressiva, della specificità e dell’intensità delle sanzioni adottate dall’Unione europea contro la Russia in reazione alla crisi ucraina:
«[…] the interference with Rosneft’s freedom to conduct a business and its right to property cannot be considered to be disproportionate»125.
116 «A reference for a preliminary ruling allows the courts and tribunals of the Member States, in disputes which have been brought before them, to refer questions to the Court of Justice about the interpretation of European Union law or the validity of a European Union act. The Court of Justice does not decide the dispute itself. It is for the national court or tribunal to dispose of the case in accordance with the Court’s decision, which is similarly binding on other national courts or tribunals before which a similar issue is raised». Ibid., 2.
117 HIGH COURT OF JUSTICE (UK), Court of Appeal/Administrative Court, OJSC Rosneft Oil Company,R (On the Application Of) v Her Majesty’s Treasury & Ors, EWHC 248 (Admin), 9 febbraio 2015, https://high-court-justice.vlex.co.uk/vid/co-5379- 2014-556487530.
118 CGUE, “The restrictive measures adopted by the Council in response to the crisis in Ukraine against certain Russian undertakings, including Rosneft, are valid”, 1.
119 CGUE, Opinion of Advocate General Wathelet, Case C‐72/15, 31 maggio 2016.
120 Ibid., § 152.
121 Ibid., § 149.
122 CGUE (Grand Chamber), OJSC Rosneft Oil Company v. HM Treasury; the Secretary of State for Business, Innovation, and Skills; the Financial Conduct Authority, case C-72/15, materia Pesc, 28 marzo 2017, http://curia.europa.eu/juris/documents.jsf?num=C-72/15.
123 Cfr. KRITSKIY, Санкции и односторонние ограничительные меры в современном международном праве, 123. 124 Cfr. “La Corte di Giustizia: valide le restrizioni a Rosneft contro l’ingerenza russa nella crisi ucraina”, in La Stampa – Economia, 28 marzo 2017.
125 CGUE, OJSC Rosneft Oil Company v. HM Treasury; the Secretary of State for Business, Innovation, and Skills; the Financial Conduct Authority, C-72/15, 2017, § 150.
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Con la pronuncia del 28 marzo 2017, pertanto, la Grand Chamber della Corte di Giustizia europea ha adottato un’importante decisione126, riconoscendosi competente a giudicare la legittimità degli atti introduttivi di sanzioni “selettive” adottati da parte del Consiglio nel quadro della Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue anche nella specifica ipotesi in cui la Cgue venga adita in via pregiudiziale da un giudice nazionale (ex art. 267 Tfue). Nel caso di specie, la Corte ha affermato la propria competenza a pronunciarsi sulla validità delle misure “mirate” varate dall’Unione europea, nei confronti di individui ed entità della Federazione Russa, in conseguenza delle responsabilità attribuite a Mosca in relazione alla crisi in Ucraina. La Cgue ha altresì chiarito come il principio della tutela giurisdizionale effettiva richieda che ogni soggetto – le cui prerogative e le cui libertà, garantite dall’ordinamento giuridico dell’Unione, possano essere state violate – abbia diritto, nel rispetto delle condizioni previste, a poter esperire ricorso dinanzi al giudice competente ottenendone un pronunciamento equo e obiettivo. Il principio della tutela giurisdizionale effettiva, pertanto, implica che l’ambito di esclusione della competenza della Cgue in riferimento alla Pesc vada interpretato restrittivamente127. La Corte ha infatti osservato che:
«[…] while, pursuant to the last sentence of the second subparagraph of Article 24(1) TEU and the first paragraph of Article 275 TFEU, the Court does not, as a general rule, have jurisdiction with respect to the provisions relating to the CFSP and the acts adopted on the basis of those provisions […], it must however be recalled that the Treaties explicitly establish two exceptions to that rule. First, both the last sentence of the second subparagraph of Article 24(1) TEU and the second paragraph of Article 275 TFEU provide that the Court has jurisdiction to monitor compliance with Article 40 TEU. Second, the last sentence of the second subparagraph of Article 24(1) TEU confers on the Court jurisdiction to review the legality of certain decisions referred to in the second paragraph of Article 275 TFEU. The latter provision confers on the Court jurisdiction to give rulings on actions, brought subject to the conditions laid down in the fourth paragraph of Article 263 TFEU, concerning the review of the legality of Council decisions, adopted on the basis of provisions relating to the CFSP, which provide for restrictive measures against natural or legal persons128. It is inherent in that complete system of legal remedies and procedures that persons bringing proceedings must, when an action is brought before a national court or tribunal, have the right to challenge the legality of provisions contained in European Union acts on which a decision or national measure adopted in respect of them is based, pleading the invalidity of that decision or measure, in order that the national court or tribunal, having itself no jurisdiction to declare such invalidity, consults the Court on that matter by means of a reference for a preliminary ruling, unless those persons unquestionably had the right to bring an action against those provisions on the basis of Article 263 TFEU and failed to exercise that right within the period prescribed […]129.
It may be added that Article 47 of the Charter, which constitutes a reaffirmation of the principle of effective judicial protection, requires, in its first paragraph, that any person whose rights and freedoms guaranteed by EU law are violated should have the right to an effective remedy before a tribunal in compliance with the
126 Le pronunce della Cgue, infatti, assumono il valore giurisprudenziale di “precedente” nell’ambito della funzione di uniforme interpretazione del diritto (cd. funzione “nomo-filattica”) esercitata nell’ordinamento comunitario da parte del giudice dell’Ue. La Corte di Lussemburgo, infatti, è l’istituzione cui è attribuito il compito di garantire l’omogeneità nell’applicazione e nell’interpretazione dei Trattati. Il ruolo “ermeneutico” del giudice dell’Ue, dunque, si attua mediante la procedura di ricorso in via pregiudiziale ex art. 267 Tfue (già prevista dall’art. 234 del Trattato Ce), la quale può vertere sia sull’insieme delle norme del diritto comunitario originario sia sui diversi atti del diritto derivato. La competenza della Cgue, tuttavia, non si estende alla corretta interpretazione di una norma statale, tranne nel caso in cui l’interpretazione delle norme dell’ordinamento dell’Ue funga da presupposto per l’applicazione di norme interne dei singoli Stati membri. 127 Cfr. BIN, “La Corte di giustizia Ue fa salve le misure contro la Russia”. Per un inerente approfondimento, si veda anche: GORDON, SMYTH e CORNELL, Sanctions Law, 52-53 e 161-62.
128 CGUE, OJSC Rosneft Oil Company v. HM Treasury; the Secretary of State for Business, Innovation, and Skills; the Financial Conduct Authority, C-72/15, 2017, § 60.
129 Ibid., § 67.
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conditions laid down in that article. It must be recalled that the very existence of effective judicial review designed to ensure compliance with provisions of EU law is of the essence of the rule of law […]130.
While, admittedly, Article 47 of the Charter cannot confer jurisdiction on the Court, where the Treaties exclude it, the principle of effective judicial protection nonetheless implies that the exclusion of the Court’s jurisdiction in the field of the CFSP should be interpreted strictly […]131.
Since the purpose of the procedure that enables the Court to give preliminary rulings is to ensure that in the interpretation and application of the Treaties the law is observed, in accordance with the duty assigned to the Court under Article 19(1) TEU, it would be contrary to the objectives of that provision and to the principle of effective judicial protection to adopt a strict interpretation of the jurisdiction conferred on the Court by the second paragraph of Article 275 TFEU, to which reference is made by Article 24(1) TEU […]»132.
In the light of the foregoing, […] Articles 19, 24 and 40 TEU, Article 275 TFEU, and Article 47 of the Charter
must be interpreted as meaning that the Court has jurisdiction to give preliminary rulings, under Article 267
TFEU, on the validity of an act adopted on the basis of provisions relating to the CFSP, such as Decision
2014/512, provided that the request for a preliminary ruling relates either to the monitoring of that decision’s
compliance with Article 40 TEU, or to reviewing the legality of restrictive measures against natural or legal
133
persons […] .
It must, moreover, be recalled that, as regards measures adopted on the basis of provisions relating to the CFSP, it is the individual nature of those measures which, in accordance with the second paragraph of Article 275 TFEU, permits access to the Courts of the European Union»134.
La Corte di Giustizia, di conseguenza, ha concluso che:
«[the Court] has jurisdiction to give preliminary rulings on the validity of an act adopted on the basis of provisions relating to the Common Foreign and Security Policy (CFSP), such as the Council decision. The Court specifies however that a reference for a preliminary ruling must relate either to the monitoring of the legality of the decision itself in the light of Article 40 TEU (an article which governs, in essence, the relationship of the CFSP with other Union policies) or a review of the legality of restrictive measures against natural or legal persons. Next, the Court finds that there is nothing capable of affecting the validity of the decision or the regulation. In particular, the Court considers that the fact that the decision predetermines part of the content of the regulation and describes in detail the persons and entities that are to be subject to the restrictive measures does not encroach on the powers attributed to the High Representative of the Union for Foreign Affairs and Security Policy and the Commission. The Court states further that the EU-Russia Partnership Agreement does not preclude the adoption of those acts. Likewise, the Council stated sufficient reasons for those acts. The Court holds that the importance of the objectives pursued by the contested acts is such as to justify certain operators being adversely affected […]»135.
In particolare, i giudici dell’Ue hanno sostenuto che: «[…] taking into consideration the broad discretion enjoyed by the Council in [the] area [relating to the CFSP], that institution could take the view that the adoption of the restrictive measures at issue in the main proceedings was necessary for the protection of
130 Ibid., § 73. Cfr.: CGUE (Grand Chamber), Centre public d’action sociale d’Ottignies-Louvain-La-Neuve v Moussa Abdida, case C‐562/13, 18 dicembre 2014, § 45, http://curia. europa.eu/juris/liste.jsf?num=C-562/13; CGUE (Grand Chamber), Maximillian Schrems contro Data Protection Commissioner, case C‐362/14, 6 ottobre 2015, § 95, http://curia.europa.eu/ juris/liste.jsf?parties=schrems.
131 CGUE, OJSC Rosneft Oil Company v. HM Treasury; the Secretary of State for Business, Innovation, and Skills; the Financial Conduct Authority, C-72/15, 2017, § 74.
132 Ibid., § 75.
133 Ibid., § 81.
134 Ibid., § 103.
135 CGUE, “The restrictive measures adopted by the Council in response to the crisis in Ukraine against certain Russian undertakings, including Rosneft, are valid”, 1-2. Cfr. CGUE, OJSC Rosneft Oil Company v. HM Treasury; the Secretary of State for Business, Innovation, and Skills; the Financial Conduct Authority, C-72/15, 2017, §§ 108-115.
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essential European Union security interests and for the maintenance of peace and international security, within the meaning of Article 99 of the EU‐Russia Partnership Agreement»136.
Nella sentenza137, la Corte ha inoltre affrontato la questione – prospettata da parte della High Court britannica – circa la conformità o meno ai principi di certezza del diritto e di determinatezza della
136 Ibid., § 116.
137 A partire dal 31 luglio 2014 il Consiglio, in risposta alle azioni di destabilizzazione della situazione in Ucraina imputate a Mosca, ha imposto misure restrittive nei confronti di un certo numero di banche e società della Federazione Russa specializzate nel settore petrolifero e del gas. Nelle sentenze pronunciate ad esito dei ricorsi giurisdizionali presentati da tali entità, il Tribunale ha in primo luogo constatato la propria competenza a procedere al controllo della legittimità degli atti impugnati una volta accertata la ricevibilità delle domande dei ricorrenti, essendo questi ultimi entità direttamente e individualmente incise dalle misure in questione o, nel caso delle restrizioni all’esportazione, direttamente interessate da atti che non implicano misure di esecuzione. Quanto al merito, il giudice dell’Ue ha stabilito che le motivazioni fornite dal Consiglio in riferimento agli atti impugnati fossero congrue, tanto da aver consentito alle entità coinvolte di accertare le ragioni sottese alle misure restrittive adottate nei loro confronti e di contestarle in giudizio. Il Tribunale, inoltre, ha posto in evidenza come l’obiettivo ufficiale degli atti del Consiglio impugnati fosse quello di aumentare il “prezzo” delle azioni condotte dal Cremlino in violazione dell’integrità territoriale, della sovranità e dell’indipendenza dell’Ucraina, nonché promuovere una soluzione pacifica della crisi. Secondo il Tribunale, del resto, tale finalità delle sanzioni si è dimostrata coerente anche con l’obiettivo di mantenere la pace e la sicurezza internazionale in conformità con gli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione di cui all’art. 21 Tue, nel contesto dei quali il Consiglio può imporre, se ritenuto opportuno, misure restrittive che colpiscano soggetti attivi in settori specifici dell’economia del paese sanzionato, nel cui ambito i prodotti, le tecnologie o i servizi importati dall’Ue risultino di particolare importanza. Il Tribunale ha quindi osservato come la domanda afferente alla compatibilità delle misure restrittive in questione con l’Accordo di partenariato Ue-Russia avesse già trovato risposta nella sentenza della Corte di Giustizia sul caso Rosneft del 28 marzo 2017. La Cgue, in tale occasione, ha ritenuto che l’adozione di misure restrittive da parte del Consiglio sia necessaria per la tutela degli interessi essenziali di sicurezza dell’Unione europea e per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. L’esame condotto dalla Corte sugli atti impugnati al suo cospetto non aveva d’altronde rivelato elementi che potessero incidere, alla luce dell’Accordo di partenariato Ue-Russia, sulla validità delle misure contestate. Quanto all’argomento relativo alla violazione dei principi di “parità di trattamento” e “non arbitrarietà”, la Corte di Giustizia ha riscontrato come la scelta strategica di sottoporre a restrizioni imprese o settori economici che dipendono principalmente da tecnologie o competenze all’avanguardia disponibili nell’Ue sia nel complesso coerente con l’obiettivo di garantire l’efficacia generale delle misure adottate dall’Unione, facendo sì che l’effetto di tali provvedimenti non possa essere compensato attraverso l’importazione, nel paese sanzionato, di prodotti sostitutivi, tecnologie o servizi provenienti da paesi terzi. Il Tribunale, dunque, ha richiamato la posizione espressa dalla Cgue in relazione al rispetto del principio di proporzionalità. La Corte di Giustizia, infatti, ha riconosciuto come al legislatore dell’Unione sia concesso un ampio potere discrezionale negli ambiti decisionali che implicano scelte di natura politica, economica e sociale, per l’adozione delle quali il Consiglio è chiamato a svolgere valutazioni complesse. Pertanto, in conformità con la sentenza della Corte di Giustizia, il Tribunale ha riscontrato la sussistenza di una ragionevole proporzionalità tra il contenuto degli atti impugnati e il loro obiettivo dichiarato. Il Tribunale, recependo le indicazioni della Cgue (C‐72/15, 28 marzo 2017, §§ 149-150), ha inoltre confermato come l’importanza degli obiettivi perseguiti dall’Ue tramite l’introduzione delle sanzioni sia tale da giustificare la possibilità di infliggere conseguenze significativamente negative anche nei confronti di soggetti che non risultino in alcun modo responsabili per la condotta, attribuita al loro Stato di ap-partenenza, in reazione alla quale l’Ue abbia proceduto all’adozione di misure restrittive (T‐715/14, 13 settembre 2018, § 209). Per tali ragioni, le lamentate interferenze con la libertà di impresa e con il diritto di proprietà delle società ricorrenti non possono essere considerate sproporzionate. Cfr.: TRIB. DELL’UE, “The General Court of the EU upholds restrictive measures adopted by the Council against a number of Russian banks and oil and gas companies in connection with the crisis in Ukraine”, in Press Release, n°132/18, 13 settembre 2018; TRIB. DELL’UE (Sesta sezione), PAO Rosneft Oil Company and Others v Council, case T-715/14, 13 settembre 2018; TRIB. DELL’UE (Sesta sezione), Sberbank of Russia OAO v Council, case T-732/14, 13 settembre 2018; TRIB. DELL’UE (Sesta sezione), VTB Bank PAO v Council, case T- 734/14, 13 settembre 2018; TRIB. DELL’UE (Sesta sezione), Gazprom Neft PAO v Council (joined cases T-735/14, T-799/14), 13 settembre 2018; TRIB. DELL’UE (Sesta sezione), Vnesh-econombank v Council, case T-737/14, 13 settembre 2018; TRIB. DELL’UE (Sesta sezione), PSC Prominvestbank, Joint-Stock Commercial Industrial & Investment Bank v Council, case T- 739/14, 13 settembre 2018; TRIB. DELL’UE (Sesta sezione), DenizBank v Council, case T-798/14, 13 settembre 2018. Il 17 settembre 2020 la Corte di Giustizia dell’Ue ha confermato la sentenza del Tribunale del 13 settembre 2018 (case T‐715/14), rigettando in toto il ricorso presentato in appello da alcune società del gruppo Rosneft. In via preliminare, la Corte ha respinto gli argomenti del Consiglio relativi all’irricevibilità di alcuni dei motivi di impu-gnazione a causa dell’autorità di res judicata della sentenza del 28 marzo 2017, poiché il caso in oggetto non riguardava le stesse parti coinvolte nella causa C-72/15. La Corte di Lussemburgo ha spiegato che l’adozione di misure restrittive di applicazione generale rivolte a uno specifico settore dell’economia del paese obiettivo può condurre a una situazione in cui, a causa delle caratteristiche specifiche di tale settore, il numero di attori operanti in esso (e dunque di fatto raggiunti dalle restrizioni) può risultare alquanto limitato. Una volta che l’atto del Consiglio che introduce le misure ha fornito le motivazioni generali che hanno condotto all’introduzione delle sanzioni, specificando gli obiettivi che attraverso tale strumento si intendono perseguire, il fatto che soltanto il gruppo Rosneft e il gruppo MATTEO FULGENZI 23
legge applicabile (nulla poena sine lege certa) dell’imposizione di sanzioni penali da parte di uno Stato membro, ai sensi dell’art. 8 del Regolamento n°833/2014 (riconosciuto valido), prima che l’ambito di applicazione delle infrazioni in oggetto sia stato sufficientemente chiarito dalla stessa Cgue138. La Corte di Giustizia, pertanto, ha stabilito che:
«[…] the terms of the regulation do not preclude a Member State imposing criminal penalties that are to be applied in the event of an infringement of the provisions of the regulation. The fact that the terms used in the regulation may be subject to clarification, gradually and subsequently, by the Court does not prevent a Member State from establishing penalties in order to ensure its effective implementation»139.
Con riguardo al principio generale di certezza del diritto, la Corte di Giustizia ha infatti rammentato come tale principio fondamentale dell’ordinamento giuridico dell’Unione esiga, segnatamente, che la normativa sia chiara e precisa affinché i singoli possano conoscere senza ambiguità i propri diritti e obblighi140. Per quanto concerne il principio nulla poena sine lege certa, la Corte ha quindi constatato come tale principio, rientrante nell’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea rubricato «Principi della legalità e della propor-zionalità dei reati e delle pene», costituisca, secondo la giurisprudenza della Corte, una particolare espressione del principio generale di certezza del diritto e implichi, in particolare, che la legge definisca chiaramente i reati e le pene che li puniscono. Tale condizione risulta soddisfatta nel caso in cui il singolo possa conoscere, in base al testo della disposizione rilevante e, se del caso, con l’ausilio dell’interpretazione che ne sia stata data dai giudici, gli atti e le omissioni che chiamano in causa la sua responsabilità penale141. Nel caso di
Gazprom siano stati interessati dalle restrizioni all’esportazione di cui agli artt. 3, 3a, 4(3) e 4(4) e nell’Allegato II del Regolamento n°833/2014 (e che il Consiglio fosse di ciò consapevole) non può inficiare la natura di “provvedimenti di applicazione generale” attribuita alle restrizioni all’esportazione. La Cgue, inoltre, ha ribadito che la motivazione di un atto del Consiglio che introduce una misura restrittiva di applicazione individuale (come nel caso delle restrizioni all’accesso ai mercati dei capitali) non deve necessariamente individuare le ragioni effettive e specifiche per cui tale provvedimento deve essere imposto nei confronti del diretto interessato. La motivazione di tale atto, infatti, si rivela sufficiente se adeguata al provvedimento in questione e al contesto in cui quest’ultimo è stato adottato, sebbene non sia necessario che la motivazione si soffermi su tutti gli elementi di fatto e di diritto in merito rilevanti. Nello specifico, le ragioni addotte a sostegno di un atto recante pregiudizio a un determinato soggetto sono sufficienti se tale decisione è stata adottata in circostanze comunque note al destinatario e ciò affinché si possa ritenere che a quest’ultimo risulti possibile comprendere il contesto in cui la misura che lo riguarda direttamente viene a collocarsi. I giudici, dunque, hanno sottolineato come il gruppo Rosneft, prevalentemente di proprietà dello Stato russo, sia uno dei principali operatori del settore petrolifero russo e come le stesse società ricorrenti, del resto, non abbiano negato di rientrare nei criteri individuati dal Consiglio per l’applicazione di misure “mirate”. Pertanto, la Corte di Giustizia ha confermato l’assunto che le società in questione non potessero ragionevolmente ignorare i motivi per cui tali restrizioni individuali fossero state loro imposte. I ricorrenti, inoltre, hanno lamentato l’assenza di un ragionevole nesso tra le restrizioni all’esportazione varate dall’Ue contro la Russia e l’obiettivo perseguito da tali misure restrittive, poiché i nuovi progetti attinti da alcune delle sanzioni dell’Ue non avrebbero in ogni caso generato un immediato ritorno per le casse dello Stato russo. La Corte ha invece rilevato come il Consiglio abbia ragionevolmente ritenuto che intaccare gli investimenti e gli introiti futuri di entità operanti nel settore petrolifero russo possa contribuire a esercitare pressioni sul governo di Mosca e incrementare il “prezzo” delle azioni della Russia rivolte a minare l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina. Secondo i giudici, infatti, la legittimità delle restrizioni non dipende dal fatto che sia appurato un loro effetto immediato nei confronti dei destinatari ma è sufficiente che tali misure non si dimostrino manifestamente inadeguate in riferimento all’obiettivo che l’istituzione competente alla loro introduzione si prefigge di perseguire tramite esse. La Cgue si è infine espressa a sostegno della compatibilità delle misure in questione con l’Accordo di partenariato Ue-Russia e con il Gatt in virtù delle “eccezioni di sicurezza” contenute in entrambi gli accordi, in base alle quali è consentito alle Parti contraenti di provvedere alla tutela dei propri interessi essenziali di sicurezza (C‐732/ 18 P, 17 settembre 2020, §§ 127-137). Cfr.: CGUE (Ottava sezione), Rosneft Oil Company PAO and Others v. Council of the European Union, case C‐732/18 P, 17 settembre 2020; SIMON HIRSBRUNNER ET AL., “EU Court of Justice dismisses action brought by Rosneft group against EU sanctions targeting Russia”, in Steptoe International Compliance blog, 29 settembre 2020.
138 CGUE, OJSC Rosneft Oil Company v. HM Treasury […], C-72/15, 2017, § 38.
139 CGUE, “The restrictive measures adopted by the Council in response to the crisis in Ukraine against certain Russian undertakings, including Rosneft, are valid”, 1-2; CGUE, OJSC Rosneft Oil Company v. HM Treasury; the Secretary of State for Business, Innovation, and Skills; the Financial Conduct Authority, C-72/15, 2017, §§ 158-170.
140 Ibid., § 161.
141 Ibid., § 162.
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specie, i giudici hanno riscontrato come le espressioni del Regolamento n°833/2014 che, a detta di Rosneft, risultavano imprecise e di natura generica trovino tuttavia precisazione nelle nozioni di «valori mobiliari», «assistenza finanziaria», «acque di profondità superiore a 150 metri» e «scisto» richiamate nel testo del menzionato regolamento e come, pertanto, tali definizioni non possano di per sé costituire una violazione del principio della determinatezza della legge applicabile142.
La Corte, del resto, ha ricordato (ai sensi dell’art. 52, § 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea) che, anche in conformità con la giurisprudenza della CorEdu, la formulazione degli atti legislativi non può essere di una precisione assoluta. Ne consegue che, sebbene l’utilizzo della tecnica legislativa consistente nel fare ricorso a categorie generali, piuttosto che a elenchi esaustivi, lasci spesso delle “zone d’ombra” ai margini della definizione, i possibili dubbi in merito a cd. “casi limite” non possano, pertanto, essere da soli sufficienti a rendere una disposizione incompatibile con l’art. 7 della Cedu qualora essa risulti in genere sufficientemente chiara143. Dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, inoltre, emerge che il principio di determinatezza della legge applicabile non può essere inteso come un divieto di graduale chiarimento delle norme della responsabilità penale mediante interpretazioni giurisprudenziali, sempre che queste ultime si rivelino ragionevolmente prevedibili144. La Cgue, pertanto ha specificato come i principi di certezza del diritto e di determinatezza della legge applicabile (nulla poena sine lege certa) debbano essere interpretati nell’acce-zione in cui non ostino a che uno Stato membro preveda sanzioni penali da applicarsi in caso di violazione delle disposizioni del Regolamento n°833/ 2014, conformemente all’art. 8, § 1 del medesimo, prima che la portata di dette disposizioni e, dunque, delle sanzioni penali ad esse collegate sia stata definita dalla Corte145.
Infine, richiamando quanto lamentato da parte di Rosneft in riferimento alle potenziali ripercussioni delle sanzioni che, proprio a causa delle restrizioni di carattere finanziario imposte dal Consiglio, avrebbero potuto incidere negativamente sul funzionamento del meccanismo interbancario dei pagamenti, la Cgue ha recepito la domanda, posta da parte del giudice del rinvio, in merito all’interpretazione dell’espressione «assistenza finan-ziaria» di cui all’art. 4, § 3, lett. b) delRegolamento n°833/2014, ovvero se quest’ultima debba essere recepita nel senso di includere il trattamento di pagamenti ad opera di una banca o di un altro organismo finanziario. La Corte di Lussemburgo, quindi, ha affermato che:
«[…] the restrictive measures do not relate to the processing of payments by banks. The Court states that the EU legislature would have used an expression other than ‘financial assistance’ if it had wanted the processing of all bank transfers to be subject to an additional authorisation request, given the fact that the payment services are provided by financial institutions as intermediaries, without any commitment of their own resources; further, the Court notes in this connection that it is not the aim of the regulation to establish a freezing of assets or restrictions on the transfer of funds. Last, the Court holds that the measures prohibit the issuance of Global Depositary Receipts representing shares issued before the adoption of those measures»146.» (pagg. 416-427)
142 Ibid., §§ 163 e 165. 143 Ibid., § 164.
144 Ibid., § 167.
145 Ibid., § 170.
146 CGUE, “The restrictive measures adopted by the Council […]”, 2; CGUE, OJSC Rosneft Oil Company v. HM Treasury; the Secretary of State for Business, Innovation, and Skills; the Financial Conduct Authority, C-72/15, 2017, §§ 171-196. I giudici di Lussemburgo, in conclusione, hanno in maggior parte annullato misure restrittive riguardanti individui ucraini (in 28 dei 32 casi di sanzioni contro soggetti ucraini, a fronte di un solo caso di annullamento in favore della Federazione Russa). Nel complesso, dunque, ci si potrebbe chiedere quali fattori possano aver contribuito a definire un simile “duplice approccio” nel giudizio della Cgue. Le sanzioni dell’Ue rimosse per insufficiente motivazione, inoltre, erano state in maggioranza imposte nei confronti di persone fisiche. Ne consegue che la Corte, consapevole del potenziale sostanzial-mente “afflittivo” insito in tali misure, abbia adottato un metro di valutazione più stringente nel vaglio delle sanzioni indirizzate contro persone fisiche MATTEO FULGENZI 25
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«Presso la Corte permanente di arbitrato, sulla base delle regole dell’Uncitral147, sono state avviate diverse procedure concernenti investimenti effettuati in Crimea prima del febbraio 2014. Alcuni di questi casi148, ad esempio, sono stati imperniati sulla tutela del diritto di proprietà in riferimento ad asset economici situati in Crimea149. In base ai dati forniti dal Ministero degli Esteri ucraino, sono stati avviati sei arbitrati con il coinvolgimento della Federazione Russa in relazione al settore energetico150. Le cause sono state intraprese sulla base di una clausola dell’accordo intergovernativo bilaterale del 1998 tra la Federazione Russa e l’Ucraina «sull’incoraggiamento e la protezione reciproca degli investimenti», tuttora in vigore151. Ukrnafta e Oschadbank hanno avviato contro la Russia i propri procedimenti arbitrali in materia di investimenti, rispettivamente, il 15 giugno 2015 e il 18 gennaio 2016. Ukrnafta, compagnia del settore petrolifero e del gas, è una società controllata dalla Naftogaz of Ukraine, società per azioni interamente di proprietà dello Stato ucraino. Oschadbank, a sua volta, è un’azienda del settore bancario controllata al 100% dal governo di Kiev152.Nell’ottobre 2016, inoltre, l’ucraina Naftogaz e sei delle sue sussidiarie operanti nel settore petrolifero
rispetto a quanto determinato nei confronti di persone giuridiche. Cfr. CHALLET, Reflections on Judicial Review of EU Sanctions […], 5.
147 La United Nations Commission on International Trade Law (Uncitral) è un organo sussidiario introdotto dall’Assemblea Generale dell’Onu con la Risoluzione 2205 (XXI) del 17 dicembre 1966. Nel suo mandato rientra il miglioramento del quadro giuridico interna-zionale al fine di agevolare i traffici commerciali e gli investimenti tra gli Stati membri delle Nazioni Unite, promuovendo la progressiva armonizzazione e modernizzazione del diritto del commercio internazionale. Cfr. ONU, UNCITRAL, “Origin, Mandate and Composition”, in About Uncitral, ult. cons. 25 aprile 2020.
148 Cfr.: CPA, Financial Performance Holdings B.V. (the Netherlands) v. The Russian Federation, case n°2015-02, 27 settembre 2016 (award), https://pca-cpa.org/en/cases/139; Cpa, Everest Estate LLC et al. v. The Russian Federation, case n°2015-36, 2 maggio 2018 (award), https://pca-cpa.org/en/cases/133; SERGEJS DILEVKA, “Arbitration Claims by Ukrainian Investors under the Russia-Ukraine BIT: between Crimea and a Hard Place?”, in Cis Arbitration Forum – Online Journal about Dispute Resolution in Russia, Ukraine, Kazakhstan, Belarus and the Region, 17 febbraio 2016; GAIANE NURIDZHANIAN, “Ukraine vs. Russia in International Courts and Tribunals”, in EJIL – blog, 9 marzo 2016. 149 Nel caso Aeroport Belbek LLC and Mr. Igor Valerievich Kolomoisky v. The Russian Federation, in risposta all’avvio del procedimento arbitrale (il 9 gennaio 2015), la Federazione Russa non ha riconosciuto la giurisdizione della Cpa. Tuttavia, nonostante l’esplicita richiesta avanzata da parte di Mosca di non considerare in alcun modo le comunicazioni fatte pervenire alla Cpa quale forma di consenso alla partecipazione al procedimento arbitrale, il Tribunale (il 6 luglio 2015) ha valutato le lettere inviate dalla Russia (il 16 giugno 2015 e il 1° luglio 2015) alla stregua di un’obiezione in materia di giurisdizione e ammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 21 delle Uncitral Rules. Cfr. CPA, “Arbitration between Aeroport Belbek LLC and Mr. Igor Valerievich Kolomoisky as claimants and the Russian Federation”, in Pca Press Release, 6 gennaio 2016, http://www.pcacases.com/web/sendAttach/1553; CPA, Aeroport Belbek LLC and Mr. Igor Valerievich Kolomoisky v. The Russian Federation, case n°2015-07, data di inizio del procedimento: 13 gennaio 2015, https://pca-cpa.org/en/cases/123.
150 Cfr. GREGORIO BAGGIANI, “Ukraine’s Legal Cases Against Russia in International Courts”, in Eurasia Daily Monitor, vol. 14, n°27, 1 marzo 2017.
151 L’art. 1 del Bit tra Mosca e Kiev prevede le seguenti definizioni: «“Investments” shall denote all kinds of property and intellectual values, which are put in by the investor of one Contracting Party on the territory of the other Contracting Party in conformity with the latter’s legislation. […]“Territory” shall denote the territory of the Russian Federation or the territory of the Ukraine and also their respective exclusive economic zone and the continental shelf as defined in conformity with the international law». L’art. 5.1, quindi, prevede che: «The investments of investors of either Contracting Party, carried out on the territory of the other Contracting Party, shall not be subject to expropriation, nationalisation or other measures, equated by its consequences to expropriation (hereinafter referred to as expropriation), with the exception of cases, when such measures are not of a discriminatory nature and entail prompt, adequate and effective compensation». Cfr. Agreement between the Government of the Russian Federation and the Cabinet of Ministers of Ukraine on the Encouragement and Mutual Protection of Investments, 27 novembre 1998.
152 Ukrnafta e Oschadbank, dunque, sono entità giuridiche separate che agiscono per proprio conto. Il potere di gestione e controllo su tali entità, tuttavia, è detenuto dallo Stato ucraino. Cfr. DILEVKA, “Arbitration Claims by Ukrainian Investors under the Russia-Ukraine BIT: between Crimea and a Hard Place?”.
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e del gas naturale hanno presentato ricorso innanzi alla Cpa contro le autorità della Federazione Russa, denunciando l’avvenuta confisca dei propri beni societari ad opera di queste ultime in seguito all’occupazione illegale della Crimea nel marzo 2014153. Le imprese ucraine del settore energetico, fino a quel momento operative nella penisola154, non hanno infatti mai ricevuto alcun indennizzo materiale da parte di Mosca per la privazione subita. I danni patiti dalle società di Kiev, invero, sono stimati per una somma superiore ai 2,6 miliardi di dollari155.» (pagg. 483-485)
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«Le riflessioni fin qui svolte in merito alla vicenda DS512, quindi, prefigurerebbero l’emergere di implicazioni di non poco conto anche nel contesto della ormai annosa “guerra delle sanzioni” tra l’occidente e la Russia. D’altra parte, parrebbe altresì immediata la possibilità di instaurare un parallelo analogico tra le sanzioni adottate dagli Usa contro Cuba e gli effetti extraterritoriali delle misure internazionali imposte dagli Stati Uniti alla Federazione Russa, come nel caso del pervasivo regime di restrizioni previsto dal Countering America’s adversaries through sanctions Act (Caatsa) varato nel 2017 e in quello delle controverse misure secondarie previste, a partire dal 2019, nei confronti delle aziende straniere coinvolte nella realizzazione del gasdotto Nord Stream 2. Entrambi questi provvedimenti, infatti, potrebbero in futuro prestarsi a essere valutati da parte di un panel dell’Organo di risoluzione delle controversie dell’Omc, per di più alla luce dell’acquis giurisprudenziale affermatosi in riferimento all’interpretazione e all’applicazione delle disposizioni di cui all’art. XXI:(b)(iii) Gatt grazie alla recente decisione Russia – Traffic in Transit.» (pagg. 590-591)
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«Dunque, nel quadro normativo-procedurale dell’Omc (e nell’impossibilità dell’intervento di una risoluzione da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu), la configurazione dei divieti di «contromisure incrociate interne» e di sanzioni “collettive”156 parrebbe altresì suggerire la possibilità di individuare alcuni rilevanti profili di illegittimità internazionale in riferimento ai regimi sanzionatori reciprocamente in vigore tra l’Ue (insieme a tutto l’occidente) e la Federazione Russa. Del resto, anche alla luce di vari orientamenti
153 CPA, (i) NJSC Naftogaz of Ukraine (Ukraine) et al. v. The Russian Federation, case n°2017-16, data di inizio del procedimento: 17 ottobre 2016, https://pca-cpa.org/en/ cases/151.
154 Naftogaz, in particolare, ha perso 15 impianti connessi ad aree di estrazione di petrolio e gas in Crimea e al largo della penisola, tre potenziali aree di estrazione di petrolio e gas, il deposito sotterraneo di Glebovskoe, oltre 1.200 km di gasdotti principali, 43 stazioni di distribuzione del gas, 29 impianti di estrazione e diversi altri asset. Cfr.: NAFTOGAZ GROUP, Naftogaz files arbitration against Russia to recover $2.6 billion for stolen Crimea assets, 19 ottobre 2016; MAKSYM BUGRIY, “The Cost to Ukraine of Crimea’s Annexation”, in Eurasia Daily Monitor, vol. 11, n°70, 14 aprile 2014, https://jamestown.org/program/the-cost-to-ukraine-of-crimeas-annexation.
155 Tuttavia, le compagnie Gazprom e Naftogaz (ovvero, rispettivamente, la Russia e l’Ucraina, in una metonimia tutt’altro che ardita) hanno raggiunto «ai massimi livelli» un importante accordo in chiusura del 2019, sottoscrivendo un protocollo d’intesa di durata quinquennale al fine di evitare il rischio di interruzioni nel transito di gas russo inviato in Europa attraverso il territorio ucraino. L’archiviazione dei ricorsi arbitrali pendenti, ad ogni modo, è sempre stata la precondizione posta da Mosca per avviare le trattative. La Federazione Russa, dunque, avrebbe offerto all’Ucraina il pagamento di tre miliardi di dollari per chiudere il primo contenzioso (somma che, a sua volta, compenserebbe interamente il debito di Kiev verso Mosca relativo agli aiuti consegnati dalla Russia all’ex-Presidente ucraino, Viktor Yanukovych, alla fine del 2013 e di cui il Cremlino ha sempre chiesto la restituzione). L’Ucraina, d’altro lato, sarebbe pronta a lasciar cadere una seconda istanza presentata contro Mosca presso la Corte di arbitrato di Stoccolma, per il valore complessivo di 12 miliardi di dollari. Cfr. ANTONELLA SCOTT, “Gas, Russia e Ucraina siglano l’accordo sul transito. Salvi i rifornimenti all’Europa”, in Il Sole 24 ore, 20 dicembre 2019, https://www.ilsole24ore.com.
156 È infatti necessario ricordare che la “guerra delle sanzioni” tra l’occidente (nel suo complesso) e la Russia trova il suo fondamento, al netto delle inerenti implicazioni erga omnes, in vicende che hanno comunque materialmente coinvolto soltanto la Federazione Russa e l’Ucraina.
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interpretativi sorti nell’ambito del diritto internazionale dell’economia, nel contesto di un simile scontro di preponderante matrice “politica” (quando non anche propriamente “protezionistica”, in alcune delle sue articolazioni certamente non secondarie) gli unici provvedimenti di per sé ritenuti comunemente ammissibili in chiave “sanzionatoria” by Third-Parties risulterebbero infatti essere le misure di carattere diplomatico oltre che, naturalmente, gli atteggiamenti cd. “inamichevoli” o “ritorsivi” (comunque collocabili nel novero delle condotte considerate inter-nazionalmente lecite). Le rappresaglie unilaterali condotte sul piano economico-commerciale, volte all’utilizzo strumentale del “sistema sponda” (della regolamentazione multilaterale) del commercio al fine di compensare il “fallimento sistemico” di un distinto complesso ordinamentale (come, ad esempio, quello dell’Onu), rimarrebbero al contrario da escludere sulla base delle recenti evoluzioni della dottrina e, soprattutto, della giurisprudenza prodotta dalle strutture giurisdizionali e quasi-giurisdizionali messe oggi a disposizione dal diritto internazionale e considerate nel corso del presente lavoro di ricerca.
Pertanto, benché resti in ogni caso (più che) plausibile prevedere una prolungata permanenza in vigore delle misure di natura diplomatica in un clima di protratta contrapposizione “psicologica” tra Bruxelles e Mosca157, emerge pressante l’esigenza di sottrarre allo scontro sanzionatorio in atto tra l’Ue e la Russia la
157 Da ultimo, la stessa Germania (con ovvio sostegno da parte degli Usa, dell’Ue e di altri paesi dell’Unione, tra i quali in particolare la Polonia) è giunta tra l’altro a prefigurare l’eventuale “sospensione” del progetto Nord Stream 2 (sempre strenuamente difeso da parte tedesca in nome della propria sicurezza energetica nazionale) quale possibile reazione “ritorsiva” al (controverso) caso del (presunto) avvelenamento dell’attivista russo d’opposizione, Aleksey Navalniy, colpito da un grave malore il 20 agosto 2020 durante un volo diretto a Mosca da Tomsk, in Siberia. Berlino (che dal 1° luglio 2020 ha assunto la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue), affermando di aver rin-venuto tracce dell’agente nervino di produzione sovietica Novichok ad esito degli esami clinici condotti sul sig. Navalniy (il quale, tramite un ponte-aereo sanitario, era stato nel frattempo tradotto in Germania), ha infatti richiesto “spiegazioni” alla Russia in merito all’accaduto (dietro la minaccia di possibili nuove sanzioni da parte dell’Ue), alludendo di fatto a un possibile coinvolgimento del Cremlino nell’incidente occorso al sig. Navalniy (cui l’occidente riconosce il ruolo di principale oppositore politico del Presidente russo, Vladimir Putin). Mosca, di conseguenza, ha ferma-mente respinto ogni addebito, ribadendo come i test in precedenza effettuati presso l’ospedale di Omsk (dove Aleksey Navalniy era stato in un primo momento ricoverato in terapia intensiva per il malore occorsogli) non abbiano rilevato alcuna traccia di avvelenamento e sottolineando come quanto sostenuto da parte dei medici tedeschi non possa automaticamente implicare l’emergere di una responsabilità in capo alle autorità russe (le quali, ad ogni modo, si sono dichiarate pronte all’apertura di un’inchiesta, affermando di confidare nella collaborazione e nella condivisione delle necessarie informazioni con gli interlocutori europei coinvolti). L’intelligence russa all’estero (Svr), anche sulla base di (asseriti) riscontri provenienti dalle intercettazioni radio-elettroniche fornite al Cremlino da parte degli omologhi bielorussi, ha a sua volta fatto intendere di non poter escludere l’eventualità che il (presunto) avvelenamento di Aleksey Navalniy (intanto uscito, il 7 settembre 2020, dallo stato di coma indotto) possa in realtà costituire una (supposta) «provocazione» dei servizi segreti occidentali rivolta a «scoraggiare Putin dal ficcare il naso negli affari della Bielorussia» attraverso la destabilizzazione della Federazione Russa sul fronte politico interno, oltre che un (ipotetico) “espediente” concepito oltreoceano per giungere all’accantonamento di un pro-getto dall’elevato peso geopolitico, come quello del raddoppio del gasdotto Nord Stream nel Baltico, che ormai da tempo divide le due sponde dell’Atlantico). Risulta infine interessante riportare come a detta dello scienziato russo Leonid Rink, direttamente coinvolto nello sviluppo dell’agente nervino, il Novichok avrebbe una letalità del 100% e, pertanto, la stessa uscita dal coma del sig. Navalniy potrebbe indicare che, anche nell’eventualità di un effettivo avvelenamento, non sia stato in realtà utilizzato il Novichok. Il 15 ottobre 2020, ad ogni modo, il Consiglio ha imposto misure restrittive (travel ban, asset freeze e prohibition of funds) nei confronti di un’entità (lo State Scientific Research Institute for Organic Chemistry and Technology di Mosca) e di sei alti funzionari statali della Federazione Russa considerati coinvolti nel (presunto) attentato ad Aleksey Navalniy. La decisione ha fatto seguito all’accordo politico raggiunto dal Consiglio “Affari esteri” il 12 ottobre 2020, inserendosi nel quadro delle sanzioni dell’Ue contro la proliferazione e l’uso di armi chimiche. Cfr.: “Grave il leader dell’opposizione russa Navalny: ‘Lo hanno avvelenato con un tè’”, Agi.it, 20 agosto 2020; “Il Cremlino respinge le accuse su Navalny, sono vuoto rumore”, Ansa.it, 25 agosto 2020; MADELINE CHAMBERS, “Germany pressed to rethink Nord Stream 2 pipeline after Navalny poisoning”, in Reuters – World News, 3 settembre 2020; UE, CONSIGLIO, “Russia: Declaration of the High Representative on behalf of the EU on the poisoning of Alexei Navalny”, in Press releases, 3 settembre 2020; “Navalny: il capo 007 russi: forse una provocazione occidentale”, Ansa.it, 3 settembre 2020; ITALO COSENTINO, “Lukashenko: il caso Navalny è una montatura dei servizi tedeschi e polacchi”, in Sicurezza internazionale – Luiss, 4 settembre 2020; “Белорусские госСМИ опубликовали «разговор Берлина и Варшавы» о Навальном”,Коммерсантъ, 4 settembre 2020; “Berlino: Mosca spieghi su Navalny o l’Ue discuterà sanzioni”, Ansa.it, 6 settembre 2020; “Navalny è uscito dal coma farmacologico”, Ansa.it, 7 settembre 2020; “Uscita dal coma di Navalny conferma che non è stato usato ‘Novichok’ – creatore”, Sputnik News, 7 settembre 2020; “Navalny è uscito dal coma, ‘le sue condizioni migliorano’”, Ansa.it, 8 settembre 2020; “La Polonia chiede alla Germania di fermare il Nord Stream 2 per il caso Navalny”, Sputnik News, 9 settembre 2020; “Pompeo: Mosca dietro veleno a Navalny”, Ansa.it, 10 settembre 2020; UE, CONSIGLIO, Decisione 2020/1482/Pesc, 14 ottobre 2020, “amending Decision 2018/1544/CFSP concerning restrictive measures against the proliferation and use of chemical weapons”, in MATTEO FULGENZI 28
materia afferente alla “consueta” cooperazione economica e ai reciproci scambi di merci e servizi business as usual. In particolare, tale impellenza si avverte ormai ineludibilmente in quegli ambiti dell’economia di maggiore rilevanza strategica dove si rivela sicuramente più difficoltoso celare i legami di profonda interdi- pendenza strutturale che continuano a intercorrere tra i due estremi opposti e complementari del continente europeo, ora paradossalmente divisi. Questo, d’altronde, è ciò che avviene nel contesto del settore energetico dove urge l’immediato ripristino di quel flusso di trasferimenti di tecnologia ed expertises di fatto indispensabili affinché la Russia, già nel prossimo futuro, possa ancora dimostrarsi in grado di soddisfare appieno la domanda di materie prime energetiche proveniente dai paesi dell’Ue.
Tutto ciò, del resto, appare adesso tanto più necessario quanto più si consideri-no i vincoli obbligatori che scaturiscono, sia per l’Unione europea sia per la Federazione Russa, dalla comune partecipazione nel framework giuridico e istituzionale dell’Omc, così come oggi corroborato dall’affermarsi di un nuovo “acquis” giurisprudenziale plasmato tanto dal recepimento del principio di “giustiziabilità” delle clausole di sicurezza previste dal Gatt quanto dal progressivo consolidamento, nell’ambito dei giudizi delle articolazioni giudicanti del Dsb, di precisi standards of review, standards of proof e tests for consistency indirizzati all’individuazione (e dunque alla prevenzione) dei casi di strumentalizzazione “politico- economica” della disciplina internazionale del commercio, nonché di dissimulazione di interessi particolaristici di natura protezionistica e quindi estranei agli Accordi che costituiscono e integrano la normativa multilaterale dell’Organizzazione mondiale del commercio.» (pagg. 616-618)
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«Pertanto, il nuovo “acquis” interpretativo maturato a livello giurisprudenziale nel quadro giuridico e istituzionale dell’Organizzazione mondiale del commercio può affermarsi come un efficace strumento di riduzione del peso della componente “geopolitica” nell’ambito delle relazioni economico-commerciali tra i Membri e, di conseguenza, quale valido argine nei confronti della stessa possibilità per questi ultimi di sfruttare il (proprio potere di) condizionamento unilaterale delle dinamiche degli scambi internazionali di merci e servizi (abusando dei propri diritti e strumentalizzando il ricorso alle “eccezioni” contemplate dalla regola-mentazione multilaterale dell’Omc) come un’impropria arma “commerciale” nel contesto delle moderne tattiche di guerra economica “ibrida”. La cd. hybrid warfare, infatti, si traduce oggi anche nell’articolato utilizzo di strumenti di economic warfare (o guerre économique158) dispiegati nel campo dell’economia e del commercio internazionale159 come mezzi di un pervasivo soft containment multilivello
Official Journal of the European Union, L 341/9, 15 ottobre 2020; UE, CONSIGLIO, “Use of chemical weapons in the assassination attempt on Alexei Navalny: EU sanctions six individuals and one entity”, in Press releases, 15 ottobre 2020.
158 Per un approfondimento multidisciplinare sul tema, si vedano: ÉRIC DELBECQUE e CHRISTIAN HARBULOT, La guerre économique (Parigi: Presses Universitaires de France, 2011); CHRISTIAN HARBULOT, “L’étude de la guerre économique et des problématiques associées”, in Document de Stratégie, n°162, 27 giugno 2013; ALAN VAUGHAN LOWE e ANTONIOS TZANAKOPOULOS, “Economic Warfare”, in Max Planck Encyclopedia of Public International Law (Oxford University Press, 2012). Si consideri come, nel 2020, la sopravvenienza della pandemia da Covid-19, incidendo negativamente sul tasso di crescita dell’economia mondiale e, di conse-guenza, sul valore di importanti variabili come il prezzo del petrolio, abbiadeterminato un’ulteriore recrudescenza della mai sopita “guerra economica” tra le maggiori potenze del globo. Si veda, inoltre, ROBERT D. BLACKWILL e JENNIFER M. HARRIS, War by Other Means. Geoeconomics and Statecraft (Belknap Press, 2016), 20, dove il concetto di “geoeconomics” viene declinato come «[t]he use of economic instruments to promote and defend national interests, and to produce beneficial geopolitical results; and the effects of other nations’ economic actions on a country’s geopolitical goals».
159 Si pensi, ad esempio, al tenore “ideologico”, ancor prima che politico-economico, che denota i tratti salienti della distanza che continua di fatto a separare prospetticamente l’Ue e la Russia in relazione ad alcuni temi cruciali in campo energetico (e.g.: diversificazione dei canali di approvvigionamento; gestione delle reti infrastrutturali; transizione “green” dalle fonti fossili alle cd. “rinnovabili”; etc.) con questi ultimi difficilmente dissociabili, ad esito di attenta indagine, dal novero delle motivazioni concretamente sottese alle specifiche “scelte” sanzionatorie operate da Bruxelles (incisive sia in materia di trasferimento tecnologico e di know-how, sia a livello finanziario) nei confronti delle “future” capacità estrattive di Mosca ben guardandosi, al contrario, dal causare immediati disagi ai MATTEO FULGENZI 29
— intriso di elementi geopolitici160 e finalizzato all’indebolimento politico-militare nonché alla market destruction161 degli “avversari” — al quale le grandi potenze mondiali fanno sempre maggiore ricorso con l’obiettivo di affermare il proprio predominio strategico nell’era dell’interdipendenza economica globale. » (pag. 621-622)
Membri dell’Ue tuttora fortemente dipendenti dalle “presenti” importazioni di materie prime energetiche dalla Fede- razione Russa.
160 È particolarmente interessante, quindi, notare come mentre il neoeletto Presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelenskiy, si faceva ritrarre dai fotografi in visita ai reparti delle truppe di Kiev dispiegate sul fronte orientale del Donbass, colui che è considerato essere l’artefice della sua ascesa politica, l’oligarca ucraino Igor Kolomojskiy, abbia rilasciato dichiarazioni al Financial Times attraverso le quali avrebbe consigliato allo stesso Zelenskiy di dichiarare il default e azzerare tutti i debiti esteri dell’Ucraina, proponendo inoltre agli Usa e all’Ue di annullare completamente quanto dovuto da Kiev nei confronti del Fondo monetario inter-nazionale (circa 80 miliardi di dollari) come indennizzo per quanto patito dal paese in questi anni a causa della sua “strumentale” contrapposizione alla Russia. «This is your game, your geopolitics», avrebbe dichiarato Kolomojskiy: «You don’t care about Ukraine. You want to hurt Russia, and Ukraine is just an excuse». Cfr.: MAX SEDDON, “Ukraine oligarch urges Volodymyr Zelensky to default on debt”, in Financial Times, 26 maggio 2019; FABRIZIO POGGI, “Il Donbass non è più Ucraina, ma non è ancora Russia”, L’Antidiplomatico, 28 maggio 2019.
161 Cfr. AA.VV., “Weapons of market destruction ECONOMICS OF SECURITY”.
Estratto –
Di Matteo Fulgenzi
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03Oct
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