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Jan

Marocco e Italia si assomigliano più di quanto si possa pensare grazie ad una storia fatta di scambi commerciali, culturali e politici. Il Marocco rappresenta ed ha sempre rappresentato un unicum nel nord Africa: innanzitutto è una realtà sovrana da oltre millequattrocento anni, fermandosi solo al periodo musulmano, che già nel ‘600 poteva vantare un’ambasciata a Londra; inoltre a livello istituzionale ha nel tempo creato una monarchia che è una monarchia di consenso, lontana da alcune realtà tipiche del mondo arabo. Proprio in questo consenso si declina la figura del “Comandante” dei credenti, ma non unicamente dei fedeli musulmani bensì di tutti i seguaci delle religioni del libro. In questo modo il Re ha la responsabilità di difendere la libertà religiosa di tutti cristiani ebrei e musulmani. Partendo da qui si capisce perché il Marocco sia diverso dagli altri paesi arabi e perché non sia mai stato risucchiato nel vortice delle “primavere arabe”. Il rispetto delle differenze è alla base della cultura marocchina da secoli, quando Averroè teorizzava l’importanza della diversità nell’Andalusia moresca.
Il Marocco dopo il protettorato francese è sempre stato in grado di accogliere il confronto, seppur con tutte le difficoltà del caso, tra varie voci; ha saputo allontanare la tentazione del partito unico, del sindacato unico, insomma del pensiero unico. Il Marocco è arabo, africano, mediterraneo e con radici giudaico-cristiane, questo è alla base della sua identità che è stato inserito all’interno della Costituzione. Il regno ha riconosciuto la propria storia, la propria specificità e così facendo ha avuto la possibilità di mantenere una realtà che fosse un connubio tra modernità e tradizione in grado di affrontare le sfide del presente con riforme sociali e istituzionali come ad esempio quella sulla famiglia, fortemente voluta da Re Mohammed VI.
La crescita economica, costante a partire dal 2003, ha consentito di frenare l’emigrazione e qualificare le esportazioni, le infrastrutture e l’afflusso di capitali esteri e di diminuire la povertà. L’iniziativa economica negli ultimi anni è divenuta sempre più privata almeno fino ai livelli più alti, lo spazio e quindi l’intervento dello stato si è ridotto ai minimi termini. Il Marocco è uno dei paesi del nord Africa che investe di più, soprattutto a livello infrastrutturale per creare fitte reti di collegamento tra nord e sud e tra occidente e oriente del paese per risolvere il sottosviluppo e l’isolamento di alcune aree tribali del regno.
Tra Marocco e Italia esiste un rapporto economico di tipo sistemico che ha le sue radici in tempi lontani, addirittura a quelli delle repubbliche marinare, quando, nonostante l’assenza di un unico stato nella penisola, gli scambi commerciali erano fitti e continui. In tempi più recenti ha avuto un ruolo fondamentale Enrico Mattei che è stato in grado di creare un partenariato alternativo alla storia coloniale marocchina con la nascita del nuovo stato nel 1956 che permettesse all’Italia di giocare un ruolo strategico importante. I rapporti tra Italia e Marocco sono resi solidi anche dalla forte integrazione che la comunità marocchina ha nel nostro paese, essa consta di 65 mila piccoli imprenditori. Le uniche difficoltà geopolitiche avute nel corso del secolo scorso con il tempo sono state superate soprattutto quelle legate al conflitto tra Algeria e Marocco.
Il Marocco è un interlocutore fondamentale dell’Italia anche per quanto riguarda le questioni legate al fenomeno migratorio. Le due realtà devono e possono diventare leader di un partneraiato su questa tematica. L’Italia non ha alternative deve essere in grado di aprirsi al sistema africano per poterlo potenziare e per render possibile un aumento dell’autonomia africana. Il problema dell’immigrazione è ancora agli inizi, quello a cui si è assistito in Libia è solo la punta dell’iceberg di un sistema che ha origini nell’incapacità europea di gestire una politica migratoria e strategica. L’Africa all’alba del 2050 produrrà 300 milioni di giovani disoccupati, se non si saprà investire e soprattutto se non si saprà reinventare un paradigma per il continente africano l’immigrazione travolgerà l’Europa. Il nodo cruciale è l’educazione e non l’esportazione di un sistema economico. Se anche una donna è culturalmente emancipata permette uno sviluppo sostenibile alla famiglia, altrimenti è impossibile. Da qui allora è possibile creare uno sviluppo del capitale umano che porta ad una crescita sostenibile.
L’Italia ha la possibilità di essere leader di questa situazione, andando oltre alla partnership del Mediterraneo ristretto, ormai superato, e puntando a tutto il sistema del cosiddetto “Mediterraneo allargato”. Il problema però risiede sempre nella capacità strategica di chi guida il nostro paese. Basti pensare che nel solo 2017 il primo ministro russo Medvedev, quello francese Macron e tanti altri hanno spesso visitato il Marocco per porre le basi di un’alleanza sempre più strategica, il nostro governo, nonostante la presenza, non è mai andato in visita ufficiale né commerciale in Marocco.
Il punto, quindi, è sempre la capacità di saper leggere la realtà effettuale e di saper declinare l’agire politico-strategico a seconda delle necessità del momento. Spagna, Francia e Germania lo hanno capito, l’Italia non ancora e fino a quando non lo capirà rimarrà sempre un passo indietro, ma il problema e che ora gli altri iniziano a correre.
Edoardo Brunetti
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