06
Jun
Gli ambasciatori sono le prime linee degli Stati, sono quelli che possiedono la percezione di come evolve la geopolitica e il commercio tra le varie nazioni e i vari ambiti. In particolar modo una realtà, una potenza economica e strategica come il Regno Unito, assurge a un ruolo ancora più importante. L’evento Brexit deve far riflettere non solamente il Regno Unito (sia a livello elettorale per l’esito e modalità del voto, che per un discorso relativo alla UE) ma l’intera Unione europea. Se uno Stato membro da quarantaquattro anni, seppure con la sua storia peculiare differente rispetto al continente, decide di uscire dall’Unione europea significa che si è rotto o inceppato qualcosa nel meccanismo stesso che regola i rapporti degli Stati membri.
Ne parliamo con Jill Morris, Ambasciatore britannico in Italia.
Alla luce della Brexit, come evolverà il commercio tra la macro-area rappresentata dall’Unione Europea, addentrandoci poi nello specifico dell’Italia, e la Gran Bretagna?
Per inquadrare brevemente la situazione attuale, siamo felici di aver concluso una bozza d’intesa rispettivamente a dicembre 2017 e a marzo 2018 per quanto riguarda l’accordo sull’uscita del Regno Unito dall’UE. È stata definita la parte riguardante i diritti politici dei cittadini europei presenti nel nostro paese, un punto fondamentale per tutti noi e per i circa 600 mila italiani che abitano e lavorano sul nostro territorio. Il nostro Primo Ministro Theresa May ha ribadito l’anno scorso a Firenze «We want you to stay». Rimarremo una nazione aperta, ma ovviamente il discorso è ampio e complesso, essendoci anche il tema del bilancio sia europeo che del Regno Unito, oltre alla questione delicata dell’Irlanda del Nord. A marzo 2018 è stato raggiunto un accordo sul periodo transitorio, ossia fino alla fine del 2020. Fino a tale data, per quanto riguarda il business, rimarrà invariato lo status quo perché il Regno Unito farà ancora parte del mercato unico e dell’unione doganale, quindi ne manterrà i benefici e i vantaggi, rispettando tutte le regole europee come ogni Stato membro.
Dopo marzo 2019 ci sarà ovviamente un grande cambiamento per noi dato che diventeremo un paese terzo, pertanto non prenderemo più parte ai processi decisionali dell’UE. Al momento il punto chiave dell’accordo è la certezza fino al 2020 per quanto riguarda i diritti dei cittadini e il business degli stessi. A marzo 2018 è stato aperto il secondo capitolo dei negoziati, cioè la futura relazione. I nostri negoziatori stanno lavorando ogni giorno a Bruxelles con i mediatori della Commissione ed è già stata concordata una struttura per i negoziati post 2020 che non include soltanto gli aspetti commerciali-economici ma anche la partnership relativa alla sicurezza, alla difesa, alla cultura, agli scambi educativi.
La nostra visione rimane una visione di una partnership profonda, speciale, che esprime il migliore rapporto che l’UE abbia mai avuto con qualsiasi paese terzo. È una visione ambiziosa ma pensiamo sia una ambizione giusta, dato che siamo un paese membro da quarantaquattro anni. Ovviamente è un negoziato tecnico ma va approcciato con uno spirito di amicizia costruttivo e siamo felici per i buoni progressi realizzati insieme.
Da sempre il nostro paese ha rappresentato un punto attrattivo nei confronti degli inglesi. Oggi l’Italia cosa rappresenta sia a livello commerciale che a livello strategico?
Ovviamente il mio paese ha una storia lunghissima di rapporti con l’Italia e attualmente rimane un partner molto importante e indispensabile. È la terza economia in Europa e i legami sono più profondi che mai, anche in campo commerciale. Nei miei quasi due anni di mandato ho incontrato tanti investitori britannici in Italia e altrettanti italiani nel Regno Unito, non soltanto a Londra ma anche in Scozia e in Galles, mia terra d’origine. Esiste un reciproco rispetto per l’eccellenza che esiste in entrambi i paesi. Ho scoperto molteplici esempi di come gli imprenditori hanno abbinato il meglio dell’Italia con il meglio del Regno Unito: le startup meditech, fintech, cybersecurity; ci sono giovani imprenditori italiani che hanno deciso di investire nel Regno Unito anche per approfittare del settore della ricerca e universitario.
Il settore manifatturiero italiano e l’eccellenza dell’ingegneria del vostro paese rappresentano un vantaggio per noi. Leonardo, un’impresa italo-britannica attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza, è un esempio perfetto, ma anche nelle medie e nelle piccole imprese ci sono molti altre dimostrazioni di come possiamo abbinare il talento britannico con quello italiano per gli interessi comuni. In questi ultimi due anni si è visto un aumento continuo degli investitori, anche se la Brexit ha indubbiamente creato una percentuale di incertezza. Nonostante ciò cerchiamo di avere veramente un dialogo aperto e costante con il business italiano. È importante avere una conversazione stabile non soltanto per comunicare gli sviluppi e la nostra posizione ma anche per ascoltare le preoccupazioni altrui in riferimento al business. È indispensabile creare un nuovo modello per gestire gli scambi commerciali che rifletta la realtà dei legami già esistenti fra il Regno Unito e il resto dell’UE.
Nello stesso tempo siamo consapevoli che non esistono solamente i diritti ma anche i doveri. Non ci aspettiamo e non vogliamo pieno accesso al mercato unico senza creare nuovi legami e nuovi accordi commerciali con il resto del mondo. Come affermato dal Primo Ministro Theresa May, perderemo qualcosa. Non possiamo nascondere la realtà, ma nello stesso tempo siamo convinti che esistano nuove opportunità offerte dalla stessa Brexit a livello internazionale, mantenendo un equilibrio fra i diritti e i doveri, perché non si può godere soltanto di diritti senza gli obblighi e le responsabilità che questi comportano.
Questo nuovo paradigma sarà adatto alla realtà degli interessi comuni con tutto il resto del mondo, non solo con la UE, e creerà legami soprattutto con le economie emergenti. Un modello ancora da sviluppare, applicando una buona dose di creatività senza seguire in maniera ristretta modelli già esistenti che, seppur funzionanti in altri contesti, non riflettono la realtà. Sarebbe veramente uno spreco di potenzialità per le partnership future, ma allo stesso tempo rispettiamo l’integrità del mercato unico e la posizione dei nostri partner per quanto riguarda l’indivisibilità delle quattro libertà.
Per conciliare tutti questi fattori si dovrà costruire un modello che riconosce l’autonomia dell’UE e il fatto che il Regno Unito sarà un paese terzo ma che nel contempo rispetti la sovranità del Regno Unito. Il popolo britannico ha votato per avere il controllo sui confini, sulle leggi, sui soldi e le tasse. Questi sono le nostre red lines e ovviamente l’UE ha il dovere di rispettarle. Un negoziato è sempre così, i due lati partono con i propri principi cardine e poi si deve trovare il compromesso. È il lavoro di Bruxelles. Non per questo voglio sottovalutare la difficoltà di affrontare per la prima volta gli aspetti tecnici e legali di una situazione simile. Siamo convinti che alla fine è importante per tutti creare una partnership per fare in modo che il Regno Unito rimanga non soltanto un buon vicino ma veramente il migliore amico. La fiducia è un elemento fondamentale di ogni tipo di rapporto.
Che tipologia di investimenti esistono tra i nostri due paesi?
Il Made in Italy è un brand imprescindibile e come nel resto del mondo anche nel Regno Unito è molto amato e ammirato, è un’eccellenza e uno stile di vita italiano. I dati dell’esportazione del cibo, della moda, dei vini non fanno che affermare questo, anzi ogni anno è in aumento. Il governo italiano ha un ruolo primario nella promozione del Made in Italy all’estero, è un modello esportabile assolutamente da seguire. Parlare solamente di Made in Italy è però un errore, perché non riflette pienamente l’economia italiana, che comprende un settore manifatturiero e ingegneristico di primissimo livello, con l’industria e le esportazioni dei beni di tutti i settori. Anche lo scambio di investimenti è a 360 gradi e va a toccare ogni comparto dell’economia: lo spettro è molto ampio e va dalla grande alla piccola impresa, alle startup. Nella nostra visione vorremmo evitare i dazi e la creazione di nuove barriere per favorire questo scambio. Sicuramente avverranno cambiamenti, siamo realisti, lavorando insieme possiamo però ridurre al minimo le barriere per il bene di tutti.
Parlando di sicurezza e di scambio di informazioni, esistono alcune dimensioni trasversali che non toccano soltanto l’aspetto commerciale ma anche la sicurezza e la difesa. Abbiamo suggerito un accordo relativo a queste tematiche (Security information agreement). Lo scambio di informazioni sensibili è la base dei rapporti su molti aspetti importanti. È bene evidenziare che il Regno Unito non ha cambiato la sua personalità; anche se è uscito dall’UE è ancora lo stesso paese aperto, liberale, tollerante e che vuole continuare ad avere un ruolo di collaborazione con il mondo, da buon cittadino, avendo rapporti con i suoi alleati.
Come si fa a mantenere un Regno «unito»?
Il Primo Ministro May ha ribadito l’importanza di una Brexit che serva tutte le regioni del paese, per promuovere e proteggere gli interessi di tutte le parti del Regno Unito. Per quanto riguarda l’Irlanda del Nord, il Primo Ministro ha sempre mantenuto la linea che non va fatta nessuna azione che possa mettere a rischio la pace e il progresso conseguito negli ultimi venti anni. Stiamo pertanto lavorando con la Commissione parlamentare per trovare una soluzione: sono stati messi sul tavolo della discussione alcuni suggerimenti ed è in corso un dibattito democratico nel Regno Unito per quanto riguarda i dettagli. I principi sono chiari e condividiamo gli stessi obiettivi sia con il governo dell’Irlanda che con i nostri partner europei, cioè evitare qualsiasi rischio che possa compromettere l’armonia e la situazione socio-economica. Desideriamo mantenere lo scambio libero non soltanto commerciale ma di cooperazione esistente adesso. La questione è sensibile e importantissima e tutte le parti stanno lavorando insieme per una risoluzione che rispetti l’unità e l’integrità del Regno Unito.
Edoardo Brunetti
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03Oct
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