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Feb
In merito al nesso tra potere produttivo ed interesse finanziario, una delle grandi questioni che sta emergendo è quanto la leva finanziaria possa aiutare a riattivare economicamente il nostro Paese, qual è la sua esperienza a riguardo?
Porrei il punto in una prospettiva più globale, ricollegandomi agli sviluppi che hanno interessato negli ultimi anni le politiche monetarie. Durante l’epoca di Bretton Woods queste erano ‘ancorate’ ai tassi di cambio, mentre precedentemente, durante il gold standard, avevano un’àncora nell’oro. Con la caduta di Bretton Woods l’àncora è venuta meno e si sono adottati approcci imperniati sul controllo degli aggregati monetari, soprattutto a partire dall’avvento di Paul Volcker alla Fed nel 1979. Finché non ci si è accorti che gli aggregati monetari erano instabili a causa dell’innovazione finanziaria, motivo per cui si è passati a modelli di inflation targeting, quando cioè le banche centrali hanno iniziato a stabilire, a volte nei loro statuti come nel caso della BCE, degli obiettivi di inflazione. Oggi però l’inflazione è quasi sparita – in Europa si parla persino di rischi di deflazione – per una serie di motivi tra cui la globalizzazione. Di contro le spinte ‘inflattive’ si rivelano in assets come i titoli finanziari o le attività immobiliari. Le politiche monetarie si confrontano con un dilemma: debbono tenere sotto controllo l’inflazione al consumo quando l’inflazione al consumo è praticamente sparita, ma non hanno gli approcci adeguati per controllare le bolle e l’instabilità che si materializzano sui mercati finanziari e immobiliari.
Cosa succede in particolare oggi? Mi pare che le banche centrali di tutto il mondo vivano una situazione di grande incertezza: espandono la liquidità per sostenere il ciclo in una fase di bassa inflazione, ma questa immissione di liquidità accresce il rischio di bolle. È da almeno due decenni che sperimentiamo un’abbondanza di liquidità nel mondo e attualmente è difficile stabilire come muoversi. Le politiche monetarie debbono essere espansive per evitare l’aggravarsi della crisi finanziaria, la più grave dopo quella del ’29, ma di fatto non stimolano e non arrivano al mondo produttivo. La mia impressione è che ci si affidi troppo alle politiche monetarie per risollevare le sorti delle economie in difficoltà, come anche nel caso dell’Italia. Ma non è stampando moneta che si riattiva la crescita, servono invece le riforme strutturali e investire le risorse pubbliche in capitale produttivo, materiale e immateriale.
In Italia potrebbe essere utile una politica fiscale, dato che un mercato in deflazione favorisce solamente una oligarchia economica. Quale potrebbe essere una soluzione visto l’inadeguatezza della politica monetaria?
In Europa occorre senza dubbio mettere in campo politiche fiscali più espansive ma le politiche di austerità non giocano a favore. C’è però da tener presente che vi sono notevoli disparità nelle posizioni debitorie dei paesi: ad esempio la Germania e i paesi scandinavi hanno posizioni fiscali molto più solide rispetto ad altri Paesi, come l’Italia, nei quali il debito accumulato è elevatissimo. Quindi in teoria occorre procedere su due binari distinti: espandere maggiormente la politica fiscale nei paesi meno indebitati mentre per i paesi più indebitati e quindi più vulnerabili occorre continuare nel percorso di risanamento fiscale. Nella pratica non è così semplice poiché la Germania non sembra disponibile ad un politica fiscale più accomodante.
Quanto la finanza può essere un aiuto fondamentale per lo Stato negli investimenti da destinare a progetti che riguardino centri di ricerca ed innovazione per le Human Technologies, anche per riattivare, ad esempio, il Sud attraverso la realizzazione di questi distretti industriali, traino potenziale per tutto il territorio circostante?
La finanza privata può venire in supporto dell’investitore pubblico, ma la conditio sine qua non è un orizzonte temporale che dia una certa affidabilità per quanto riguarda i rendimenti dell’investimento, oltre ad un quadro di regole certe. Siccome in Italia esiste un problema di affidabilità dovuto ad un quadro regolatorio molto incerto e ad una situazione politica instabile, la finanza esita a farsi coinvolgere in questi progetti. E’ invece cruciale un maggiore coinvolgimento della finanza privata, nazionale ed internazionale, visto che le risorse pubbliche sono sempre più scarse. Attenzione però: dagli investimenti in ricerca, innovazione tecnologica e crescita del capitale umano non ci si può attendere un ritorno a breve termine, ma un effetto sulla crescita potenziale nel lungo e medio periodo. Per un effetto a breve sulla crescita occorre puntare su investimenti ad impatto più immediato. Qui entra in gioco il settore delle costruzioni ed il tema della rigenerazione urbana e delle infrastrutture. Milano è un caso emblematico grazie a Porta Nuova che, attraverso il coinvolgimento della finanza privata, anche straniera, ha visto la rinascita di un quartiere che è stato trasformato in polo di attrazione, preservando il patrimonio storico ma conciliandolo con costruzioni avveniristiche. La rigenerazione urbana è fondamentale per fare dell’Italia un Paese proiettato verso il futuro.
È possibile parlare di etica in finanza?
Il termine ‘finanza etica’ è un po’ abusato ma il concetto è senza dubbio valido ed attuale considerando anche quello che è avvenuto di recente nei mercati finanziari e nei sistemi bancari, dove spesso hanno prevalso comportamenti opportunistici. La priorità di ogni forma di finanziamento deve però restare la validità sul progetto che si vuole finanziare. La finanza internazionale segue alcuni criteri inderogabili, esige cioè che i progetti siano sani, ben fatti, che le regole del gioco non cambino e che ci sia una redditività positiva.
Giuseppe Schlitzer, Consigliere Delegato – General Manager and CEO di AITEC, l’associazione aderente a Confindustria rappresentativa dell’industria italiana del cemento. Autore di numerose pubblicazioni su temi di macroeconomia, finanza e governo delle imprese, è docente a contratto presso la LIUC di Castellanza, dove insegna “International Financial and Foreign Exchange Markets”. È Vice Presidente Vicario dell’Istituto Internazionale Jacques Maritain; membro dell’Advisory Board della società di consulenza strategica VerA; Vice Presidente di Aicap (Associazione italiana calcestruzzo armato e precompresso).
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03Oct
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