21
Oct
(Riceviamo e con piacere pubblichiamo il seguente contributo)
Introduzione
Nel 2012 Roger Bootle vince il premio Wolfson presentando alla commissione giudicante una interessante valutazione sulla fattibilità economica di una uscita improvvisa ed unilaterale dall’euro di un singolo paese europeo: la Grecia. Quasi in contemporanea Alberto Bagnai presenta in Italia il suo primo libro divulgativo, vincitore del premio Canova 2014, intitolato: “Il tramonto dell’euro”. Nel corso del testo l’autore italiano sviluppa una appassionata critica alla sostenibilità economica della moneta unica europea. In un capitolo del libro l’economista fiorentino immagina brevemente quali potrebbero essere per l’Italia gli esiti economici di una uscita improvvisa ed unilaterale“alla Bootle” dall’euro.
La tesi di fondo di entrambi gli autori è che in assenza di una metodologia comune e condivisa di uscita dalla moneta unica la separazione debba essere promossa dal paese uscente, strozzato dalla permanenza all’interno dell’area valutaria, e che la prima fase divisoria debba necessariamente essere: brusca, improvvisa e senza alcun preavviso.
Ma cosa significa esattamente uscire in modo improvviso, unilaterale e non concordato dall’euro secondo Roger Bootle ed Alberto Bagnai ?
Significa che un dato giorno il paese uscente comunica la propria decisione unilaterale di uscire dall’euro alle istituzioni nazionali, mondiali ed europee. Per comprensibili ragioni di ordine pratico gli autori suggeriscono che ciò debba avvenire un generico venerdì sera, a mercati chiusi, in modo da poter sfruttare l’intero weekend per giungere meglio preparati al lunedì mattina successivo. Si noti bene: il paese uscente è presupposto che non sia dotato di alcun sistema monetario alternativo all’euro al momento della sua uscita dalla moneta unica e che siano necessarie svariate settimane prima che possano effettivamente circolare monete fisiche nazionali alternative all’euro.
Inizialmente il paese uscente sarebbe quindi obbligato ad adottare un sistema di pagamento a due valute. Nel caso specifico dell’Italia: euro e lire. Per alcune settimane le sole monete fisiche circolanti sarebbero sostanzialmente soltanto gli euro, mentre invece le lire si presenterebbero da principio sotto forma di pura unità di conto bancaria. Tutto ciò rende l’uscita unilaterale di un paese dall’euro un evento assai diverso da come lo si tende comunemente ad analizzare, ovvero: come una banale svalutazione monetaria, per quanto brusca o traumatica.
Nel corso di questo scritto ogni ipotesi presupposta dai due autori sopra citati sarà, per mia libera scelta, supinamente e bovinamente accettata in modo totalmente acritico. Tutto ciò poiché lo scopo di questo scritto non è di criticare i due autori, come non è neppure di ragionare di euro o di Europa, di aree valutarie ottimali o di tassi di cambio reali. Non mi interessa descrivere scenari ipotetici di corsa agli sportelli, come non mi interessa stimare il tempo operativo necessario al sistema bancario per riuscire a garantire la corretta gestione di una simile complessa dinamica iniziale. Questi sono argomenti tutti molto importanti, di certo interessanti, ma a mio avviso rimangono meno avvincenti della formalizzazione logica della prima fase di passaggio dall’euro alla lira: prima fase caratterizzata dalla coesistenza di due monete e quindi, come vedremo meglio in seguito, caratterizzata da due distinte inflazioni.
Scopo di questo scritto è quindi semplicemente di iniziare a ragionare sulla peculiare dinamica dei prezzi che si verrebbe a creare qualora un dato paese decidesse improvvisamente di uscire dalla moneta unica europea seguendo pedissequamente il percorso ipotizzato da R. Bootle ed A. Bagnai
PRIMA FASE: Da una moneta a due monete. Da una inflazione a due inflazioni
Il paese X ha una propria valuta, che chiameremo x, fissata da anni con cambio rigido alla valuta y del paese Y. Un generico venerdì sera il paese X decide di rompere l’aggancio valutario ed inizia a svalutare la propria moneta sul mercato dei cambi. Il lunedì mattina i bancomat funzionano tutti perfettamente e la moneta di scambio rimane x. Tutto ciò che muta sono unicamente le ragioni di scambio tra beni nazionali e beni esteri. Questa può considerarsi come una svalutazione classica: argomento su cui esiste una infinita serie di dati, scritti e riflessioni, anche discordanti.
Dall’altra parte del mondo, diversamente dal paese X, il paese Z non ha affatto una propria valuta nazionale. Il paese Z, come l’Italia, come la Grecia, come la Germania, adotta infatti come moneta nazionale la moneta di una unione monetaria in tutto e per tutto simile all’euro.
Non credo di scrivere nulla di particolarmente strano affermando che una uscita improvvisa ed unilaterale da una simile unione monetaria rigida non sarebbe in alcun modo paragonabile ad una svalutazione classica, come peraltro non sarebbe minimamente paragonabile neppure ad una uscita da una unione monetaria con moneta propria pronta già circolante. Questa radicale quanto peraltro ovvia differenza purtroppo ad oggi viene soltanto superficialmente accennata da chi argomenta di uscite improvvise ed unilaterali da unioni monetarie rigide senza avere alcuna moneta pronta. Non viene affatto considerata all’interno dei modelli econometrici utilizzati per stimare i possibili esiti di una uscita dall’euro e viene sistematicamente pubblicamente omessa.
Sia chiaro: numerosi autori hanno descritto con dovizia di particolari gran parte delle difficoltà legate alla iniziale mancanza di una moneta fisica, ma non è questo il punto. Numerosi autori, tra cui anche R. Bootle ed A. Bagnai, ammettono che i bancomat per alcuni giorni probabilmente non funzionerebbero, come ammettono tranquillamente che per alcuni mesi questi ultimi emetterebbero principalmente euro, computando i prelievi in lire al tasso di cambio di mercato del momento; ma di fatto, così facendo, questi autori elencano soltanto alcune difficoltà oggettive negli strumenti di pagamento, ovvero, ancora una volta: non affrontano, non analizzano e quindi non considerano la sostanziale differenza che si produrrebbe sulla intera dinamica dei prezzi qualora si mantenesse inizialmente la moneta unica europea come riferimento primario dei prezzi, come primo ed unico strumento stabile di pagamento disponibile e di come tutto ciò influirebbe inevitabilmente sulla intera futura evoluzione dei prezzi: sull’esito stesso della presunta “svalutazione”.
In realtà, a ben guardare, sia Bootle che Bagnai nei loro scritti fanno entrambi accenno ad una possibile differenziazione tra i prezzi in euro ed i prezzi espressi in valuta nazionale. Entrambi gli autori decidono però di soprassedere alla questione: il primo declinando l’analisi delle dinamiche dei prezzi alle semplici decisioni dei commercianti, il secondo più confusamente.
Veniamo quindi finalmente alla questione centrale: che cosa accadrebbe di tanto strano o di tanto particolare alla dinamica dei prezzi se un paese decidesse di abbandonare l’euro senza avere ancora alcuna moneta pronta a disposizione?
Tralasciamo per un momento qualsiasi discorso sulle possibili azioni che dovrebbe o potrebbe intraprendere (come anche non intraprendere) la Banca Centrale Europea, il Governo italiano o la Banca d’Italia, i partner europei e tutta la vasta schiera di istituzioni ed agenti economici in grado di influenzare in qualsiasi modo uno qualsiasi degli infiniti scenari economici possibili. Ragioniamo per il momento solo ed unicamente da un punto di vista puramente logico: astratto.
Accadrebbe una cosa piuttosto semplice da intuire, sostenuta da Bootle e ripetuta da Bagnai: le unità di conto dell’intero listino prezzi diventerebbero due, nel nostro caso specifico euro e lire. Inizialmente circolerebbero soltanto gli euro come moneta fisica di scambio, quindi è facile intuire che i prezzi molto probabilmente resterebbero espressi inizialmente in euro, per ovvie ragioni di comodità. Si badi bene: ciò non vuol dire che tutti gli scambi avverrebbero solo ed unicamente in euro, ma soltanto che i pagamenti in contanti sarebbero fatti in euro e che quindi di conseguenza i prezzi dei beni in vendita resterebbero, quantomeno inizialmente, espressi in euro. Naturalmente, a parziale conferma di ciò, dall’altra parte, inizialmente: tutti i pagamenti elettronici avverrebbero digitando ancora un prezzo espresso in euro. Ci penserebbe la banca a prelevare dal conto corrente il valore equivalente in lire al tasso di cambio di mercato della valuta nazionale sull’euro in quel dato specifico momento.
Vi sarebbero quindi due dinamiche ben distinte dei prezzi: da un lato la successione dei prezzi espressi in euro, mentre dall’altra parte l’andamento dei prezzi in lire. Durante questa prima fase il prezzo dei beni espresso in lire non sarebbe null’altro che il prezzo in euro al tasso di cambio tra lire ed euro in quel dato specifico momento. Tutto ciò vuol dire che durante l’intera prima fase di brusca svalutazione della lira sull’euro l’inflazione dell’intero listino prezzi in lire (dei beni esteri come dei beni nazionali) di fatto dovrebbe necessariamente muoversi in sincrono con la svalutazione stessa per poter mantenere un prezzo coerente dei beni in lire ed euro. Questo fenomeno, questo singolare sincronismo, è reso possibile dalla natura stessa della nuova moneta nazionale: presupposta essere come una mera unità di conto bancario, come un puro algoritmo di cambio.
Vediamo in dettaglio. Il signor Rossi ha depositati in banca sul conto corrente 10.000 euro ed al momento vive con uno stipendio mensile di 2.000 euro. Il venerdì sera l’Italia esce dall’euro. Il signor Rossi ritira al bancomat quanti più euro possibili, si reca a fare il pieno di benzina ed una ricca spesa. Ipotizziamo che il lunedì mattina tutto vada per il meglio, che non vi sia alcun intoppo: che tutti i bancomat e gli strumenti di pagamento elettronico funzionino perfettamente. Il cambio tra lire ed euro, per ragioni di comodità, è stato inizialmente fissato dal Governo italiano ad una lira per ogni euro. Il lunedì mattina i soldi sul conto corrente del signor Rossi sono stati denominati in lire. Il signor Rossi adesso ha sul conto corrente 10.000 lire e gli stipendi mensili che il nostro soggetto al momento percepisce non sono più espressi in euro, ma in lire. Il signor Rossi non guadagna più 2.000 euro al mese, ma 2.000 lire al mese. Il lunedì mattina, prima che la lira sia per la prima volta ammessa alle contrattazioni sul mercato dei cambi, avere lire quindi equivale formalmente ad avere euro. Una lira infatti apparentemente vale un euro. Ma cosa accade appena la lira entra sul mercato dei cambi ed inizia a deprezzarsi ?
Accade che le lire depositate sul conto corrente, come lo stipendio mensile, pur mantenendosi nominalmente identiche rispetto a prima, di fatto perderebbero progressivamente valore in euro. Se fossimo all’interno di una svalutazione classica tutto ciò non influirebbe immediatamente su tutti i prezzi espressi nella propria valuta nazionale. Nel caso in esame però non siamo all’interno di una svalutazione classica e la nostra valuta di riferimento quotidiano continua ad essere sempre l’euro, quantomeno inizialmente. Se nel corso delle prime settimane la lira svalutasse in modo assai brusco sull’euro, qualora tutti i prezzi in euro rimanessero rigidi, presupponendo che i beni mantengano un valore unico, indipendentemente dallo strumento di pagamento adottato, l’intero deprezzamento della valuta nazionale si dovrebbe per forza di cose, necessariamente, tradurre in modo automatico, per via elettronica, sull’intero listino dei prezzi in lire.
Sono le ipotesi adottate dal modello di uscita Bootle/Bagnai a rendere tutto ciò inevitabile; ma tutto ciò equivale ad un potenziale assoluto disastro economico. Si badi bene: se l’ufficio statistico nazionale volesse conteggiare il tasso di inflazione nella moneta di scambio realmente utilizzata in quel momento, ovvero l’euro, di fatto (per assurdo) non potrebbe misurare alcuna inflazione. Tutto ciò poiché i prezzi in euro, per ipotesi, non sarebbero mutati. Ciò che sarebbe mutato sarebbe stato il valore in lire degli euro, ovvero il valore dei prelievi dal conto corrente in banca, il valore degli stipendi, come anche delle pensioni: tutti naturalmente rigorosamente espressi in lire. Ciò che di fatto muterebbe sarebbe cioè l’intero listino prezzi espresso in lire. La nuova moneta infatti è una semplice unità di conto bancaria, il cui valore è determinato dal tasso di cambio di mercato in un dato momento. Ciò vuol dire che l’Italia si troverebbe con due monete e con due distinti tassi di inflazione: inflazione in euro ed inflazione in lire. L’ inflazione espressa in valuta nazionale sarebbe quindi inizialmente necessariamente pari al deprezzamento monetario della nuova moneta sull’euro: perfettamente sincrona ad esso. L’intera dinamica dei prezzi sarebbe differente rispetto a quella di una svalutazione classica.
Nel corso di una svalutazione classica l’importatore carica i maggiori costi sostenuti in valuta nazionale progressivamente sugli acquirenti. I prezzi dei beni importati crescono quindi unicamente se espressi nella moneta nazionale in uso corrente, mentre i prezzi dei beni nazionali crescono in misura assai inferiore. Per questo motivo si presuppone che la svalutazione favorisca le ragioni di scambio dei beni nazionali e non si trasformi mai totalmente automaticamente in pura inflazione.
Nel caso di una uscita dall’euro alla “Bootle & Bagnai” però è l’intero sistema di riferimento dei prezzi a rimanere ancorato all’euro, quantomeno inizialmente; tutto ciò semplicemente poiché l’euro, nella prima fase di passaggio, continua ad essere l’unica e sola unità di conto e strumento di pagamento stabile disponibile. E’ quindi l’intero sistema di riferimento dei prezzi espressi in lire a slittare seguendo il cambio di mercato e quindi ad essere conteggiato semplicemente come:
prezzo in lire = prezzo in euro + svalutazione della moneta nazionale
Tutto ciò vuol dire che se la moneta del paese uscente avesse la naturale tendenza ad apprezzarsi (se cioè, ad esempio, assomigliasse al marco tedesco) l’intero listino prezzi del paese uscente (la Germania in questo caso) incamererebbe subito una forte drastica riduzione dei prezzi espressi in valuta nazionale, compensando così gran parte dei presunti svantaggi derivanti dall’apprezzamento monetario. Naturalmente, così facendo, verrebbero inizialmente fortemente innalzati i salari reali dei lavoratori tedeschi, che andrebbero quindi di conseguenza progressivamente ridotti per evitare shock inflazionistici successivi: con tutte le eventuali difficoltà del caso. Se invece dall’altra parte la moneta del paese uscente tendesse naturalmente a deprezzarsi (come ad esempio nel caso dell’Italia oppure della Grecia) l’intero listino prezzi del paese, espresso in valuta locale, tenderebbe invece ad incamerare una forte dose di inflazione, ma solo ed unicamente nella nuova valuta nazionale: cosa questa che invece abbatterebbe fin da subito il potere d’acquisto reale dei cittadini e la domanda interna. Tutto ciò implica che, nel caso in cui i salari nominali in lire fossero successivamente incrementati od indicizzati (ad esempio per ridurre l’impatto della svalutazione sui salari reali) gran parte del presunto vantaggio competitivo derivante dalla svalutazione stessa di fatto si perderebbe immediatamente per strada: tutto ciò poiché la riduzione dei prezzi in valuta estera sarebbe stata repentinamente compensata da un rincaro equivalente e stabile dei prezzi interni in valuta nazionale. Durante tutta la fase uno il deprezzamento oppure l’apprezzamento della valuta nazionale è quindi sostanzialmente compensato dalla stessa dinamica dei prezzi espressi in valuta nazionale: risultando quindi banalmente inefficace.
FASE DUE: Da due prezzi ad un prezzo unico: ma quale?
Naturalmente ciò che abbiamo incominciato a descrivere rappresenta soltanto la fase iniziale di una uscita dall’euro alla Bootle/Bagnai. Questa prima fase durerebbe probabilmente soltanto alcune settimane, ovvero il tempo necessario alla zecca di stato per iniziare a produrre ed a distribuire la nuova valuta nazionale: ma nonostante ciò influenzerebbe l’intera dinamica successiva dei prezzi.
Con l’introduzione delle lire in formato cartaceo e con la loro successiva diffusione inizierebbero probabilmente a comparire i primi doppi prezzi sui cartellini dei prodotti in vendita. La comparsa dei doppi prezzi rappresenta null’altro che la ovvia naturale conseguenza della effettiva possibilità di pagare in lire. La possibilità oggettiva di pagare direttamente in lire (quindi non in euro cambiati automaticamente dal sistema elettronico bancario in lire equivalenti) produrrebbe per la prima volta dalla uscita dall’euro il primo vero e proprio prezzo pensato direttamente in lire per i pagamenti in lire: quindi, di conseguenza, la necessità di fissare un prezzo direttamente in lire.
A tale riguardo potrebbe immaginarsi che ancor prima di una diffusione estesa dei pagamenti in lire cartacee possa essere utile compiere una modifica nel sistema stesso di pagamento elettronico; ed infatti inizialmente, subito dopo l’uscita dalla moneta unica europea, i bancomat, come l’intero sistema telematico di trasmissione dati, ragionerebbero ancora utilizzando gli euro come moneta di riferimento. Il Signor Rossi qualora si recasse al bancomat non soltanto quindi preleverebbe euro, ma potrebbe richiedere soltanto euro. Sarebbe lo stesso software del bancomat a chiedergli quanti euro intende ritirare. Come abbiamo già visto sul conto corrente verrebbero sottratte lire al tasso di cambio di mercato, ma la richiesta del nostro signor Rossi sarebbe pur sempre di ritirare euro. Il Signor Rossi chiederebbe di ritirare 100 euro e qualora il bancomat funzionasse questi erogherebbe i fatidici 100 euro. Se quindi la svalutazione della lira fosse stata fino a quel momento del 30% il Signor Rossi vedrebbe il proprio conto corrente decurtato di 130 lire: pari esattamente a 100 euro. I beni in vendita abbiamo detto che continuano ad essere prezzati in euro. Tutto ciò sostanzialmente poiché il Signor Rossi può pagare soltanto in euro inizialmente: anche telematicamente. Se quindi ad esempio un paio di scarpe costassero 100 euro ed il nostro signor Rossi decidesse di acquistarle, il signor Rossi per poterle acquistare potrebbe fare in due modi distinti: potrebbe ritirare 100 euro al bancomat e quindi pagare direttamente in euro, oppure pagare per via elettronica. A quel punto, inizialmente, per come è strutturato il sistema di pagamento elettronico il negoziante digiterebbe la cifra richiesta in euro, ovvero il prezzo in euro delle suddette medesime scarpe, 100 euro, sempre pari alle fatidiche 130 lire precedenti.
Prima di diffondere le lire cartacee potrebbe quindi immaginarsi utile modificare la valuta di riferimento per tutti i sistemi di pagamento elettronici nazionali: proprio per favorire il sorgere dei primi prezzi in lire. Tutto ciò poiché fintanto che non esistesse alcun modo per pagare direttamente in lire probabilmente non esisterebbero neppure prezzi in lire: se non per gentile quanto improbabile concessione del negoziante, oppure in seguito ad una imposizione governativa di assai difficile attuazione, specie nel corso della prima fase di passaggio dall’euro alla lira, per ovvie ragioni di ordine pratico.
Prima quindi che le lire in formato cartaceo siano disponibili i sistemi di pagamento elettronici potrebbero richiedere che al momento dell’acquisto venga digitato solo e soltanto il valore dei beni espresso in lire, non quello in euro.
Personalmente dubito circa la effettiva efficacia di questa proposta. Tutto ciò indubbiamente modificherebbe parzialmente la dinamica dei prezzi appena descritta. La sola possibilità di poter pagare in una data specifica valuta renderebbe di fatto necessaria l’esposizione dei prezzi in quella valuta e ciò probabilmente produrrebbe una prima seppur parziale rottura nella sincronizzazione dei prezzi in lire rispetto al cambio di mercato, rottura che molto probabilmente successivamente si amplierebbe in caso di effettiva comparsa di monete fisiche nazionali. Tutto ciò comporta che la dinamica dei prezzi in euro ed in lire, in questo caso, da questo momento in poi, potrebbe tornare progressivamente a divergere e che quindi la singolare dinamica di aggiustamento automatico dei prezzi in lire rispetto al tasso di cambio in euro verrebbe: in alcuni casi frenata, mentre in altri casi addirittura amplificata.
Dopo una prima fase di movimenti sincroni assisteremo quindi molto probabilmente ad una fase successiva più complessa da analizzarsi e caratterizzata da movimenti asincroni rispetto al cambio dei prezzi in lire. Nel corso di questa fase non è detto che i prezzi mantengano per forza una propria coerenza interna: molto più facile che incorporino le rispettive aspettative degli agenti e che rispondano maggiormente a valutazioni di ordine pratico-strategico.
Solo e soltanto con la definitiva sostituzione degli euro con le lire, solo con la scomparsa definitiva degli euro, quando cioè i prezzi inizieranno ad essere espressi soltanto in lire ed i pagamenti elettronici faranno tutti direttamente riferimento ai prezzi in lire, solo e soltanto allora torneremo effettivamente ad avere una moneta nazionale ed una inflazione unica. Ma cosa sarebbe accaduto nel frattempo ai prezzi?
Quanta parte della dinamica precedentemente analizzata sarebbe stata incamerata dai prezzi in lire?
Difficile rispondere a questa domanda. Molto dipende dalle scelte adottate dal governo, dalla Banca d’Italia, dai partner europei e dalla Banca Centrale Europea durante tutta la fase di passaggio ed oltre. Molto dipende dagli effetti più o meno recessivi di una uscita, come anche da infiniti altri fattori in alcun modo prevedibili ad oggi. Ciò che ritengo sia per il momento utile sottolineare è che fintanto che non vi fosse l’effettiva possibilità di pagare in lire non vi sarebbero probabilmente prezzi espressi in lire e che quindi l’andamento dei prezzi in lire risulterebbe sincrono rispetto alla svalutazione della lira sull’euro. Allo stesso tempo, in alcuni dati specifici contesti, ragioni di ordine pratico ed aspettative degli agenti potrebbero portare a forti approssimazioni dei prezzi in lire.
Per ovvie ragioni non credo sia possibile prevedere quale possa essere l’effettivo andamento dei prezzi durante questa seconda fase asincrona. Ritengo sia possibile analizzarlo: ma non credo però sia possibile prevederlo. Tutto ciò che accadrà dipenderà in gran parte dalle aspettative degli agenti in quel dato momento. Agenti posti peraltro all’interno di un contesto di riferimento complesso ed assai mutevole, di cui gli attori hanno scarsa esperienza.
Contesto di riferimento entro cui alcune apparenti piccole differenze, come i metodi di pagamento adottati, come peraltro precedentemente accennato, producono effetti a catena imprevisti, perduranti e di notevole intensità.
Purtroppo (o per fortuna) di tante piccole cose, tutte a prima vista apparentemente insignificanti, è pieno il mondo. Nel corso di questo scritto ci siamo occupati unicamente di una soltanto di queste piccole cose: della dinamica dei prezzi in valuta nazionale in caso di uscita improvvisa e unilaterale di un generico paese dall’euro. Nel corso di questo scritto ci siamo occupati degli effetti derivanti dalla mancanza di una moneta nazionale in caso di uscita da una unione monetaria.
Conclusioni
Se l’utopia rappresenta il luogo ideale quanto immaginario dove quasi tutto ciò che accade avviene esattamente come dovrebbe svolgersi, atteggiamento questo che purtroppo la disciplina economica conosce fin troppo bene, dall’altra parte invece la distopia economica rappresenta l’esatto opposto: rappresenta la manifestazione altrettanto ideale di un mondo altrettanto estremo ed astratto, ma assai meno piacevole ed assai meno perfetto del primo.
Nel corso di questo scritto si è deciso di accennare ad una specifica forma di distopia economica: la iniziale dinamica dei prezzi in lire in seguito ad una uscita alla Bootle/Bagnai dalla moneta unica. Ciò che è emerso è un fenomeno nuovo, singolare, non trattato e non analizzato da alcuno: neppure dagli autori stessi. Un fenomeno su cui ritengo sarebbe utile porre la debita necessaria attenzione. Il fenomeno è stato qui brevemente descritto e suddiviso in due fasi.
Fase uno: la mancanza di una moneta nazionale produce, durante la prima fase, durante l’iniziale variazione del valore in euro della moneta nazionale, equivalenti variazioni in tutti i prezzi espressi in valuta nazionale.
Fase due: la comparsa di una moneta nazionale produce la rottura della relazione precedente, ma non annulla per ciò gli effetti accumulatisi. In alcuni casi la rottura della relazione precedente sarà a favore della stabilità dei prezzi in valuta nazionale, in altri casi a netto sfavore.
Uedro
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03Oct
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