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Jan
La guerra tariffaria che infuria oggi tra Stati Uniti e Cina è stata l’obiettivo principale dell’incontro tra Xi Jinping e Donald Trump al G20 di Buenos Aires. Questa guerra commerciale colpisce i mercati tradizionali dell’economia come l’automobile o l’acciaio. Ma colpisce anche un settore molto più critico e importante per il futuro: quello della tecnologia (reti informatiche, intelligenza artificiale) e dei semiconduttori. È proprio nell’industria denominata delle pulci che la leadership industriale americana e le ambizioni della supremazia cinese si scontrano più frontalmente.
Come è noto la Silicon Valley prende il nome dal silicio, una delle sostanze chimiche più importanti nei chip elettronici. Ebbene, la regione californiana fu fortemente sostenuta dal Pentagono, in quanto una delle prime applicazioni di chip elettronici provenienti dalla Silicon Valley erano i sistemi di guida dei missili nucleari. Questi chip sono oggi la base dell’economia digitale e della sicurezza nazionale.
Da un punto di vista squisitamente economico, le aziende statunitensi e i loro alleati, come la Corea del Sud e Taiwan, dominano i settori più avanzati del settore mentre la Cina rimane dipendente dal mondo esterno per la fornitura di chip elettronici di qualità. Inoltre, spende di più sulle importazioni di semiconduttori che sulle importazioni di petrolio. L’elenco dei 15 maggiori fornitori di semiconduttori a livello mondiale non contiene nessuna società cinese e proprio per questo la Cina intende porre in essere una postura offensiva in questo contesto ,postura che è pienamente coerente con il suo obiettivo di egemonia mondiale a livello economico in funzione antiamericana.
Infatti, già nel 2014, Pechino aveva annunciato la creazione di un fondo di investimento di un biliardo di yuan (126 miliardi di euro) per migliorare l’industria nazionale e ha ,più recentemente posto in essere ,il Fondo di investimento nazionale per gli investimenti industriali integrati di circa 17 miliardi di euro proprio a sostegno dell’industria dei semiconduttori.
Infatti i semiconduttori hanno un posto importante nel piano di sviluppo nazionale indicato nel documento ufficiale denominato “Made in China 2025”, pubblicato nel 2015. La Cina vuole aumentare la produzione di chip per 5 e portarla quindi da 57 miliardi di euro a circa 270 miliardi di euro nel 2030.
Le ambizioni della Cina di creare un industria dei semiconduttori avevano destato legittime preoccupazioni da parte di Barack Obama. Proprio per questo, attraverso il CFIUS – uno strumento di controllo poco conosciuto ma potente del Dipartimento del Tesoro statunitense – sono state esaminate le implicazioni sulla sicurezza nazionale degli investimenti stranieri in società o operazioni statunitensi. Storicamente il Commitee on Foreign Investment in the United States (Cfius) fu creato da Gerald Ford nel 1975 e potenziato negli anni ‘80 da Ronald Reagan come argine contro lo shopping dei keiretsu giapponesi. Attualmente il Cfius è presieduto dal segretario al Tesoro ed è composto da membri del dipartimento di Stato, Difesa, Giustizia, Commercio, Energia e Sicurezza nazionale. Il suo compito è esaminare gli investimenti rilevanti per la sicurezza nazionale, in ingresso negli Usa.
Barack Obama, in particolare, ha impedito per esempio ad Intel di vendere alcuni dei suoi chip di maggior successo in Cina nel 2015 e ha impedito l’acquisizione di chip prodotti dalla tedesca Aixtron – azienda tedesca che fabbrica Led per l’industria dei semiconduttori – che la Cina nel 2016 intendeva acquisire attraverso il fondo di investimento Fujian Grand Chip Investment Fund LP (FGC).Due settimane prima della fine della sua presidenza, i suoi consulenti hanno pubblicato un rapporto completo intitolato “Assicurare la leadership a lungo termine nell’industria dei semiconduttori” che suggerisce che almeno una parte della tecnologia dei semiconduttori dovrebbe essere trattato come un segreto di stato, perché “… l’industria dei semiconduttori è fondamentale per i sistemi di difesa e il potere militare statunitense…”. Il rapporto raccomanda anche di agire contro le sovvenzioni cinesi e il saccheggio tecnologico. Altri paesi ,specialmente Taiwan e la Corea del Sud, hanno posto in essere rigide normative per fermare le società cinesi che acquistano le società di semiconduttori e per fermare il saccheggio della proprietà intellettuale.
Ora, al di là del caso Huawei sul quale si siamo soffermati diverse volte, il presidente Trump ha imposto restrizioni all’esportazione a Fujian Jinhua, un’altra società cinese accusata di aver sottratto segreti commerciali al produttore americano Micron. La preoccupazione per la sicurezza nazionale da parte prima di Obama e adesso da parte di Trump è dunque tutt’altro che infondata. Basti pensare al celebre caso di “The Big Hack”, in cui le spie cinesi utilizzavano un piccolo chip per infiltrarsi in quasi 30 compagnie statunitensi, tra cui Amazon e Apple.
Ebbene, la guerra economica tra la Cina e gli Stati Uniti, acquisisce una dimensione nuova in relazione alla produzione dei semiconduttori che rappresentano l’apice della globalizzazione. Ad esempio: gran parte delle società di semiconduttori americani hanno i loro fornitori ubicati all’estero e la Cina costituisce un enorme mercato anche per i semiconduttori. Di conseguenza la politica protezionistica di Trump potrebbe alla fine rivelarsi autolesionista soprattutto nel mercato dei semiconduttori.
Ora, benché l’America sia in vantaggio rispetto alla Cina nella progettazione e produzione di chip di fascia alta, con questa guerra gli Stati Uniti potrebbero probabilmente rallentare la Cina, ma gli eventuali e molto probabili progressi che la Cina potrebbe attuare saranno difficili da fermare. Non a caso, imitando gli USA, la Cina combina risorse statali e aziendali per raggiungere i suoi obiettivi. Infatti ha messo in atto programmi di sostegno e incentivi per attrarre ingegneri da altri paesi, tra cui Taiwan. Aziende come Huawei hanno dimostrato la loro capacità di innovare; il blocco dei chip Intel nel 2015 ha solo incoraggiato la Cina a sviluppare la sua industria nazionale di supercomputer, come il “Taihu-Light” (il Sunway Taihu-Light è un supercomputer cinese che, da novembre 2017 è diventato il più veloce supercomputer al mondo) prodotto proprio in Cina. Inoltre, l’ambizione cinese di diventare una potenza mondiale nel campo dei semiconduttori arriva al momento giusto.
Per decenni, l’industria dei chip è stata governata dalla legge di Moore, che afferma che la capacità di un chip di una determinata dimensione raddoppia ogni due anni e che il suo prezzo cala della metà. Tuttavia, la legge di Moore ha raggiunto i suoi limiti fisici e non sta più andando avanti come prima. Il mondo di oggi è focalizzato su l’informatica quantistica e sui chip con intelligenza artificiale. La Cina coglierà questa rara opportunità per recuperare terreno, soprattutto grazie ai mercati dei semiconduttori degli smartphone e del cloud. Da parte sua, l’America continuerà a lavorare con i suoi alleati in Europa e in Asia per respingere pratiche sleali cinesi come il saccheggio tecnologico e il furto della proprietà intellettuale.
Giuseppe Gagliano
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03Oct
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