27
May
Ottanta trilioni di dollari è la quota di denaro irreale in circolazione nel mondo, dove il denaro pulito e quello sporco dell’economia finanziarizzata sono confusi in una massa inestricabile, le salsicce di titoli atipici e altro.
Ivan Rizzi è Presidente e docente dell’Istituto di Alti Studi Strategici e Politici (IASSP)
È il mercato bellezza! Che disegna la differenza tra chi ha e chi non ha, tra la ricchezza che via via si concentra in pochi eletti – quasi in un minuscolo puntino in mezzo a cerchi concentrici di proseliti – e la miseria di molti reietti, sudditi assistiti che non hanno che la facoltà di scegliersi il padrone.
È la mentalità servile parassitaria che oggi ci domestica di fronte all’insostenibilità del welfare che come si sa si regge sulla vita attiva cioè produttiva, è l’infelice mentalità del “voto di scambio”, oggi però basta anche una promessa che è sempre meglio di niente. Ritorna il detto del tardo Cinquecento, con la Francia o con la Spagna purché se magna. Peccato che così il servo rinunci alla gioia di credere di essere autore di sé e del mondo. Lo sapeva anche la classicità. Non c’è felicità senza libertà, non c’è libertà senza coraggio. Lo si può dire anche con Sant’Agostino: è felice l’individuo che ama la propria volontà buona.
Il post Covid-19 forse non vedrà le migrazioni di disperati in cerca di scampoli di lavoro come nelle pagine di Steinbeck e forse nemmeno la cieca ira dei miti ma qualcosa dovrà accadere.
Si sa da tempo che persino le civiltà possono morire e che quando va bene si fanno due passi avanti e uno indietro, il fatto è che forse ne stiamo facendo più d’uno dalla parte sbagliata. Del resto chi sa solo sperare non avrà la forza per dire la sua nella dialettica del concreto cioè degli interessi. Solo chi spera si può di- sperare.
Di quei 80 trilioni di dollari che è fumo per gonzi, i più, e invece è ricchezza sonante per chi sa muoversi in quell’opacità, una parte consistente si trova nella pancia dei paesi virtuosi o frugali, il blocco centrocontinentale europeo, istituti che vorrebbero attualizzare le antiche razzie magari verso il risparmio italico. Del resto è quella la via breve per la riproduzione della ricchezza, così se l’Europa ha perduto il primato nel mondo ai più intraprendenti non resta che riversare al proprio interno le brame dell’umana avidità.
È qui che si sta disegnando la nuova linea gotica tra paesi vincenti e perdenti, inutile dire dove siamo collocati, siamo persino appellati con impudenza derisoria, piigs-maiali, ma si sa che persone semiserie accettano tutto, basta ottenere una potestà di cortile e persino un vicerè sarà felice.
Però non crediate che la vicenda della scarcerazione dei vertici delle cupole mafiose appena consumata (e non di presunti colpevoli, quelli sì rimasti in carcere, ma di condannati definitivi) sia una storia al limite del ridicolo tanto è stupefacente.
Il fatto è legittimato dalla pietas nell’incalzare di un contagio a caccia di immunodepressi e di vecchietti iperpatologizzati che com’è noto affliggono endemicamente le caste dei clan.
Tutto il sistema levantino di guardie e ladri, di stato e antistato, dove vige l’antropologia negativa la sfiducia nell’altro è in pieno risveglio, si fa per dire.
Il giustizialismo mediatico, sempre epico ed etico puntualmente impegnato per ben altro, non ha notato nulla e quindi semplicemente non ha avuto niente da ridire.
Così il Consiglio Superiore della Magistratura, oggi sottosopra e in crisi di identità per lo scandalo Palamara-Auriemma dove un semplice Trojan ha sollevato il velo su un sistema di potere indaffaratissimo sul fronte politico interno per “cancellare” non tanto l’ingiustizia in Italia quanto gli avversari politici. Un tempo non si sarebbe parlato di istituzioni deviate?
(… continua a leggere l’articolo su La Verità)
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