18
Sep

Dopo un esordio segnato da una parata mediatica di livello eccezionale perfino per la fierissima Francia, l’ondata di consensi raccolta dal neo-eletto presidente Emmanuel Macron sembra avere subito una prima battuta di arresto. Al tavolo del governo troviamo una riforma del codice del lavoro fortemente contestata dalle sinistre e dai sindacati, una riforma sulla tassa di abitazione che entrerà in vigore dal 2018 e una proposta di legge sulla fiscalità non ancora interamente definita. Stella polare di questo governo, la liberalizzazione della vita aziendale.
I PRIMI DISSENSI
Le prime proteste sorte contro il modo di procedere di Macron risalgono allo scorso 28 giungo, quando il consiglio dei ministri ha approvato la strutturazione in decreti (ordonnances) della riforma del lavoro ufficialmente presentata dal primo ministro Edouard Philippe il 31 agosto. Elaborate esclusivamente dal governo (senza previa approvazione parlamentare), le ordonnances dovranno essere approvate dal Parlamento il prossimo 22 settembre ed entreranno in vigore ufficialmente alla fine del mese. Tale procedura è stata aspramente criticata da La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, il quale si è spinto tuttavia molto oltre, inveendo contro il contenuto stesso delle ordonnanaces, dal lui ritenuto profondamente ingiusto e anti-democratico. Schierati nettamente a sfavore della riforma, figurano anche i sindacati CGT, FSU, UNEF e Solidaires, mentre Force Ouvrière (FO) e CFDT hanno sostenuto l’iniziativa, evitando di partecipare alla prima grande protesta di piazza organizzata dalla CGT a Parigi lo scorso 12 settembre. Secondo i suoi oppositori, la riforma è pensata per favorire esclusivamente i capi delle aziende, andando a diretto discapito dei lavoratori comuni.
COSA PREVEDE LA LEGGE?
La legge è stata presentata da Edouard Philippe e dal ministro del lavoro Muriel Penicaud lo scorso 31 agosto ed è stata definita dal primo ministro come “ambiziosa, equilibrata e giusta”. Nello specifico, i decreti si pongono l’obiettivo di eliminare la disoccupazione di massa attraverso l’intervento su tre settori distinti della vita aziendale: le negoziazioni fra la legge, le singole aziende e grandi gruppi, il dialogo economico e sociale e la messa in sicurezza dei rapporti lavorativi all’interno delle imprese. Il punto centrale sarà la maggiore libertà di negoziazione accordata alle aziende, che non dovranno più sottostare a normative preordinate dallo Stato per quanto riguarda, per esempio, le ore lavorative. D’ora in poi e sempre di più, le piccole e medie imprese francesi detteranno le proprie regole interne con una crescente autonomia (niente di nuovo, fin qui, rispetto a quanto già annunciato da Macron in campagna elettorale). Vediamo allora quali sono, più nello specifico, gli aspetti delle ordonnances che favoriranno le medie e piccole imprese.
- Introduzione di un limite massimo d’indennizzi in caso di contenzioso o licenziamento abusivo
Tale limite sarà fissato a un mese lavorativo se l’impiegato in questione non è senior, mentre aumenterà di un mese per ogni anno di anzianità fino a dieci anni, superati i quali l’aumento sarà di metà mese lavorativo per ogni anno, fino a un massimo di venti mesi oltre i ventotto anni di anzianità.
- Riduzione del limite di tempo massimo di ricorso per i lavoratori
Il limite sarà posto a un anno per tutti i tipi di licenziamenti (finora l’unico tipo di licenziamento ad avere un limite di ricorso fissato a un anno era quello economico). Inoltre, in caso di sentenza giuridica, i capi delle aziende non dovranno più temere il vizio di forma: se il tribunale riterrà valido il motivo di fondo del licenziamento, il massimo ammontare dell’indennizzo che qualsiasi salariato potrà chiedere per un vizio di forma non potrà corrispondere a più di un mese lavorativo.
- Possibilità di negoziare senza la presenza dei sindacati in aziende con meno di 50 impiegati
In particolare, le aziende con meno di 20 impiegati potranno negoziare direttamente con i lavoratori. Per quanto riguarda le aziende con un numero compreso fra 20 e 50 i salariati, questi ultimi potranno eleggere il loro rappresentante per le negoziazioni.
QUESITI
Il nucleo centrale dell’insieme di questi decreti consiste nel seguente ragionamento: il motivo della disoccupazione di massa in Francia è dato dal fatto che le aziende non assumono più; tale deficit di assunzioni è riconducibile a due fattori fondamentali: la mancanza di autonomia interna alle aziende e la quasi impossibilità di licenziare per i datori di lavoro. Di conseguenza, snellendo i processi di negoziazione all’interno delle imprese e liberandole dagli eccessivi vincoli nei confronti di sindacati e salariati, si favoriranno le assunzioni.
Si potrebbe tuttavia rimarcare che una legge che facilita i licenziamenti non necessariamente favorisce anche le assunzioni a lungo termine. Se da una parte è vero che eccessive restrizioni legali possono nuocere al dinamismo delle imprese, è anche vero che la tutela dei salariati giustifica la presenza di tali vincoli. Emmanuel Macron accorda, attraverso questi decreti, una fiducia pressoché illimitata ai capi di azienda che, a partire dal prossimo 22 settembre, potranno gestire in autonomia ore lavorative e licenziamenti all’interno delle loro imprese. Eva Touboul, avvocato in diritto del lavoro, mette in luce su France Info i rischi di disumanizzazione del lavoro cui la riforma può aprire le porte:
“Fissare in anticipo l’ammontare dei danni che un giudice deve stimare su un salariato che non ha ancora ascoltato e del cui vissuto professionale non sa ancora nulla, rischia di portare a una disumanizzazione della giustizia”.
IL CAPITALE UMANO
Ma non è tutto. In concomitanza con la presentazione ufficiale della riforma sul codice del lavoro, Edouard Philippe ha annunciato il proposito del governo di tagliare in modo significativo i contratti sovvenzionati dallo Stato (contrats aidés), definiti dal primo ministro come “onerosi e fondamentalmente inutili”. Tali contratti, in vigore in Francia da una quarantina d’anni, sono stati introdotti nell’ottica promuovere una politica sociale che favorisse l’inserimento nel mondo del lavoro dei più svantaggiati (persone con poca o nulla istruzione, persone afflitte da handicap, persone in condizioni di grave povertà, o anziani). Secondo le stime del governo, solo il 25% di questi individui sarebbe riuscito a inserirsi stabilmente nel mondo del lavoro, mentre il restante 75% sarebbe ricaduto nella disoccupazione in seguito alla fine del contratto. Una statistica certamente scoraggiante ma che, a ben vedere, dovrebbe suggerire uno sforzo di miglioramento di questi contratti, piuttosto che giustificarne la soppressione, cui non potrà che far seguito la ricaduta nello stato di disoccupazione di anche quel 25% di impiegati che un lavoro lo aveva trovato.
Tuttavia, poche cose sono più pericolose in politica degli idealismi, perciò lasciamo al neonato governo il beneficio del dubbio che tutto ciò porterà a un effettivo miglioramento delle prospettive lavorative dei francesi, cosa che Edouard Philippe ha promesso a più riprese. Il primo ministro ha assicurato di voler mettere a disposizione dei cittadini svantaggiati una serie di dispositivi di formazione che permetteranno l’inserimento permanente all’interno della vita lavorativa, mentre i contratti sovvenzionati dallo Stato non farebbero, a suo dire, che “perpetrare il precariato”.
Vero è che tagli come quelli sui contratti sovvenzionati dallo Stato sono concepiti unicamente in vista di riforme come quella sulla tassa di abitazione (a partire dal 2018 l’80% dei francesi si vedrà diminuita la tassa sulla prima casa) o come il così detto PLF (Progetto di Legge delle Finanze), che prevede un abbassamento progressivo delle imposte sulle società. Ciò suggerisce che il governo Macron non si sta solamente definendo come una politica per le aziende, ma anche come una politica da azienda, per cui le leggi del mercato possono valere a discapito delle politiche sociali. Il rischio più grande è certamente quello di vedere la rete pubblica come un grande salvadanaio da rompere al momento opportuno per accumulare i risparmi necessari alle grandi riforme. La posta in gioco, certo, è alta e consiste nel salvare la Francia dalla disoccupazione di massa. Che una politica fortemente liberale e filo-aziendale sia la strategia vincente è quello che ci promette Macron. Quanto a noi, restiamo prudentemente nella condizione di ragionevole dubbio.
M.E. Gottarelli
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