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Nov
Al volgere del nuovo secolo, con la globalizzazione imperante il piccolo e medio imprenditore italiano ha perso la sfida con la modernità; l’evoluzione delle economie e del commercio nel processo di contrazione spazio-tempo contemporaneo ha fatto scacco matto alla frammentazione del sistema economico italiano, che non è riuscito a scalare le vette del mercato globale.
Tuttavia, è necessario riconoscere quelle realtà territoriali italiane che operano nel mondo in modo da garantire e da esportare il ‘Made in Italy’ con orgoglio. Questa premessa non serve a scoraggiare le strutture di raccordo private e statali che hanno costruito questo tipo di opportunità per le PMI. Il motore italiano è ruggente pur presentandosi a livello mondiale in misure minori rispetto alle sue potenzialità.
È necessario costruire le strategie su un mercato che cambia, e soprattutto se a cambiare sono le tendenze e le mode dei consumatori stessi, è indispensabile rispondere in modo reattivo alla domanda che il mercato chiede con l’offerta più efficace. Inserirsi in un mercato come quello cinse, nonostante le grandi opportunità, non è facile; certamente il senso del dovere e il patriottismo economico nazionale sono solamente gli investimenti e le spinte teoriche.
L’Export e l’internazionalizzazione sono due fattori decisivi per l’espansione di una società ed hanno bisogno di una strategia pianificata dettagliatamente; pensare una società nel mercato globale comporta una strutturazione più complessa e una strategia di ingresso nel mercato di destinazione volta a trovare soluzioni competitive per espandersi.
Un punto fondamentale è la conoscenza della cultura locale per trovare soluzioni competitive a livello provinciale; la diversificazione territoriale cinese è un indice di diversificazione culturale anche dal punto di vista alimentare.
Una secondo strumento importante nell’analisi di mercato d’ingresso è l’osservazione del lavoro delle aziende che già vi operano e il loro andamento, per quanto riguarda il caso italiano, le aziende presenti rappresentano il 10% delle aziende italiane nel mondo, tuttavia, si collocano nel range delle grandi aziende.
Per costruire relazioni in Cina occorre molto tempo. Oltre a stabilire il contatto con il distributore della grande catena si deve coltivare un rapporto diretto con lui e con l’azienda che rappresenta, per un’azienda straniera ciò si traduce nel recarsi periodicamente in Cina, comportando un investimento in termini di tempo e denaro ancor prima di cominciare a vendere su questo mercato.
Nella ricerca e nella scelta dei fornitori italiani vi sono due condizioni fondamentali: attinenza dell’offerta alla domanda cinese e affidabilità dell’azienda produttrice. La prima condizione risponde alle esigenze sovra elencate dedotte dalle analisi del mercato cinese; la seconda condizione affronta il reperimento di informazioni da parte dei singoli e possibili fornitori, l’analisi della loro affidabilità, dei loro storici di produzione e dei loro investimenti.
Tra le scelte indicative vi sono una serie di variabili quali: qualità del prodotto, quantità di produzione, affidabilità di risposta alle richieste date. Ovviamente il consolidamento di questa attività potrà sviluppare nel corso della sua evoluzione, differenti tipi di marketing: si pensi alla possibilità di sviluppare un sito che favorisca la vendita direttamente alla catena di distribuzione.
Inoltre, merita un’ulteriore considerazione l’esportazione in Zone di Libero Commercio ( Free Trade Zones) che rappresentano l’evoluzione del concetto di Zona Economica Speciale; in questi territori valgono regimi doganali verosimilmente distinti da quelli generali, e le stesse sono soggette a discipline e politiche autonome, tra le più importanti ci sono la municipalità di Shanghai ( stabilita nel 2013), che rappresenta una buona opportunità di esportazione provinciale dato il dinamismo del territorio e ancora quella di Tianjin, Fujian e Guangdong (a partire dall’aprile 2015); quest’ultima è particolarmente interessante in quanto rientra di un possibile progetto di commercio (Hub and Spoke) asiatico collegandosi a Hong Kong e Macao. Tutte le zone prese in considerazione mirano a costruire un ampliamento commerciale proprio, inserito nel contesto territoriale.
Nel 2019 sono state ampliate ulteriormente queste zone di libero scambio; le modifiche rappresentano un passo in avanti nella direzione dell’apertura verso l’esterno, attuate con l’intento di potenziare alcune particolari zone della Cina non ancora sviluppate, stimolando determinati settori produttivi nell’intento di attrarre nuovi e maggiori investimenti esteri. In conclusione, nel marzo 2019 è stata approvata la nuova Legge sugli Investimenti Esteri, anche nota come “FIL” (acronimo di “Foreign Investment Law”) che rimodella integralmente la disciplina dell’accesso, promozione, protezione e gestione degli investimenti stranieri in Cina.
Estratto dalla tesi del Master in “Intelligence Economica” ed. 2019-2020
Candidata Mariarita Piraino
Tutor Sergio Vento
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