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Feb
Oggi si assiste ad un sorpasso della finanza speculativa sulla finanza reale, con una finanza sempre più legata alle parole e alle idee. Ma il mondo dell’impresa è legato alla fattività, come conciliare questi due mondi, finanziario e produttivo?
Come amministratore delegato non mi sono mai occupato di finanza speculativa ma sono sempre andato sul mercato finanziario per sostenere progetti che consideravo validi. Questo è l’aiuto di cui l’impresa ha bisogno e solamente questo modo di operare può essere l’anello di congiunzione tra mondo finanziario e mondo industriale.
Immaginare che il mondo dell’impresa possa vivere senza capitale di investimento è oggettivamente impossibile. L’imprenditore, a mio avviso, ha la responsabilità di creare valore attraverso un progetto industriale ma il sostegno finanziario è indispensabile: pensi per esempio ad una acquisizione di un’azienda considerata molto sinergica e dalla cui integrazione si possa appunto creare valore sostenibile.
Viceversa, non è assolutamente condivisibile una attività finanziaria tesa unicamente a creare valore attraverso speculazioni, subprime e derivati.
I tempi del mondo finanziario sono tempi sempre più brevi mentre il mondo produttivo necessita di tempi che ragionino sul medio/lungo periodo. Questo spinge nella direzione penalizzante di optare per scelte strategiche che diano un riscontro nell’immediato, penalizzanti per un tessuto come il nostro fatto di PMI. Come uscire da questo pericoloso corto circuito?
Io credo che oggi esista un livello di liquidità che consente alle banche di finanziare progetti validi e seri dal punto di vista industriale. Purtroppo eravamo abituati ad un sistema molto relazionale, per cui i soldi venivano dati all’amico, all’amico dell’amico e così via. Questo ha fatto sì che il livello di sofferenze del sistema bancario italiano sia salito ai livelli massimi attuali, che sono i più alti tra tutti i Paesi sviluppati.
Oggi invece il sistema è molto più meritocratico premiando le aziende virtuose. Inoltre se un’azienda ‒ piccola, media o grande che sia – ha bisogno di finanziare un progetto deve uscire dalla visione bancocentrica del finanziamento. L’imprenditore deve avere la capacità di evolversi aprendo il capitale dell’azienda a terzi o agendo sul mercato dei capital market.
Personalmente non ho mai dovuto rinunciare a progetti perché il sistema finanziario non mi ha dato soldi, ma è chiaro che partivo da una situazione privilegiata in quanto la situazione della mia azienda era positiva e la sua storia credibile. Attualmente le banche finanziano le imprese che assicurino, almeno in modo statistico, la certezza di riavere indietro i soldi prestati. Non vengono più dati soldi urbi et orbi come accadeva in un sistema relazionale, ormai superato dai tempi.
Sussiste una divisione Nord/Sud nel sistema produttivo, con il Sud ad avere solamente l’1% di aziende quotate in borsa in un mondo che sembra parlare solamente un linguaggio finanziario. Come sanare questa spaccatura e tornare competitivi come Sistema Italia?
Il problema Nord/Sud è relativo ad una differenza non solo economica ma anche sociale. È evidente però che al Sud in modo decisamente più importante che al Nord urge una evoluzione dell’imprenditoria che garantisca maggiore limpidezza e managerialità dato che non è più possibile fare impresa come un tempo.
Per essere finanziati occorre dimostrare di essere adeguati non solo agli aspetti competitivi e di mercato, ma anche come avere competenze, professionalità e trasparenza un tempo meno necessari per via degli aspetti relazionali che al Sud per ragioni storiche erano più evidenti.
Noi stiamo attraversando la crisi più importante dal ’29 ad oggi, ed è innegabile che tutte le crisi facciano pulizia: quello forte diventa più forte e le aziende che già barcollavano, soccombono. Chi regge? Le imprese che resistono sono quelle che hanno innovato, si sono aperte al mercato e al capitale.
Rimane il fatto indiscutibile che al giorno d’oggi l’imprenditore deve cambiare il suo comportamento, deve capire che è fondamentale quotarsi in Borsa, conoscere e saper utilizzare tutti gli strumenti finanziari che ha a disposizione per poter raggiungere una taglia critica che gli consenta di reggere (e vincere) una competizione sempre più aggressiva.
Le nuove generazioni non sono considerate risorse fondamentali nel mondo produttivo ma, anzi, sono rifiutate dal mondo del lavoro. Non avviene un sano ricambio generazionale e non si investe sui giovani. Qual è la sua esperienza?
È indubbio che in generale c’è una certa superficialità nei confronti dei bisogni dei giovani. Ciononostante in Italia esistono numerose realtà che investono sui giovani e sulla loro formazione, dato che è nell’interesse dell’azienda assumere giovani di talento, formarli, e avere poi una retention che giustifichi l’investimento fatto.
È indiscutibile che sia necessaria una maggiore sensibilità verso le esigenze delle nuove generazioni, spesso svalutate e oggetto di scarsa o addirittura nulla considerazione.
I giovani meritano un Paese diverso, in cui vengano fatte tutte le riforme necessarie per renderlo competitivo, in cui a vincere sia la meritocrazia e non il clientelismo.
Uno dei grandi problemi del nostro Paese è invece proprio la difficoltà al cambiamento, quando invece la strada del rinnovamento è l’unica percorribile. Il cambiamento è un’opportunità, soprattutto quando si ha la capacità di metterlo in atto in una sana visione prospettica e non nell’emergenza, quando tutto va male.
Franco Moscetti, Fondatore & Amminisratore Unico di Axel Glocal Business, Deputy Chairman in Amplifon Group
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03Oct
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