07
Apr
A poco meno di un mese dal primo turno delle elezioni presidenziali in Francia, lo sguardo vigile dell’Europa si volge parzialmente verso Parigi e, con un misto di curiosità e apprensione, attende un risultato che non potrebbe essere più incerto. Se l’incertezza è tuttavia il pane quotidiano di ogni campagna elettorale, a contraddistinguere queste presidenziali è piuttosto una frammentazione politica senza precedenti: una caratteristica, questa, che evidentemente rispecchia un disagio sociale più profondo. La Francia sta assistendo a un’inedita crisi dei partiti: i centri, che di solito per loro natura rappresentano la base più ampia dell’elettorato, sono implosi, lasciando dietro di se residui dall’aria talvolta promettente (come il movimento a-partitico di E. Macron En Marche!) e talvolta nient’altro che cenere (come è il caso del centro-destra di Fillon). Le alternative possibili sembrano a tutt’oggi restare le fasce più estreme della destra e della sinistra (autoproclamantesi i grandi baluardi dell’incorruttibilità e del No deciso al compromesso) o tutt’al più il movimento liberal-popolare macroniano che, mentre promette al suo elettorato i Saturnia Renia economici e fiscali, non chiarisce con quale maggioranza li potrebbe poi realizzare.
FATTI
La crisi del centro-destra francese non è una novità: Francois Fillon non ha fatto in tempo a cominciare la sua campagna elettorale (partendo da una posizione che i sondaggi davano di grande vantaggio) che i suoi oppositori già gli si scagliavano contro con gravissime accuse di sfruttamento illecito del denaro pubblico a favore della moglie, accuse rivelatesi poi interamente vere; un comportamento certo deplorevole da parte del segretario di LR, ma anche ai suoi oppositori verrebbe da dire: “tempismo perfetto”. Ad ogni modo, questa “bravata” è costata cara a Francois Fillon, il quale, specialmente in prima battuta, sembrava avere perduto di ogni credibilità nei confronti dei suoi elettori. Eppure, questo 29 Marzo “una ventata d’aria fresca è entrata dalla finestra del Partito Repubblicano” (o almeno questo è quanto affermano le maggiori testate giornalistiche degli ultimi giorni): l’ex primo ministro di Hollande sconfitto alle primarie della sinistra Manuel Valls, ha resa nota su BFM-TV la sua decisone di votare per il suo ex ministro Macron al primo turno delle elezioni presidenziali (che si terranno il prossimo 23 aprile). Ne è seguito un terremoto sia mediatico che politico: Macron era stato infatti il pupillo (definito anche “enfante prodige” dal settimanale Le Point) del partito socialista di Valls, non fosse che per quella sua decisione di abbandonare il PS presa nel gennaio del 2016 per poi fondare un proprio movimento “né di destra né di sinistra” (appunto, En Marche!). Così, la dichiarazione di Valls è di fatto paradossale, in quanto da una parte mina profondamente la stabilità già di per sé precaria del centro sinistra, dall’altra, nel tentativo di montare sulla barca del (presunto) vincitore (Macron), rischia di affondarla. E infatti Macron prontamente ribatte “Vogliamo volti nuovi” chiarificando la sua non intenzione di scegliere Valls come proprio ministro. Sebbene la stampa francese tenda a interpretare questa vicissitudine come il segno di una ripresa del centro-destra, in realtà e più profondamente essa ne rappresenta l’ingloriosa fine, come dimostra l’atteggiamento di un segretario che, pur avendo perduto la propria credibilità nei confronti degli elettori, tira semplicemente a sopravvivere sulle spalle dei rivali.
Mentre i due centri sembrano sfaldarsi sotto gli occhi dei loro segretari, a guadagnarci direttamente è invece il Fronte Nazionale di Marine Le Pen. Lo dimostrano i sondaggi, che la vedono in testa alla pari con Macron, in un confronto che non lascia intravedere l’esito finale. Certo, resta l’estrema sinistra di Melenchon ha sicuramente un certo appealing sull’elettorato popolare e sindacalista, tuttavia il segretario del Fronte Comunista appare alienato all’interno di una sinistra ormai allo sbando. Alla domanda “Sarebbe capace questo capo dei ribelli di tenere insieme il proprio partito e di assicurare una maggioranza stabile all’interno del Parlamento?” si rimane dubbiosi.
CONFRONTO E CRITICHE
In questo scenario politico tanto frammentato, il gioco sembra quindi in mano alle due personalità forti del Paese, Macron e Le Pen. Il primo, apprezzato principalmente dai Fillonisti delusi e dall’ala più liberale e borghese della sinistra, promette di rilanciare l’economia per mezzo di un sistema di formazione professionalizzante pilotato dallo Stato e di diminuire in questo modo il tasso di disoccupazione del 7%. Promuove una politica aziendale liberale e incentrata sulle libere negoziazioni e sugli accordi maggioritari: in due parole, una politica filo-europeista. La seconda appoggia invece una politica economica incentrata sul protezionismo e prospetta un rilancio economico basato su una graduale uscita dall’Euro e dalle logiche di mercato europee. Il problema centrale resta pertanto quello della disoccupazione, che in Francia tocca ben il 10,5% della popolazione e che tanto Le Pen quanto Melenchon riconducono direttamente all’ultra-capitalismo finanziario, da combattersi per mezzo di politiche protezioniste (Le Pen) o di una graduale nazionalizzazione delle imprese (Melenchon). Di tutt’altro avviso è il candidato Macron, il quale come già detto promuove una politica economica liberale che implementerebbe il potere decisionale delle aziende private, proponendo inoltre un taglio (o semplificazione) degli enti pubblici con la conseguente abolizione di 120 000 funzionari statali, in quattro parole: meno stato più mercato.
Non stupisce che l’aumento della disoccupazione, il problema ambientale, e la relativa poca rilevanza della Francia al tavolo di Bruxelles stiano avvicinando a Marine Le Pen ampie fasce della popolazione proletaria, ma ormai non solo. Resta da considerare, infine, il fatto che l’ipotetica vittoria di Marine Le Pen non solo allontanerebbe la Francia dall’orbita europea, ma l’avvicinerebbe al suo contraltare russo-americano e ciò comporterebbe un enorme sbilanciamento della politica mondiale.
Maria Elena Gottarelli corrispondente IASSP da Parigi
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03Oct
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