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Feb
Esiste, dal suo punto di vista, un equilibrio sostenibile tra economia e finanza da un lato e chi prende le decisioni e detta l’agenda, cioè la politica, dall’altro?
Come premessa dico che sono rimasto letteralmente sconvolto e sbigottito dalla visione di un lungo video di un’ora circa prodotto dall’ISIS e circolante in Rete, nel quale viene spiegata la visione economica dello Stato Islamico, richiamando alcune teorie a fondamento del “gold standard”, il recupero cioè del rapporto diretto tra valore reale della produzione e l’oro. Un video di ottima qualità, dal linguaggio attraente ed accattivante, che offre risposte ad una civiltà occidentale nella quale i giovani reclamano comunque punti di riferimento ideali e di appartenenza, il gusto della bandiera e del sacrificio per contrastare la violenza e l’apostasia del mondo della finanza.
Lo cito per sottolineare come, in una economia globale come la nostra, la finanza sia fondamentale per mantenere l’attuale stato di benessere raggiunto, impossibile da conservare ritornando ad un’era in cui i beni siano scambiati senza l’intermediazione della moneta, o riesumando vecchie teorie economiche, se non addirittura il baratto. La finanza è parte integrante di un sistema come quello capitalistico che ha permesso l’indiscusso innalzamento complessivo di un’agiatezza altrimenti inattuabile.
E’ d’altronde anche vero che i presupposti di sovranità nazionale sono profondamente mutati, in cui lo Stato è sempre meno quell’entità politica in rappresentanza del bene comune, capace di governare il territorio all’interno dei propri confini entro i quali battere moneta. Il governo della moneta è stato totalmente sottratto alle democrazie, e gli stessi processi della politica sono altra cosa rispetto al passato, complice lo sviluppo della digitalizzazione che ha esteso i confini di comunicazione e di libertà al di là di un limite fisico, sviluppandoli in un ambito meta-reale come quello digitale. È quindi indiscutibile che si debba rivedere la forma della rappresentazione di un bene comune che viene tenuto in piedi ancora sotto spoglie tradizionali, dato che si sono ormai persi pezzi importanti di questa sovranità. Anche la capacità della politica di governare il mercato si è fortemente ridotta, in quanto la sfera dell’economia è più grande di qualsiasi volontà politica di previsione per il futuro e di condizionamento politico. Laddove si afferma una economia di scambio e di libero mercato, la politica arretra e rimane sempre più condizionata del potere finanziario.
Nonostante questo, esistono un paio di aspetti interessanti, afferenti a questa involuzione e arretramento della politica, da sviluppare sotto forme nuove. Primo elemento è che lo sviluppo della finanza a supporto dell’economia si basa sul presupposto fondamentale della fiducia nel futuro, altrimenti nessun mezzo di scambio sussisterebbe. E la politica basata sul libero e diffuso consenso dei cittadini esercita ancora un ruolo chiave in questo, perché altrimenti chi garantirebbe che la fiducia non è mal risposta?
Ma il potere politico è essenziale anche per un secondo aspetto, quello delle derive speculative, in quanto le “epidemie” possono essere fermate solamente alla condizione che l’autorità politica basata sul consenso popolare stabilisca le regole del gioco, cioè quei limiti invalicabili oltre i quali si individuano responsabilità e comportamenti anomali da sanzionare.
Questo è quello che viene attualmente chiesto dal mondo finanziario, non tanto uno Stato imprenditore o dirigista del mercato o stampatore di moneta, ma uno Stato di ultima istanza, che possa garantire una fiducia nel futuro ed una prospettiva positiva sugli investimenti originati dalla libera imprenditoria.
Nella post-democrazia ci troveremo ad affrontare una oligarchia di aziende o di poche persone, come può salvarsi la realtà italiana intessuta di PMI? Come possono gli incubatori di start-up sopravvivere in un sistema finanziario distorto che non fornisce aiuti economici, in un meccanismo in cui anche gli investitori esterni non hanno convenienza ad investire perché non hanno nessun ritorno immediato?
L’Italia soffre di un ritardo digitale ed infrastrutturale molto importante, gap da compensare rapidamente in quanto passaggio prioritario ed ineliminabile. Inoltre diventa sempre più strategico l’investimento sul capitale umano, in quanto la creatività e lo spirito d’iniziativa del nostro territorio sono un fattore competitivo ed un punto di forza dell’eccellenza italiana. Il capitale umano non va disperso, in quanto elemento che tiene insieme imprenditorialità, finanza e capacità di inventare strumenti nuovi, adattandosi ad un mondo globale e complesso in continuo cambiamento. Ciò è vitale in un Paese come il nostro che vive di inventiva e non di materie prime, ma il cervello va educato non solamente in termini di conoscenza di base, bensì come capacità di mettere insieme i pezzi di una realtà eterogenea, di trovare soluzioni giuste a problemi insoliti.
Esiste, inoltre, una difficoltà diffusa nell’adottare forme nuove di rappresentanza e nuova leadership politica: ciò richiede nuove motivazioni per un nuovo ruolo della politica democratica, in quanto specchio della società civile, come strumento per fluidificare e semplificare la vita; compito complesso, ma conditio sine qua non per il benessere dei cittadini.
È basilare quindi investire in questa direzione. A partire da due terreni: la spending review e gli investimenti infrastrutturali.
La spending review ha senso solamente se proiettata sul medio periodo, revisionando i processi di spesa in chiave di ottimizzazione duratura, anche se la politica reclama l’avere dei risultati immediati ai fini della formazione del bilancio e questo contrasta con le finalità che dovrebbe avere la spending review. Ma non possiamo esimerci dal farlo.
Alcuni investimenti di medio e lungo periodo – come ad esempio le infrastrutture a fibra ottica – senza la partecipazione pubblica non potranno mai essere realizzati, dato che gli operatori di mercato monopolistici non hanno propensione ad investire in opere dalla redditività così differita, legati come sono ad una profittabilità addirittura trimestrale. Sono proprio queste opere infrastrutturali a rendere il nostro territorio valevole ed attrattivo per gli investimenti produttivi, forse lo sta capendo anche la Commissione Europea.
Raffaele Tiscar, Vice Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
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03Oct
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