08
Apr
“Agli attori del mondo economico contemporaneo è necessario spiegare che la loro sopravvivenza dipende oggi dallo sviluppo di adeguati servizi di difesa e di Intelligence Economica”. Seduto a un tavolo di un’elegante brasserie nel settimo arrondissement di Parigi, a due passi dall’Ecole Militaire, Eric Denécé fa prova di un pragmatismo senza appello che non può che derivargli dagli anni di esperienza diretta nel settore aziendale e dell’Intelligence Economica.
Direttore del Centro Francese di Ricerca sull’Intelligence (Cf2R), è anche fondatore, fra molte altre, della CF2R SERVICES, una società di consulenza aziendale specializzata in “Risk Management”. Le sue esperienze di vita sono molteplici: da Roma alla Cambogia, passando per la Birmania e i paesi arabi durante le “primavere” del 2011, quest’uomo dagli occhi limpidi e l’eloquio spregiudicato vanta una vasta conoscenza del mondo aziendale francese, di cui ha sempre difeso gli interessi contro le minacce esterne (durante il periodo in Birmania, ad esempio, si è impegnato nella difesa di Total contro la guerriglia locale).
Esperto di servizi segreti, dichiara apertamente di avere lungamente collaborato con la DGSE (Direzione Generale della Sicurezza Esterna, ovvero i segreti francesi specializzati negli esteri) e di contare fra i suoi obiettivi quello di smitizzare il mondo dell’Intelligence e dello spionaggio, di cui il grande pubblico avrebbe, secondo lui, una visione distorta e spesso stereotipata.
In poco più di un’ora d’intervista, Eric Denécé fa prova di una visione disincantata e cinica dell’economia contemporanea, dominata a suo dire da una guerra invisibile e onnipresente in cui ogni alleato si rivela al tempo stesso un nemico, e viceversa. Restio alle formule del “politicamente corretto” fa prova di un empirismo radicale principalmente basato sui concetti di “guerra”, “interesse” e “concorrenza”.
Maria Elena Gottarelli
MEG: In diverse interviste ha dichiarato che, al giorno d’oggi, le aziende europee sono vulnerabili. Qual è allora la posta in gioco nello sviluppo di un’Intelligenza Economica performante?
ED: Al giorno d’oggi, sviluppare un’Intelligenza Economica in grado di proteggere le nostre aziende non è più un’opzione, ma una necessità. La guerra economica è onnipresente anche in Europa, dove lo scambio pacifico dei mercati non è che un’effimera illusione. La competizione economica è spietata anche nel vecchio continente.
In un simile scenario, le aziende devono comportarsi alla stregua degli Stati, devono cioè comprendere come difendersi e come espandersi. L’Intelligenza Economica, che è la risposta diretta alla guerra economica, si fa carico di due esigenze proprie delle aziende: difendersi e conquistare. A livello di difesa, è necessario sviluppare un servizio di sicurezza, a livello di espansione un servizio di Intelligence. L’Intelligenza Economica si occupa quindi di fornire alle aziende questi due strumenti principali.
MEG: In quanto rappresentante del mondo dell’Intelligenza Economica francese, fino a che punto si ritiene soddisfatto dei risultati finora raggiunti?
ED: Penso che ci sia ancora molta strada da fare. Lei deve capire che la Francia è un paese “di astrazione”. A noi francesi piace appropriarci di un concetto, scrivere dissertazioni, fare conferenze… ma raramente passiamo all’azione. Insomma, siamo un popolo concettuale, amiamo il discorso. Dall’esterno, si ha l’impressione che la Francia sia un paese all’avanguardia in termini di Intelligenza Economica, io direi che la strada da fare è ancora lunga. Sono appena uscito da una consegna di diplomi alla Scuola Militare, dove degli uomini d’azienda sono stati formati dal Ministero della Difesa su questioni di sicurezza… Glielo assicuro, non siamo ancora sufficientemente preparati.
MEG: Quali lacune principali ha riscontrato?
ED: Gli imprenditori sono ancora molto ingenui sulle pratiche americane e sui loro metodi di spionaggio e di destabilizzazione delle nostre aziende. Prima di preoccuparci di come espanderci nei mercati esteri, dovremmo imparare a difendere meglio le nostre imprese. I tempi della Guerra Fredda, in cui il mondo era diviso in due polarità chiare e distinte, sono ormai finiti. Oggi, viviamo in un mondo dominato dalla “co-opetizione”, che è la contrazione delle parole “collaborazione” e “competizione”.
In termini economici, non esistono più nemici e alleati, ma in una determinata situazione un alleato può rivelarsi un nemico, e viceversa. Gli americani sono al tempo stesso i nostri alleati politici e il nostro peggior nemico in termini economici. Scommetto che voi italiani avrete non poche noie in seguito all’accordo firmato con Xi Jinping… (ndr: l’accordo firmato dal premier Conte e il presidente cinese Xi Jinping il 23 marzo scorso e che sottoscrive l’adesione dell’Italia al progetto della nuova Via della Seta).
MEG: Vuole dire che l’Italia non dovrebbe fare accordi con la Cina?
ED: Tutt’altro. Ogni Stato dovrebbe coltivare i propri interessi economici in modo indipendente. Ma le faccio un esempio concreto: vivevo a Roma ai tempi d’oro di Berlusconi. Non voglio entrare nel merito dell’uomo politico, mi limito a constatare che molti dei suoi problemi sono iniziati quando si è avvicinato a Vladimir Putin. Certamente i suoi guai giudiziari e l’opposizione italiana hanno giocato un ruolo fondamentale nella sua caduta. Ma io non posso non vederci anche lo zampino americano.
MEG. Se gli Stati Uniti rappresentano per noi la principale minaccia, come possiamo proteggerci? Immaginando un’Intelligenza Economica a livello europeo?
ED: Impossibile. In questo senso, l’Europa non esiste. Nel mondo della “co-opetizione”, ritengo più realistico che ogni Stato cominci con l’imparare a proteggersi in prima persona. Una reazione collettiva è inutile laddove mancano le reazioni individuali e, come dicevo prima, la concorrenza intra-europea è molto forte, contrariamente a quanto si pensa comunemente.
MEG. E allora, concretamente, come proteggiamo le nostre piccole e medie imprese?
ED: A dire il vero, io e la mia equipe lavoriamo più con i grossi gruppi che con le piccole e medie imprese, dal momento che le PMI francesi sono meno dinamiche rispetto a quelle italiane in termini di export. Realisticamente, un’impresa di 150 dipendenti non baserà mai il suo successo sull’offensiva. I suoi obiettivi sono altri e includono, da una parte, la difesa personale e, dall’altra, la captazione delle informazioni necessarie per sviluppare i suoi prodotti. In questo senso, noi le insegnamo a sorvegliare il committente.
Se sono una piccola impresa che produce cuoio per Vuitton o Hermès, la mia vitalità dipende all’80% dalle commissioni di Vuitton o Hermès. La mia principale missione sarà quindi di fare in modo che i miei committenti non cambino fornitore, per esempio scegliendone un altro in un paese in cui la manodopera costa meno. La vitalità delle piccole e medie imprese dipende in larga parte dal loro rapporto con il committente. Ci sono casi in cui il committente fallisce per svariate ragioni, tirandosi dietro anche il fornitore. Attraverso l’Intelligenza Economica, cerchiamo di evitare questi scenari.
MEG: Riassumendo, che altri servizi fornite alle aziende?
ED: Io e la mia equipe lavoriamo principalmente su quattro assi. Gran parte del mio lavoro è costituito dal “Risk Management”, cioè la valutazione dei rischi in cui possono incorrere le aziende che decidono di impiantarsi all’estero. Tali rischi sono molteplici e possono essere legati alla situazione internazionale: rapimenti, omicidi, atti terroristici…
Vi sono poi i rischi legati ai crimini come il riciclaggio di denaro sporco, lo sfruttamento minorile o la discriminazione nei confronti delle donne. Il terzo dominio riguarda invece i rischi concorrenziali e le eventuali pratiche di destabilizzazione (qui siamo al cuore dell’Intelligenza Economica). Ci occupiamo inoltre dei rischi “sociali”, cioè quelli legati alle azioni dei militanti e di ONG come “Greenpeace” che attaccano spesso le aziende. Infine, lavoriamo molto sui rischi settari, vale a dire l’impatto negativo della religione (e dell’Islam radicale in particolare) all’interno delle aziende.
MEG: Le è mai capitato di trattare con aziende non francesi?
ED: Si, ho lavorato con diverse aziende estere, ma sempre europee, di cui una italiana.
MEG: Quale?
ED: Questo proprio non posso dirglielo.
MEG: Può dirmi almeno perché questa azienda si è rivolta a lei?
ED: Per problemi legati a dei gruppi di militanti ecologisti. La causa ambientale, che alla base ha buone argomentazioni, può rappresentare una grave minaccia per le aziende quando si trasforma, ad esempio, in eco-terrorismo.
MEG: L’ecologia è tuttavia uno dei grandi temi che il mondo dell’economia dovrà affrontare nei prossimi anni. Non è d’accordo?
ED: Faccio parte del ristretto gruppo di persone che ritiene che la causa ambientalista sia molto fumo negli occhi. La Francia rappresenta l’1% della popolazione mondiale e meno del 2% dell’inquinamento atmosferico globale. Se anche tutti i francesi facessero uno sforzo per ridurre le loro emissioni, l’impatto globale sull’ambiente sarebbe esiguo. Chi inquina sul serio sono i paesi in via di sviluppo, come l’India e la Cina, ma a loro interessa sviluppare la loro economia.
MEG: Ultima domanda. Se dovesse rivolgersi agli imprenditori francesi, italiani, spagnoli, tedeschi e così via, che cosa consiglierebbe loro?
ED: Innanzitutto, di avere uno spirito più indipendente nei confronti degli americani e più aperto nei confronti dei loro antagonisti storici, quali la Cina e la Russia. Ad esempio, il modo in cui oggi vediamo la Russia è completamente distorto dalla visione che ci hanno inculcato gli Stati Uniti. Noi europei vediamo i russi come gli americani vogliono che li vediamo. Non sto dicendo che dobbiamo essere pro-russi o anti-americani, ma che dobbiamo sviluppare un’autonomia che ci consenta di valutare le diverse situazioni.
In secondo luogo, agli attuali attori economici vorrei ricordare la distinzione fondamentale tra Intelligence e spionaggio. Si tratta di due cose diverse, poiché la prima è legale mentre il secondo no. Lo spionaggio trasgredisce il codice penale e consiste nel piazzare microfoni, ricattare o minacciare tramite dei furti mirati. L’intelligence, al contrario, comporta altre pratiche, come mentire, ingannare, ideare stratagemmi per ottenere informazioni utili, restando tuttavia nei limiti della legalità.
I capi di azienda devono sradicare dalla loro mente l’idea che l’intelligence e la raccolta di informazioni sia qualcosa di negativo o immorale. Al contrario, per sopravvivere nel mondo attuale del commercio, è necessario sviluppare dei servizi di sicurezza di Intelligenza Economica. Auspico maggiore formazione, informazione, dottorati e diplomi che preparino i capi di azienda alla guerra economica già in corso.
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