05
Feb
Venerdì 23 Febbraio 2018
L’innovazione è una voce antropologica che concerne tutta la fattività umana. Al centro c’è naturalmente l’accelerazione dell’innovazione tecnica, la portata rivoluzionaria delle nuove tecnologie. Il suo naturale contrario è la ripetizione, l’adattamento alla routine e a uno stato di fatto per lo più subito.
Dinnanzi a tale incremento, parallelo alla compressione dei tempi di lavoro e ai preludi della disoccupazione tecnologica, sta il possibile di una nuova categorizzazione della qualità sostanziale del lavoro in ordine all’emancipazione della forma-di-vita, cioè di un tempo vivente che non può essere separato dalla sua forma concreta.
La filosofia ci chiede di “diventare dei ciberneteci per poter restare degli umanisti”, tuttavia se parliamo dell’idea che l’uomo sia un fine e che cerchi l’armonia con se stesso dobbiamo porre in equilibrio il principio innovatore con nuove forme di consapevolezza. Dobbiamo prendere le distanze dalla volontà totalizzante e dalle modalità ossessive dell’alienazione attivistica.
Si può dunque pensare l’innovazione non solo rispetto al “come” ma anche rispetto al senso e al fine? Fino a che punto la potenza innovativa è sostenibile se l’habitat in cui si dispiega rimarrà privo di fondamento e di idee ideali?
Relatori:
Giulio Giorello – Filosofo
Massimo Fini – Saggista
Paolo Berra – Fisico Nucleare, Docente IASSP
Alberto Stuflesser – Innovazione Energie, Docente IASSP
Luca Sofri – Giornalista
Massimo Della Porta – Amministratore Delegato
Ivan Rizzi (moderatore) – Presidente IASSP
Trackbacks and pingbacks
No trackback or pingback available for this article.
Per qualsiasi domanda, compila il form
[contact_form name="contact-form"]
Leave a reply