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Nov

Dopo 8 anni di amministrazione Obama il mondo sembra tornato a dividersi in due blocchi, la Russia per alcuni appare come una minaccia da contenere, un’entità da esorcizzare. L’Italia però è uno degli interlocutori più importanti nonostante faccia parte di quei paesi che hanno sottoscritto le sanzioni contro il Cremlino dopo le vicende ucraine. Una delle modalità con cui il nostro paese è in costante contatto con Mosca è quello dell’imprenditoria, dove gli investimenti bilaterali superano i 200 milioni di €, e ciò avviene anche tramite un’istituzione come la Camera di Commercio.
In un mondo globalizzato, iper connesso e con realtà sempre più fluide, però ci si domanda e ci si deve domandare quale ruolo può ancora avere un’istituzione come la Camera di Commercio, che nasce nel ‘900 in un contesto profondamente diverso rispetto a quello che abbiamo oggi. La Camera di Commercio Italo Russa viene fondata all’interno di uno Stato che oggi non esiste più, le cui istituzioni, i cui apparati non ci sono più, la cui ideologia è tramontata. Essa però è un unicum tra le varie camere italiane poiché rappresenta sia le aziende nostrane sia quelle russe a differenza delle altre che nascono dalla presenza di imprenditori italiani in un determinato contesto che decidono di associarsi in una camera. Tutto ciò ci permette di comprendere quanto sia necessaria la presenza di questo tipo di istituzione.
La realtà italo-russa prende vita nel 1964 ma fa risalire le sue origini agli anni immediatamente successivi il termine della II guerra mondiale quando si iniziò a parlare del metanodotto che avrebbe portato il gas in Italia e quando da parte sovietica vi era una continua richiesta di prodotti, tecnologia e beni di consumo italiani. Soprattutto la tecnologia si rivelò fondamentale poiché permise a partire dalla seconda metà degli anni ’60 alle industrie sovietiche di essere competitive con quelle occidentali. Le grandi aziende di allora, quelle fondate e guidate dai grandi maestri dell’imprenditoria italiana, come ENI, Edison, Fiat, Montecatini capirono quanto fosse vitale sviluppare quel ramo di commercio e in accordo con le realtà statali dell’URSS che si occupavano del mercato estero fondarono la Camera di Commercio Italo Sovietica.
Lungimirante fu ancora una volta la visione di Mattei che capì l’importanza del gas russo e fece costruire la prima grande infrastruttura tra i due paesi ossia quel metanodotto che dalla Russia arrivava fino Tarvisio e che non solo riforniva l’Italia di un bene prezioso ma dimostrava l’affidabilità sovietica dato che venivano siglati contratti di lungo periodo. L’Italia in questo modo investiva nell’affidabilità russa e lo dimostrava anche agli altri paesi europei che da poco avevano avviato il primo processo di integrazione. Prima di allora importanti relazioni erano state costruite da Marinotti che tramite la Compagnia Italiana Commercio Estero e la SNIA aveva fatto conoscere il tessile e il chimico italiano a Mosca, ma mai con l’organicità che si è avuta con la CCIR. Infatti non solo nel 1966 viene firmato il primo contratto di fornitura di gas ma acquista maggior importanza Stavropol’ sul Volga che diventa Togliatti in onore allo scomparso segretario del PCI che si era impegnato a far spostare la produzione della FIAT 124 proprio nella città russa. Con gli investimenti della Montecatini, della SNIA e della Technimont a cavallo tra gli anni ’60 e gli anni’70 e ‘80 il volume di interscambio tra i due paesi raggiunge quote considerevoli e sempre più significative.
Questa crescita esponenziale conosce una battuta d’arresto nel passaggio dall’URSS alla Federazione Russa perché vengono meno quegli interlocutori statali che garantivano gli acquisti e gli scambi sul mercato estero, ma in questa empasse vengono a costituirsi nuove società private, come la Gazprom, che devono garantire l’osservanza dei contratti. Negli stessi anni vengono fuori i cosiddetti oligarchi i quali, approfittando del momento di incertezza, si impossessano delle grandi aziende russe sfruttando l’indigenza degli operai, della popolazione e il processo di privatizzazione delle fabbriche. Costoro provengono dal KGB e capiscono quanto sarà importante riuscire ad impossessarsi dei centri nevralgici della ricchezza russa prendendo in mano anche miniere e pozzi e conquistando sempre più poteri, andando a influenzare in maniera decisiva anche i deputati della Duma.
Questo processo si interrompe solo nei primi anni 2000 con l’avvento di Putin che comprende che per poter governare la Russia era necessario combattere il sistema creato dagli oligarchi riprendendosi in mano tutto ciò che costoro avevano espropriato indebitamente (miniere, pozzi, riserve di gas) e creando un economia florida che potesse permettere una crescita ed una stabilità, garantendo ordine e soprattutto certezza dei pagamenti. Sin da subito ha dovuto bloccare il processo di disgregazione dello stato bloccando con mano ferma gli eventi ceceni e più in generale del Caucaso ma soprattutto Putin è stato in grado di ridare credibilità internazionale alla Russia garantendo al contempo anche un futuro politico amministrativo alla federazione. La Russia a partire dagli anni ’90 si è trovata ad affrontare una mancanza di personalità imprenditoriale che la scuola comunista aveva cancellato, per un russo è ancora impensabile investire in un’impresa che può dare un ritorno solo nel lungo periodo: un russo che oggi investe vuole avere risultati entro al massimo 6 mesi.
Nel 1991 nasce la Camera di Commercio Italo Russa che ha avuto il compito di mantenere intatti quei rapporti tra russi e società italiane che con il cambio di Stato rischiavano di disgregarsi. In tutto ciò ha ricoperto un ruolo fondamentale l’attuale presidente della CCIR Rosario Alessandrello e Sergey Katyrin, attuale Presidente della Camera di commercio e industria della Federazione Russa. Queste personalità hanno permesso alla Camera di avere sempre maggiore autorevolezza sia in territorio russo sia in territorio italiano. Oggi, grazie anche alle relazioni che si sono venute a costruire con l’amministrazione Putin, infatti il suo primo incontro italiano fu a Milano ospite del Comune con il supporto della CCIR, essa è la casa degli italiani a Mosca e dei Russi in Italia, è l’interlocutore privilegiato per coloro i quali voglio investire ed espandere il proprio marchio.
Le imprese russe continuano a guardare all’Italia perché per loro è un esempio, noi abbiamo una densità di imprese altissima se la rapportiamo alla popolazione e per un paese in cui l’imprenditorialità è stata castrata è fondamentale trovare un esempio da seguire. I russi cercano ancora la nostra tecnologia, il nostro saper fare anche se hanno ancora dei timori legati ad alcuni intermediari. Dall’altra parte le imprese italiane hanno la necessità di espandersi in una realtà che ha scalato le classifiche OSCE sulla potenza imprenditoriale arrivando al 60° posto e il ruolo della Camera è quello di trovare il canale più adatto.
Senza dubbio la situazione geopolitica internazionale e le sanzioni e le contro sanzioni hanno creato non poche difficoltà da ambo le parti.
L’Italia è un eccezione rispetto agli altri paesi europei nei confronti della Russia e questo lo ha sempre dimostrato, ci si stupisce allora di come non abbia alzato la voce per contrastare queste scelte miopi delle sanzioni. Il nostro paese è insieme alla Germania il maggior partner commerciale europeo della Federazione. La Russia paga cara l’idea che hanno di essa gli Stati Uniti d’America, poco più di una potenza regionale e per usare le parole di Lucio Caracciolo “un peso mediomassimo”. Tale percezione di sé rende sempre più acuta la sindrome di accerchiamento propria dei leader del Cremlino che, nel tentativo di affermarsi e di ridare alla Russia il ruolo che le compete, cercano di forzare la mano agli equilibri geopolitici globali.
Ma il problema non risiede solo a Mosca e nel mondo in cui si rapporta con “l’Oltreoceano”, sta anche nei paesi considerati amici tra cui il nostro. E’ qui che ci si scontra però con quella pochezza della nostra classe dirigente, incapace di saper leggere la realtà effettuale ed ancor di più la verità effettuale. Il peso delle sanzioni e delle successive contro sanzioni ha inciso pesantemente sul nostro valore aggiunto e sul numero dei nostri occupati. In definitiva l’Italia deve tornare ad essere un paese amico non solo sulla carta ma anche nei fatti concreti, incentivando investimenti da e per la Russia e dimostrando, come già fatto in passato, l’affidabilità dell’Aquila bicipite.
Oggi per poter attirare ancora più investitori bisogna ispirarsi a quanto fatto in Spagna e in Germania ossia permettere a quegli imprenditori che investono in Italia maggiori incentivi per rimanere da noi, perché oggi il mercato più complementare all’Italia è proprio quello russo poiché noi abbiamo bisogno delle loro materie prime e dall’altra parte c’è la necessità di utilizzare le nostre tecnologie e le nostre competenze. L’Italia ha bisogno del mercato russo e la Russia ha bisogno del mercato italiano e per parlarsi c’è bisogno anche della Camera di Commercio Italo Russa.
Edoardo Brunetti
*presidente della Camera di Commercio Italo Russa
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