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Dec
Vorrei vedere l’Europa farsi a sua volta minacciosa, crearsi attraverso una nuova casta che la reggerà una volontà unica, formidabile, capace di perseguire uno scopo per migliaia di anni, al fine di mettere un termine alla troppa lunga commedia della sua piccola politica. Il tempo della piccola politica è passato: ormai un secolo che si annuncia fa prevedere la lotta per la sovranità sul mondo e l’irresistibile spinta verso la grande politica. Friedrich Nietzsche.
Fra il 1975 e il 1976 l’intellettuale francese Alain De Benoist, in un contesto culturale e politico caratterizzato dalla guerra fredda, ebbe modo di formulare alcune riflessione in assoluta controtendenza rispetto al panorama politico del tempo che riteniamo essere di grande attualità. De Benoist pose l’enfasi sulla necessità di costruire un’Europa autorevole in grado di poter competere non solo con gli Stati Uniti d’America ma anche con la Cina e la Russia.
Secondo Alain De Benoist l’universo americano corrisponde all’incubo hegeliano, cioè all’incubo di una società che, dopo aver ucciso l’idea di patria, nega persino l’idea di una legittimità dello Stato. Nel contesto della sua riflessione politica, De Benoist sottolineava come la democrazia americana fosse una nomocrazia, vale a dire una tirannia della legge, materializzata dal potere dei giudici e asservita al potere dei media. D’altra parte – rilevava con ironia l’autore francese – in un paese in cui la costituzione fissa come scopo della società il perseguimento della felicità non poteva esistere altra aspirazione generale se non quella della fine della storia e del consumismo posto come fine in se stesso.
Sotto il profilo della geoestera per gli Usa il mondo esterno non esiste poiché l’esistenza di una specifica cultura, dotata di valori diversi da quelli dell’American Way of life, è incomprensibile per un americano convinto che il suo modello politico ed economico sia universale e che sia di conseguenza l’unico valido per l’intero pianeta. Per questo la loro politica estera non fa che oscillare perennemente fra l’isolazionismo e il sentimento profetico di una missione consistente nel diffondere nel mondo i principi della democrazia.
Quanto all’ Europa, quella che si è andata costituendo, è stata un’Europa atlantica la cui sua unificazione è consistita in una operazione di addizione tra le politiche nazionali che concretamente ha dato una somma pari a zero. Fare l’Europa in assenza di una volontà europea in grado di affermarsi in maniera indipendente come entità che possegga una propria personalità o una coscienza europea equivale – sottolinea – da un lato a legittimare la divisione dell’Europa (ieri esplicitamente oggi implicitamente, aggiungiamo) e dall’altra parte a diventare sudditi di Washington. In ultima analisi, allo stato attuale gli Stati Uniti d’Europa non sono altro che l’Europa degli Stati Uniti poiché l’integrazione europea oggi consiste nell’allinearsi a decisioni prese altrove.
Se dunque l’Europa deve diventare una succursale statunitense sia a livello militare che a livello economico, a questo punto sarebbe auspicabile l’istituzione o la creazione di una nazione isolata che tuttavia abbia il senso della sovranità piuttosto che trovarsi all’interno di un Europa completamente integrata nella logica imperiale americana. Cosa altro è, sottolineava il filosofo francese, l’Europa di oggi se non un vuoto politico all’interno del quale – in piena libertà – si affrontano una infinità di lobby straniere che indirizzano la politica estera, economica e militare dell’Europa?
Se oggi l’Europa vuole avere una possibilità di competere alla pari con gli i Stati Uniti d’America, oltre che con la Cina e la Russia, è necessario – come sottolineato da Jean Pichot-Duclos e da Christian Harbulot – che l’Europa torni ad essere un soggetto protagonista attivo della storia e non più oggetto della proiezione di potenza e della volontà egemonica delle altre nazioni.
Giuseppe Gagliano
(articolo pubblicato il 2 dicembre su www.ilprimatonazionale.it)
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