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May
Se ci riferiamo solo al costo materiale dell’Alleanza Atlantica non leggiamo correttamente il suo ruolo e la sua finalità attuale.
Gli USA, sul piano della spesa militare totale, sono comunque ben oltre ogni standard europeo: si tratta di una spesa americana di ben 664 miliardi di Usd, che fanno sembrare spiccioli anche i 60 della Gran Bretagna, i 44 della Francia e i 41 della Germania.
Ma gli USA, lo ricordiamo, hanno circa 800 basi militari all’estero, tra cui 10 in Belgio, una in Croazia, due nella Repubblica Ceca, due in Danimarca, una in Finlandia, una quantità indefinita in Germania, sei in Grecia, e molte in altri Paesi della NATO.
Ritorna la vecchia battuta di Lord Ismay, per cui la NATO serviva a “tenere gli americani dentro, i tedeschi sotto e i russi fuori”.
Oggi gli americani fanno da soli, i tedeschi non possono più essere sotto e i russi sono già dentro. Le installazioni militari nordamericane all’estero, inoltre, costano a Washington circa 150 miliardi di Usd l’anno.
Una sovrapposizione strategica tra NATO e forze USA di cui è facile intuire il significato e la funzione.
La Gran Bretagna, poi, dispone di 49 basi militari all’estero, mentre la Francia ne ha ancora attive in Ciad, dove prosegue l’Operazione Barkhane contro le insorgenze locali, con 3500 soldati e ufficiali francesi attivi; oltre ad operare con basi militari a Port Bouet, vicino a Abijan, in Costa d’Avorio, a Gibuti e in Gabon.
Il resto del totale della spesa per la difesa delle 28 nazioni della NATO, un totale di 918 miliardi di Usd, viene coperto dagli altri membri, fra cui l’Italia.
In linea di principio, il Segretario Generale dell’Alleanza richiede che i membri della NATO spendano oltre il 2% del PIL in difesa e sicurezza, una cifra che è superata dagli Usa, certamente, ma subito dopo, cosa strana dalla Grecia, dall’Estonia e dalla Gran Bretagna.
Comunque, la formula della spesa utilizzata dal Quartier Generale dell’Alleanza fa sì che gli Usa, oggi, paghino il 22% del totale delle spese e comunque nessuno dei 28 membri è oggi in arretrato con i pagamenti.
Più soldi alla NATO? Ma per fare cosa?
Solo cinque dei Paesi che compongono la NATO spende almeno il già citato 2% in difesa, e qui si tratta degli Stati Uniti, ovviamente, della Grecia, della Gran Bretagna, dell’Estonia e della Polonia. In questo caso Trump ha ragione. Ma perché aumentare il budget dell’Alleanza Atlantica, per fare cosa? E ora il problema si fa più complesso.
Il Concetto Strategico siglato a Lisbona nel 2010 certifica infatti che l’Alleanza mantiene l’art.5, mantiene anche il suo status nucleare, impone alla NATO la prevenzione delle crisi e la loro gestione-stabilizzazione; mentre si esplicita il riferimento al sistema nucleare Usa e si cita la deterrenza, la sola deterrenza, fornita dalle armi atomiche francesi e britanniche.
Eccoci a un punto interessante: oggi i Paesi ex-Patto di Varsavia entrati nell’Alleanza Atlantica non vogliono un build up militare russo, che leggono come una diretta minaccia alla loro indipendenza, mentre i Paesi dell’Europa centrale, mediterranea e occidentale non sono interessati ad un inasprimento delle tensioni con la Federazione Russa.
Gli Usa, poi, vogliono un sostegno diretto, e più sostanzioso del solito, alle loro azioni militari esterne all’area NATO.
Con o senza l’utilizzo dell’Alleanza, che si muove sempre più in relazione con l’ONU e l’UE ma con una strategia globale che è ancora di impronta statunitense.
La guerra in Afghanistan, tutt’altro che finita, è stata infatti un evidente fallimento strategico. E questo significa che l’Alleanza e gli Usa stanno perdendo il controllo dell’area terrestre centrale dello Hearthland, a ridosso della federazione Russa e della Cina.
In Libano, la missione UNIFIL, basata sulla risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU n. 425, ma di diretto interesse strategico della NATO, dura dal 19 Marzo 1978. Oltre trenta anni di permanenza in Libano, ben superiori a quelli occorrenti per una usucapione.
Instabilità islamista nei Balcani
Nei Balcani, dopo aver accettato una analisi vaga e carente dei contrasti interni, con una lettura punitiva della Serbia che era del tutto errata, ma che corrispondeva all’intento primario di tenere fuori la Russia, la NATO non ha raggiunto i propri obiettivi di pace e stabilità.
Sarebbe stato invece più utile mantenere quanto più possibile integro lo stato serbo, come centro di gravità e stabilità della Yugoslavia post-titina, evitare poi di utilizzare il jihad di ritorno dall’Afghanistan e dalla Cecenia, ricostruire infine una rete unitaria, per quanto possibile, tra le etnie.
Invece, l’ insana passione degli Usa per Alja Izetbegovic, il capo della Repubblica della Bosnia-Erzegovina, uomo della Fratellanza Musulmana che spesso riceveva, a Sarajevo, Osama Bin Laden, ha portato alla consegna dei Balcani all’instabilità islamista.
E ancora oggi la NATO intende bloccare l’accesso della Macedonia. L’idea di fondo era, come si sa, quella di Brzezinsky: circondare l’URSS con una “mezzaluna verde” islamica che l’avrebbe contenuta e poi sfiancata. Questo progetto si è reso autonomo, ma oggi utilizzarlo ancora ci sembra folle.
Strategia USA anti Iran contro NATO e UE
Infine, la lunga serie delle “primavere arabe”, innescate dagli americani, che ha danneggiato soprattutto i Paesi mediterranei della NATO, i quali si sono ritrovati impotenti rispetto alle migrazioni e attoniti di fronte al sostegno che gli Usa hanno dato all’islamismo, credendo, come ci ha rivelato un ex vicedirettore della CIA, Michael Morell, che la rivolta delle “primavere” avrebbe privato Al Qaeda del suo sostegno popolare.
In sostanza, gli Usa vogliono oggi destabilizzare lentamente l’Iran, anche senza mettere in discussione il JCPOA sul nucleare di Teheran, magari mettendo sunniti e sciiti gli uni contro gli altri.
Come è avvenuto con il recente viaggio di Trump a Riyadh e il sostegno statunitense ai sauditi contro la rivolta Houthy in Yemen.
Che è la piattaforma di controllo del Golfo e del Canale di Suez. Questo non è affatto nell’interesse della parte europea della NATO né della UE. Poi, rimane ancora aperta la ferita dei Balcani, da sempre punto di attacco verso l’Europa centrale. Una zona che le operazioni NATO degli anni ’90 non hanno affatto stabilizzato. La vera e propria concessione di quest’area alla Turchia e alla predicazione wahabita è infine un concreto pericolo per la NATO europea.
Il “mordi e fuggi” non è una strategia, e la Madonna democratica non fa mai miracoli.
La crisi NATO non aiuta la difesa UE
Inoltre, la crisi della NATO, ormai evidente a tutti, non solo non accelererà la costituzione di una forza militare credibile della UE, ma potrebbe addirittura bloccarla.
Gli Stati europei hanno obiettivi strategici differenti: la Francia rivuole tutto il Maghreb, dopo aver causato la stupida caduta di Gheddafi. L’Italia non sa dove è e cosa vuole, ed è sempre più irrilevante.
La Germania tende ad Est, e sta pensando ad una sua politica estera autonoma riguardo alla Federazione Russa, alla Cina e all’Asia.
Il ritorno della grande geopolitica di Haushofer, mentre la Gran Bretagna, dopo la Brexit, pensa al suo Commonwealth e a un rapporto bilaterale ma paritario con Washington, senza dimenticare la Cina.
E questi dovrebbero essere i Paesi che si uniscono in una politica estera “condivisa”?
La destabilizzazione della Libia, poi, ha aperto l’UE e tanti Paesi dell’Alleanza ad una crisi lenta che potrebbe addirittura diventare definitiva.
Il ritorno della guerra fredda con la Federazione Russa, nella attuale dottrina NATO, non corrisponde certo agli interessi europei, che hanno bisogno di un accordo serio con Mosca, certo non ingenuo, ma stabile.
Insomma, l’UE deve poter contare anche sugli Usa in un quadro di nuovi accordi strategici regionali, per i Balcani, il Maghreb, per l’Artico, ma deve poter seguire i propri interessi, rendendoli militarmente credibili quando occorra.
La Merkel: fare a meno di USA e UK
I soldi in Europa per la Difesa saranno sempre di meno.
Lo sa bene anche la cancelliera tedesca Angela Merkel nonostante il suo ultimo appello agli altri Stati membri Ue di riprendersi in mano i propri destini abbandonando la speranza di poter contare in futuro sul sostegno di Londra e Washington.
Un’Europa nuova capace di navigare da sola in mare aperto cancellando per sempre dalla sua agenda Brexit e Trump.
Una strategia tous azimuts di tradizione gollista sarebbe proprio quello che ci occorre, ma dubito che le attuali classi politiche sapranno arrivare a concepire un nuovo ordine atlantico.
L’analisi di Marco Giaconi, Analista strategico e docente IASSP (Istituto Alti Studi Strategici e Politici) di Milano, per MappeMondo – Blog di Gerardo Pelosi
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