07
Oct
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La tradizione culturale italiana ha sempre trascurato, a volte peggio minimizzato il concetto di responsabilità e la sua formidabile valenza nella costruzione di un pensiero etico-identitario.
L’importanza e la strutturata presenza della cultura cattolica e la simmetrica cultura di ispirazione socialista, tradizioni ispirate al “determinismo” hanno, inevitabilmente, finito per ridurre e/o mediare la responsabilità dell’uomo, depotenziando la carica etico-politica del “rispondere” e del “rispetto” propria del cittadino-individuo per spostarla nel mare indefinito e giustificazionista della società e del suo complesso.
La crisi della politica, la crisi del senso dello Stato e della responsabilità pubblica è essenzialmente la crisi di una società che nella competizione mondiale, nella dissoluzione delle comunità di privilegio affermatesi, non ha opposto gli anticorpi weberiani dell’etica della responsabilità.
Weber in Politica come professione (1), segna una precisa linea di demarcazione tra l’etica dei princìpi (Gesinnungsethik) che è un’etica apolitica perchè fa riferimento a principi assoluti a prescindere dalle conseguenze a cui essi conducono, e l’etica della responsabilità (Verantwortungsethik) che è indissolubilmente connessa alla politica, proprio perché non perde mai di vista, assumendone come guida e riferimento imprescindibile, le conseguenze dell’agire.
La stella polare della responsabilità come etica prima nell’agire politico è riferimento ed esempio per la comunità che modula i suoi sentimenti di decoro e rettitudine direttamente dalla classe dirigente, dall’elìte che ha il dovere e la responsabilità del bene comune.
Le grandi tradizioni culturali unite nel patto repubblicano hanno avuto lo straordinario merito e la capacità di risollevare un paese in ginocchio esprimendo, ognuna per i blocchi sociali di riferimento, e insieme come garanti della ricostruzione, il meglio della loro gioventù per carisma, cultura e magnetismo politico.
L’italia repubblicana è cresciuta economicamente e culturalmente sententosi garantita dalla sua élite politica e culturale che ha imposto come superiore ed imprescindibile l’interesse nazionale come etica della responsabilità, come filosofia prima (2).
Quanto manca e quante volte è stato stravolto nella sua portata valoriale, la volontà, la responsabilità dell’agire all’interno di un superiore interesse nazionale.
L’unica condizione in grado di garantire la permanenza e la codificazione sentimentale di uno stato di interesse nazionale è la cultura che dirige la volontà dell’uomo verso il bene.
La riflessione di Adorno sul ruolo della cultura come scelta, come opzione scientifica del bene è un capolavoro di politologia contemporanea, infatti, il grande pensatore di Francoforte è convinto che la volontà umana (3) è di per se nulla, sospesa tra il bene e il male, ma se adeguatamente istruita e indirizzata possa rivolgersi verso il Bene assoluto e costruire qui e ora la giustizia.
Questo paese va in una condizione di corto circuito quando l’élite culturale a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 progressivamente perde la sua autonomia; il rigore divino della conoscenza perde la sua grandezza analogica per divenire assieme alla classe politica gestori di res e non più di destini.
L’élite perde la sua dimensione profetica di Leadership e diventa aristocrazia di privilegi. Un decadente patriziato che cerca profitto senza le doti originarie della creatività, del piacere di essere autori di visioni e della libera fattività: dell’aspirazione keynesiana (4) alla condizione dell’artista; sognare il plus ultra perchè “non sono riusciti a essere artisti”.
Patriziato economico vuol dire rendita, assenza di mercato, assenza di concorrenza, liberalizzazioni false: monopolio.
Il monopolio è stato il genio nascosto dei Rothschild (5), dinastia dello scudo rosso (in tedesco Rothschild) che ha segnato il destino della finanza europea e poi mondiale.
Il muoversi della storia ha un non so chè di simile, ripetuto, meglio dire: conosciuto.
Vendere credito, indebitare le casse pubbliche, monopolizzare la ricchezza degli stati, favorire la formazione di concentrazioni monopolistiche concedendo prestiti ai più promettenti imprenditori per imporre i prezzi di servizi e prodotti in un regime di diritto esclusivo: Il monopolio è esattamente la modalità del dominio.
Nella sua aspirazione assolutistica ripropone lo status del patriziato feudale, la sua forma patrimonialista.
Mayer Rothschild ebbe a dire “lasciate che io emetta e controlli il danaro di una nazione e non mi interesserò di chi ne formula le leggi”.
Non ci vuole molto per capire che la cosa ebbe un grande seguito visto che la BCE è un’entità finanziaria privata, per quanto stralegittimata sul piano istituzionale (6).
Quando nei processi storici, l’uomo diviene vittima fluttuante di poesis e téchne, incapace di farsi “coscienza infelice” (7) e dominus di un progetto, il potere diviene eterodeterminato da sovrastutture astratte e perniciose che diventano “sovrane”.
Mentre le istituzioni UE si pletorizzavano in una dimensione acefala, con una testa politica minimale – indeterminata e un corpo economico-nometario ultra strutturato, la politica italiana si autodelegittimava sia sotto un profilo culturale di autorevolezza e sia di compromissione a pratiche corruttive e di degrado di sistema.
Condizioni che hanno determinato la crisi del primato della Politica, la crisi dell’egemonia della politica resa residua dall’assolutizazione (8) dell’economia.
Non ci può essere Interesse nazionale ed Etica della Responsabilità quando una comunità smarrisce il senso della sua grandezza e il respiro del suo agire, esportando la sua essenza.
Esportare il valore della comunità significa in termini politici, esportare sovranità e soprattutto esportare responsabilità politica e etica verso strutture che vivono di altra logica e di altro interesse.
Il nanismo politico italiano ha legittimato istituzionalmente e politicamente organizzazioni e strutture sovrannazionali non politiche e non responsabili perchè assolutizzate dall’economia.
Martin Heidegger nel 900 aveva già inquadrato la logica di sviluppo che avrebbe portato al capitalismo assoluto: “L’umanità dell’uomo, e la cosalità delle cose, si dissolvono nel calcolato valore commerciale di un mercato che, non solo si estende fino ad abbracciare la Terra come mercato mondiale, ma che in quanto volontà di volontà mercanteggia nell’essenza stessa dell’essere. Portando così ogni essente entro l’operare del calco (9).”
Quando la Politica smarrisce il suo essere imprescindibile; la condizione epica dell’imprescindibilità, esportando sovranità e responsabilità, ovvero la sua stessa essenza, tutto diventa enormemente piccolo, corroto e inutile.
Una comunità muore se perde il sentire, il pathos della sua imprescindibilità.
Interesse nazionale è il Governo della politica; è il rapporto tragico di un popolo con il suo destino: ego fatum!
La crisi della politica in cui viviamo, della governance, il distacco e la sfiducia nelle istituzioni è all’interno di questa dimensione; l’incapacità di stare come comunità all’interno di un discorso “oltre” o, meglio oltre l’uomo (10).
L’affermazione di un interesse superiore a cui legare il destino, il proprio miglioramento e il senso di responsabilità verso un progetto.
Purtroppo in Italia l’unico progetto intimamente vissuto e sedimentato, è il progetto del male, le società mafiose hanno culturalmente e spiritualmente costruito un progetto predestinato in cui sopraffazione, appartenenza, forza e dominio sono i valori viscerali.
L’egemonia del male è una egemonia preculturale, primitiva nei vincoli e nei desideri.
Analisi che si propone, non vuole assolutamente ripercorrere teorie ampiamente confutate dove la “mafiosità” e il sentimento mafioso sono espressione di un carattere semplicisticamente antropologico.
L’elemento antropologico è concettualmente un elemento temporale, produce effetti nel tempo nelle medesime condizioni; è destinato a mutare, a evolvere e non trovare più giustificazione attraverso i processi di modernizzazione e di costruzione del bene.
L’egemonia del male vive solo se continuamente coltivata, solo se continuamente giustificata e qualificata culturalmente.
Giuseppe Fava, parlando della Mafia, osservava (11): «un solo nemico può batterla: lo Stato vero, lo Stato di diritto, con i magistrati che fanno veramente giustizia, funzionari incorruttibili, politici disposti a interpretare con assoluta moralità il loro mandato». Con uno Stato coeso che rinuncia, una volta per tutte, a quella sorta di decentramento amministrativo nei confronti del potere mafioso.
Il progetto mafioso, per dirla con Santi Romano diventa “istituzione” dove lo Stato arretra, delega, fallisce perchè non esprime un progetto.
Una società che non esprime un progetto di felicità, di esistenza, di giustificazione, è una società in cui il male dispiega i suoi desideri e codifica la sua struttura.
L’involuzione di un Paese, la condizione di inerzia e di immobilismo, lascia spazio alle mafie che vivono nella perpetuazione della razzìa del bene.
L’Occidente incontra il suo dramma, che diventa il dramma della modernità – qui l’Italia è perfetta metafora del piano liscio del declino – quando si spenge nella incapacità ad amarsi, di ri-vivere e condividere condizioni di benessere che siano integrandi, ossia estemsibili ad altri, capaci di educare e sedurre al meglio ed al bene.
……”nell’era del relativismo trionfante – il vero non esiste più, la missione del vero è considerata fondamentalismo, e la stessa affermazione del vero fa paura o solleva timori. Forse si sta avverando la profezia negativa dell’enciclica “Veritatis Splendor” (n.101): “l’alleanza fra democrazia e relativismo etico”.
……”Il relativismo – e questa è la vera ragione morale della mia critica ad esso – affievolisce le nostre difese culturali e ci prepara o rende inclini alla resa. Perché ci fa credere che non c’è niente per cui valga combattere e rischiare. (12)“
Questi sono i sentimenti che possono evitare la resa:
chiudere ogni spazio tollerabile al gregge anonimo dell’unico uomo “sazio e felicie” (13) che fa dell’Universo vuoto cosmico.
L’ uomo sazio e felice che solo consuma; che consumando perpetua il banale, l’inutile, la volgarità che nutre il male e le sue latitudini.
Per questo, interrogarci sull’Interesse Nazionale in questo tempo, significa riprendere la riflessione della Politica Nuova come “strumento di cura” (14) (Jaspers) per l’uomo che sceglie il bene e la società che ha il dovere di gratificare il comportamento retto, di dare cittadinanza al bene.
Vivere la comunità che si fa Stato non come un fine a sè, ma come un fine più alto capace di “foggiare” l’uomo; di modellarlo al bene come “plastes et fictor” di se stesso.
Lo Stato come vettore per la realizzazione dell’uomo-cittadino; come elogio e pratica di cittadinanza.
Se la Politica e la cultura ha questo ruolo, l’etica può divenire azione, quindi non solo dell’individuo, ma dialettica, interessando il rapporto tra l’Io e l’altro, chiamati a costruire una comuità morale (15).
Dare cittadinanza alla dialettica del bene è questione etica!
L’Etica è la dialettica del profondo, dell’Io con l’altro e con il mistero per il superamento delle stesse condizioni dell’esistente.
Dobbiamo essere superiori alle stesse condizioni per un Novus Ordo (16) (Seclorum) Civilis, una nuova Democrazia riscritta nella morte del Cristo e nel dogma etico della Giustizia.
La “nuova Epoca” di Johann G. Fichte è un Novus Ordo Civilis scolpito nel patto di indipendenza ed emancipazione che l’uomo elegge con la sua maestrìa.
Una comunità di maestria che “forgi” l’uomo, affidando alla Politica la divina maieutica della selezione e costruzione dell’élite e della classe dirigente.
È un antico compito; tradito nel tempo e poi dimenticato.
È il tempo di riprenderlo con orgoglio!
Carmine De Vito
Bibliografia
1. Weber M., La politica come professione, Mondadori, Milano 2009.
2. Lévinas Emmanuel, Peperzak Adriaan, Etica come filosofia prima, Guerini e Associati (collana Saggi Ist. ital. per gli studi filos.), Milano 1993.
3. Adorno T.W.-Canetti E.-Gehlen A., Desiderio di vita. Conversazioni sulle metamorfosi dell’umano, a cura di U.Fadini, Mimesis, Milano 1995.
4. Rizzi I., Iperfinanza e lavoro produttivo, I Rothschild e i Buddenbrook, p. 18 e 19, IASSP, Milano 2016.
5. Rizzi I., Iperfinanza e lavoro produttivo, I Rothschild e i Buddenbrook, p. 16 IASSP, Milano 2016.
6. Rizzi I., Iperfinanza e lavoro produttivo, I Rothschild e i Buddenbrook, p. 23, IASSP, Milano 2016.
7. Hegel G. W. F. , Fenomenologia dello Spirito, trad. in italiano, La fenomenologia dello spirito. Sistema della scienza, parte prima, a cura di Gianluca Garelli, Torino, Einaudi 2008;
8. Fusaro D., Sovranità ed egemonia del politico sull’economico, il Quaderno di Mauro Scandovelli, www.mauroscardovelli.it
9. Heidegger M., Sentieri Interrotti,. Trad. Pietro Chiodi, La Nuova Italia Editrice, Firenze, 1950.
10. Nietzsche F, Così parlò Zarathustra, un libro per tutti e per nessuno, trad. di Mazzino Montinari, Piccola Biblioteca Adelphi, Milano 1976.
11. Palermo G., Il sentire mafioso, Tratto da Maffie. Dinamiche, ruoli e identità delle organizzazioni criminali mafiose, Edizioni Labrys, Benevento 2012.
12. Pera M., Il relativismo, il cristianesimo e l’occidente, Lezione alla Pontificia Università Lateranense per i 150 anni di fondazione della facoltà di diritto civile. Roma, 12 maggio 2004
13. Fusaro D., Il Futuro è nostro, Filosofia dell’azione, Bompiani, Milano 2014;
14. Borrello G., La filosofia come cura: Karl Jaspers filosofo e medico. Dall’antipsichiatria alla politica attraverso una filosofia dell’esistenza, Liguori, Napoli 2009;
15. Fichte J.G., Lezioni sulla missione del dotto, Bompiani, Milano 2013, a cura di Diego Fusaro;
16. La frase proviene dalle Bucoliche di Virgilio, che contiene un passaggio che recita:
(LA)
«Ultima Cumaei venit iam carminis aetas
magnus ab integro saeclorum nascitur ordo.
Iam redit et Virgo, redeunt Saturnia regna,
iam nova progenies caelo demittitur alto.»
(IT)
«È giunta l’ultima era dell’oracolo di Cuma,
nasce di nuovo il grande ordine dei secoli.
Già ritorna la Vergine, ritornano i regni di Saturno,
già una nuova stirpe scende dall’alto del cielo.»
Il motto Novus Ordo Seclorum può essere tradotto in inglese come A new order of the ages. Questo venne proposto da Charles Thomson, esperto di latino impegnato nella concezione del Great Seal dei neonati Stati Uniti d’America, a significare l’inizio di una nuova era dell’America a partire dalla data della sua dichiarazione di indipendenza.
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