08
Feb

50,45 chilometri: è la lunghezza del tunnel sottomarino che separa la Francia dal Regno Unito. A Calais, città di confine composta da circa 77 mila abitanti, si trova l’entrata francese del tunnel. Qui, più di 800 migranti sono in attesa, alcuni da settimane, altri da mesi, molti da anni. Si tratta principalmente di afghani ed eritrei, la maggior parte dei quali spera di arrivare nel Regno Unito, mentre qualcuno chiede di rimanere in Francia. La legge, nella sua lungimiranza, impedisce l’una e l’altra opzione.
I FATTI
Giovedì 1 febbraio, alle 15,30 del pomeriggio, cominciano i primi scontri fra un gruppo di afghani e uno di africani in seguito alla distribuzione giornaliera dei pasti avvenuta non lontano dal centro ospedaliero di Calais.
Cinque migranti vengono colpiti da un’arma da fuoco e quattro sono feriti gravemente. Le risse proseguono in diverse zone di Calais fino a sera provocando altri feriti e, inutile dirlo, il terrore degli abitanti.
GHETTIZZAZIONE PERSISTENTE
Se le motivazioni reali dei disordini restano incerte, non mancano le ipotesi. Secondo Jean-Claude Lenoir, presidente dell’associazione Salam, le violenze sarebbero dovute a “un’esasperazione e una tensione enorme all’interno della comunità di migranti, dovute in particolare a molestie subite quotidianamente dalle forze dell’ordine”.
Nel contesto di una precedente rissa, alcuni gendarmi avrebbero addirittura stracciato le tende dei rifugiati e distrutto i loro accampamenti.
Marianne Mas, giornalista e inviata speciale di France 2, pone invece l’accento sulle possibili motivazioni politiche delle violenze: “Lo scorso 18 gennaio ha avuto luogo l’ultimo vertice franco-britannico fra E. Macron e T. May: in tale occasione sono state evocate misure di riavvicinamento familiare e dei minori isolati” ha fatto notare la giornalista, secondo la quale l’incontro franco-britannico avrebbe provocato un aumento della confusione a Calais e una nuova ondata migratoria sul posto.
Ma quale è stato veramente l’oggetto dell’incontro fra Emmanuel Macron e Theresa May lo scorso 18 gennaio?
LE MANCATE RISPOSTE DELLA POLITICA E ALTRE VECCHIE STORIE
In realtà, le novità reali rispetto al passato non sono molte. Esclusi i casi sopra-citati di riavvicinamento familiare o di minori isolati, Calais non può essere un luogo di transito verso il Regno Unito.
Gli accordi di Tocquet firmati nel 2003 da Sarkozy non sono stati modificati. Il punto centrale di tali accordi consiste nel porre la frontiera britannica su suolo francese, così da rendere più difficile per i migranti l’attraversamento della Manica.
In cambio, Theresa May ha annunciato di stanziare 50 milioni di euro per migliorare le condizioni di sicurezza alla frontiera. Dal canto suo, il ministro dell’interno Gérard Collomb punta all’obiettivo “zero migranti a Calais”, una prospettiva interamente priva di pragmatismo, secondo il sindaco stesso di Calais Natacha Bouchart. Il governo e la legge sono ciechi e sordi di fronte alla realtà della crisi di Calais, ha rivendicato quest’ultima.
Ad approfittare di questa situazione di stallo sono, ancora una volta, le mafie locali e i trafficanti illegali ai quali i migranti fanno ricorso nella speranza di passare il confine. Una storia che noi italiani, grazie alle nostre politiche sul Mediterraneo, conosciamo bene.
NUOVE LEGGI
Nel frattempo, il governo è in procinto di votare un nuovo progetto di legge sull’immigrazione che prevede di raddoppiare i tempi di detenzione amministrativa dei migranti (fino a 90 giorni). In contropartita, ad essere accorciati saranno i tempi necessari ai richiedenti asilo di deporre e completare la loro domanda (da 120 a 90 giorni).
Inoltre, un richiedente asilo rifiutato dall’OFPRA (Ufficio Francese di Protezione dei Rifugiati e degli Apolidi) disporrà di sole due settimane per presentare il suo dossier, il che è quasi come dire che non lo deporrà per mancanza di tempo e di competenze legali e linguistiche, a meno che non disponga di aiuti all’interno dell’amministrazione e della burocrazia.
Per snellire il processo, il governo prevede tuttavia di aggiungere 150 posti in prefettura, sebbene sembra che non tutti saranno destinati a trattare le domande di asilo. Infine, ma non meno importante, resta la questione del Trattato di Dublino, in forza del quale un migrante può fare richiesta di asilo soltanto nel primo paese dell’Unione Europea in cui è stato registrato, salvo le eccezioni di ricongiunzione familiare e minori isolati di cui sopra.
In una lettera aperta pubblicata su Le Monde lo scorso 16 gennaio, i rappresentati di diversi sindacati e associazioni insieme a un noto professore di SciencePo, Jean Pisani-Ferry, hanno scritto:
“A questo punto, il problema non si porrà nemmeno più, dal momento che la schiacciante maggioranza di richiedenti asilo non sono entrati in Europa passando dal nostro paese. […] La tragedia e la guerra dilagano alle porte del nostro continente, e noi lasciamo agli italiani, ai greci e agli spagnoli, che non ne hanno spesso né i mezzi né la volontà di farlo, il compito di farsi guardiani esclusivi del dovere comune all’ospitalità”.
Di fronte alle numerose critiche suscitate dal progetto di legge, Macron si è difeso ricordando che umanità e efficienza devono accompagnarsi l’un l’altra.
“L’umanità senza efficienza sono solo belle parole. L’efficienza senza umanità è ingiustizia”. Ha rivendicato il presidente, dimenticando poi di menzionare il fatto evidente che, nella situazione attuale, sono prevalentemente l’ingiustizia e l’inefficienza ad avere la meglio ogni giorno.
Maria Elena Gottarelli
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