16
Jan
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Per i decisori russi attuali, la strategia militare dipende dalle circostan-ze ed ha una sua logica particolare. Ogni conflitto ha una sua specifica strategia. Si nota quindi ancora l’eredità del pensiero sovietico dove, secondo Le-nin, “il comunismo è l’analisi concreta di una situazione concreta”.In particolare, per il Cremlino, la strategia della Federazione Russa, oggi, è definibile soprattutto con i termini “nonmilitare”, “indiretta” e “asim-metrica”. La strategia, inoltre, è una scienza della previsione. L’asimmetria dello scontro bellico accade quando le risorse dei bellige-ranti sono diverse nella composizione e nella dimensione, e il combat-tente minore utilizza tattiche tali da compensare i propri limiti. La strategia indiretta è una manovra di contenimento e di usura a lungo termine dell’avversario. Ecco, quindi, i concetti di origine militare che servono per definire la nuova dottrina di strategia globale e politica di Putin, resa pubblica nei primi giorni del Dicembre 2016 in un discorso alla Duma. Prima considerazione strettamente economica: la Russia è divenuta au-tonoma sul piano agroalimentare, anche se le sanzioni occidentali sono ancora vigenti. Inoltre, senza riferirsi direttamente a Trump, Putin ha ammonito le po-tenze NATO a “non modificare la parità strategica attuale”. È peraltro vero che ci sono gruppi politici, ad Ovest, che vogliono gio-care ancora il tutto per tutto nel momento in cui la Russia è isolata dal punto di vista economico e politico. Certo, è isolata ad Ovest ma è però del tutto integrata ad Est, e ogni chiusura commerciale dell’Occidente prefigura una simmetrica apertura all’economia russa in Oriente. La linea eurasiatica di Mosca, e di conseguenza il principio della fine dell’unipolarità della potenza militare e economica degli Usa, va avanti proprio mentre l’economia russa vede chiuso il suo nesso ad Ovest.
Gli americani stanno circondando la Cina e parte dell’Asia, stanno poi chiudendo lo spazio militare ad Ovest della Russia, ma non creano una nuova politica economica con i nuovi potenti asiatici o con la nuova Russia. Errore micidiale, tipico di chi legge la strategia solo in termini militari. Putin ha, infatti, definito come “grande imperativo nazionale” lo sviluppo dell’oriente russo siberiano e del nuovo accordo economico e strategico di Mosca con l’India e la Cina. È proprio in questo contesto che Putin ha parlato di “integrazione eu-rasiatica a tutti i livelli” con i Paesi più importanti dell’area e, comunque, con la “NATO dell’Est”, la Shangai Cooperation Organization, che oggi conta, dopo i primi cinque stati fondatori, altre nazioni come l’India e il Pakistan, che entreranno il prossimo anno.
L’Iran, l’Afghanistan, la Mongolia e la Bielorussia sono già “osservatori” alla SCO mentre i “partners del dialogo” della SCO sono oggi l’Arme-nia, l’Azerbaigian, la Cambogia, il Nepal, lo Sri Lanka e, notate bene, un Paese che è della NATO davvero, la Turchia. L’Europa è poi addirittura scomparsa dal discorso di Putin, ultima fron-tiera degli adoratori dei “diritti umani” e della Pace Universale. Un po’ come disse Togliatti all’inizio della discussione per la Costituzio-ne, “fuori i pagliacci!” e si riferiva a tutti i partitini che stavano tra il PCI e l’altro polo maggioritario del potere, la Democrazia Cristiana. Putin, inoltre, con alcuni passaggi del suo discorso, ha posto fine alla separazione tra le varie categorie della memoria russa, tra i carnefici e le vittime delle Grandi Purghe del 1937. Riconoscimento della Memoria Storica russa, ovvero proprio quello che l’Europa non è stata ancora capace di fare. Riferendosi ai punti più critici del passato sovietico, il premier russo ha affermato che tutti i russi sono tali a pari grado, di fatto cancellando gli effetti delle Grandi Purghe e, implicitamente, riaffermando alcuni suc-cessi del passato regime sovietico.
È la pacificazione della Memoria Storica, quello che l’Europa non si so-gna ancora di fare, quel sistema europeo dove l’unico insulto in politica è ancora oggi, anche quando non c’entra nulla, è “fascista!”. Sul piano dei risultati interni, e non si può certo dire che questi possano essere manipolati, Putin ha affermato che il tasso di fertilità russo, ovvero il numero medio di figli per donna, è più alto di quello del Portogallo e della ricca Germania, ed è un tasso che tende ad aumentare.
Se non ci sono i cittadini non c’è stato, e i cittadini si producono con il solito vecchio modo. Un Paese che non ha un tasso di fertilità tale da riprodurre almeno l’in-tera popolazione precedente è destinato a finire, o a sopportare quelle “tecniche di sostituzione” basate sulla immigrazione, legale o meno, che destruttura la società e fa crollare il bilancio pubblico con l’eccessivo peso sul Welfare. Spesso i Paesi da cui vengono i “migranti”, come li chiama il Governo Italiano, non sono affatto in guerra, anche se le nostre amministrazioni pubbliche, ovviamente, non lo sanno.
Quindi, da un lato, diminuzione delle tecniche di condizionamento di massa, importate dall’estero e in particolare dagli USA, che favorisco-no la depopolazione, dall’altra stabilizzare l’economia e rendere il lavoro meno “interinale” possibile. Putin poi rafforzerà, con grandi investimenti, il settore sanitario, poi l’i-struzione secondaria, infine le infrastrutture e la protezione ambientale. La salute per aumentare l’età media, ancora bassa, l’istruzione secondaria per aumentare il numero dei tecnici e evitare la compressione delle uni-versità, le reti autostradali per collegare anche militarmente l’immenso territorio russo, poi l’ecologia, carentissima da tempo, per evitare appun-to i gravi danni alla salute. Bloccare quindi la caduta del PIL russo, l’obiettivo primario di Putin in economia, un PIL che può crescere solo con forti investimenti pubblici, anche militari. La caduta del PIL nel 2015 è stata del 3,7%, il 2016 mostrerà un leggero miglioramento, con una inflazione che arriva al 5,8% dopo il 12,9% del 2015.
Quando c’è crisi, ci sono sempre anche i paradossi economici: le esporta-zioni alimentari russe hanno generato ultimamente un reddito superiore a quello dell’export militare, con 14,6 miliardi entrati dai contratti del settore militare e 16,9 miliardi dalle esportazioni agricole.
E pensare che la Russia è il secondo esportatore di armi al mondo! Sempre dal discorso di Putin deduciamo che, nei prossimi cinque anni, gli investimenti che dovranno essere pari al 30% del PIL saranno l’in-formatica evoluta (che già oggi genera in Russia un reddito pari alla metà dell’export militare) le tecnologie sanitarie, lo spazio, la robotica, gli apparati quantistici, etc. Quindi, in futuro, l’economia russa sarà caratterizzata, secondo le recenti direttive di Putin, dallo sviluppo del complesso militare-industriale, dall’agroalimentare e dalla crescita proprio di tutti quei settori su cui punta la new economy occidentale. E poi, sul piano strategico, dal progetto eurasiatico, che implica che la Russia sta allontanandosi sempre di più dall’Occidente. Una asimmetria strategica, certo, ma anche economica e politica nei nuovi rapporti che Trump, non certo l’UE, ridefiniranno con Mosca.
Post di Marco Giaconi – Analista strategico, docente IASSP
Articolo tratto da Società Italiana dei Viaggiatori
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