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Apr
Venerdì 25 maggio 2018
La tecnica è il formidabile contrario dell’indifferente e indifferenziata naturalità, la nuda durata delle generazioni. La seconda natura si afferma senza bisogno di altre argomentazioni che non siano il proprio scopo.
La medicina, la farmaceutica, l’epigenetica… sono il baluardo dell’assoluto dopo che la salute ha sostituito il divino, divenendo la sola salvezza concepibile.
La liberazione dal dolore, l’abilità immunologica, l’opzione della qualità della vita rappresentano un diritto intrinseco e con esse la medicalizzazione della morte, la sua espulsione dal contesto della vita umana e dal suo mistero.
Anche se accettassimo la tesi che vede nella ricerca scientifica e nella produzione medicale una forma di natura naturata, qualcosa che prosegue la Creazione, resta il fatto che l’antropotecnica sta stravolgendo ogni fondamento ontologico e ogni prospettiva demografica insieme a ogni razionalità politica tradizionale.
Come sempre la questione del limite – l’etico – incontra quella del verbo modale potere, dove il “tu puoi” eccede la voce interiore del “tu devi”, ma se ci spingiamo fino al limite trascendentale del discorso – la sacralità della vita, l’ipotesi dell’integrità nel nostro essere donati all’esistenza – e dall’altro lato fino a quelle dell’illimite, dell’accanimento terapeutico, dell’interferenza rispetto al dato biologico mettiamo alla prova, letteralmente a repentaglio, ogni proprio sé nella sua qualificazione morale chiamata al di là della nostra (in)adeguatezza a scegliere e a decidere in tempo nientemeno che sulla stessa vita.
La domanda post-umanistica riguarda allora l’essenza dell’uomo nella società dell’accelerazione, ma al di là del piano ontologico o di una convenzionale autonomia delle tecniche, dobbiamo supporre che i prossimi anni diverranno per l’umanità passi di decisione politica sulla riproduzione umana.
L’accelerazione esponenziale delle capacità di realizzare scopi dovrà forse cercare un limite al suo sconfinamento nel tempo artefatto, finendo così per contraddirsi? E se sì lo potrà trovare nella prospettiva religiosa o in quella etica? Chi può definire la differenza ineludibile tra terapia prenatale e eugenetica? Tra protesi funzionali, impianti bionici e antropotecniche genetiche? Tra potenziamento dell’essere-e-pensiero e artefatto?
Saremo ancora preda dell’antica lusinga: “Eritis sicut Dii”?
Il comfort postmoderno, speculare al politically correct, impone di ritrarsi dall’onere morale della responsabilità delle scelte lasciando ogni decisività nelle mani di ipotetiche neutralità tecnoscientifiche, economiche, biopolitiche.
Sarà così la conoscenza del “regno degli esperti” a governare la saggezza?
Relatori:
A. Leone – Presidente Italian Angels
D. Fusaro – Dir. Filosofia Politica IASSP
P. Gottarelli – Chirurgo, Vice Presidente IASSP
M. Melazzini – Dir. Gen. AIFA
A. Meluzzi – Psichiatra, Saggista
A. Giori – Responsabile Ricerca e Sviluppo IBSA
S. Garattini – Direttore Istituto Mario Negri
Moderatore: Ivan Rizzi, Presidente IASSP
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