16
Apr
Ivan Rizzi
Il tema dei “giovani” ci sconforta da tempo. I giovani sotto molti aspetti rappresentano una vera classe sociale. Sono un esercito di riserva del lavoro ormai su base globale.
Il blocco dell’ascensore sociale non è altro che un indice del fallimento delle classi dirigenti, le quali non sanno che farsene del meglio dell’energia psicofisica del nostro tempo.
Forse la colpa più grave delle classi dirigenti è la rinuncia al pensiero pensato: anche rispetto a questo tema sembra non riconoscano il bisogno del sapere, Potere e cultura non si parlano più.
Per questo stiamo parlando di Ricostruzione, come quella del dopoguerra, ma in senso immateriale.
Luigi Zoja
Un problema tipico dell’Italia è la mancanza di autostima, cioè dell’accettazione troppo scontata di una prospettiva ridicolizzante. Questa bassa autostima collettiva non ha uno statuto ufficiale ma è ampliamente condivisa. bensì: questa infantilizzazione è accettata come scontata perché concorda con altri aspetti di sovranità limitata in atto da tempo per il nostro paese. Si crea così un vincolo esterno. Noi ci sentiamo sempre inconsciamente in debito verso altro. L’autoindulgenza, è un rimedio assolutamente provvisorio ed infantile.
Il nostro tema di oggi sono i giovani: dobbiamo affrontarlo in una prospettiva globale, di paesi sviluppati ai quali apparteniamo.
Bisogna stare attenti a non dibattere sui giovani in termini autoconsolatori ma oggettivi e critici. La situazione italiana è come quella di altri paesi ma di fatto quello che manca è un osservatorio sul fattore di fuga dei giovani che migrano soprattutto in sè stessi e che sviluppano la sindrome cosiddetta di ritiro.
Non reggono la competitività e i ritmi dell’attulità.
Gabriele Albertini
Riprendendo l’analisi psicologica di Zoia: viviamo in una società senza padre. Indice emblematico di questo processo lo troviamo anche nel nostro stesso inno: fratelli d’Italia, ma in realtà in lotta tra loro .
I giovani come porta del futuro: cosa possiamo offrire a chi ci succede nelle generazioni?
Il padre: l’autorità è la consapevolezza di sé. Noi non abbiamo un padre nella nostra storia civile. Il ridere con scherno degli affari italiani sono segni di una mancanza di un sistema di valori in cui dovremmo credere come nazione e come comunità.
La mia critica e non soluzione è: come potremmo creare un qualcosa in cui ci riconosciamo e da lasciare a chi viene dopo di noi?
Si fa qualcosa perché è giusto farlo: un modo per giustificare la propria esistenza è lasciare uno stato di cose migliore di come l’abbiamo trovato.
Riconoscersi in un padre nel nostro sistema di valori: questa è la necessità e la speranza da lasciare ai giovani.
Andrea Paliani
I ragazzi che vengono da noi cercano una guida ed una speranza che non trovano nella società che ha valori estremamente materiali.
Soffro da una parte l’esigenza di dare una progettualità a persone che non riconoscono alcun ruolo alla nostra società.
O si cresce o si muore. Ci sono empasse generazionali importanti, che mettono in pericolo la sostenibilità di un settore economico che può avere caratteristiche innovative a lungo termine. L’altro problema è la macchina amministrativa di uno stato che oggi purtroppo non è pronto a chiudere questo gap. Il progetto che io cerco di dare ai miei ragazzi:
Sia riformare la macchina amministrativa per avvicinare le esigenze di un mondo industriale e sociale ad innovazioni economiche, sia fondi nuovi per investire.
È un problema pratico il nostro paese non ha una direzione produttiva. Tutto a tutti. Bisognerebbe che il governo si focalizzasse su al massimo 4 settori produttivi, lasciando perdere le aziende morenti che noi finanziamo a discapito di quelle emergenti.
Ivan Rizzi
Oggi i giovani patiscono una grande umiliazione. Non è facile ricostruire un orgoglio di sè per una persona giovane. Le generazioni del baby boom avevano dei grandi maestri (morti) per uccidere i padri (vivi). Oggi i giovani letteralmente non hanno i fondamentali per trovare la propria autostima.
Paolo Gottarelli
Noi abbiamo dato ai nostri giovani un modello sbagliato: vince chi è più scaltro non chi è più preparato, è più legittimato quello che guadagna di più.
Non c’è speranza di futuro con questi valori. Eppure i valori da seguire li abbiamo: non è di moda dirlo, ma le Scritture e le parole di Cristo sono una strada che non ci porta fuori rotta. Qualcuno ha detto che il Cristianesimo è il vero illuminismo. È la via opposta alla corsa al potere. Rivendichiamo le la cultura della comprensione e della compassione e ci ritroveremo.
Luigi Zoja
Bisogna però ricordarsi la distinzione tra l’etica della convinzione e l’etica della responsabilità. Quella della convinzione è la più tipica del cattolicesimo: abbiamo dei dogmi di cui non ci prendiamo la responsabilità.
Alessandro Pagano
Disponiamo di due possibilità e teme: il bene e il male, esse sono gli universali dell’esistenza. Dai tempi di Spengler si ripete che la nostra società è in declino. Abbiamo scelto infatti di rinunciare all’autorità e al padre, ma ora non sappiamo più appellarci ad alcuna guida interiore, e di conseguenza ci crediamo esentati dall’agire responsabile, dalla stessa necessità della scelta tra bene e male.
Anche questo è quanto abbiamo offerto alle giovani generazioni.
L’educazione non è un automatismo. Il rapporto educativo è come una staffetta: c’è chi dà e chi riceve il testimone. La colpa di un cattivo rapporto educativo non è mai di chi riceve il testimone.
Il rifugio nell’individualismo e di conseguenza la caduta del tasso di natalità stanno trasformando il nostro paese. Anche facendo buone leggi e cambiando valori culturali dovremo aspettare due o tre generazioni per risolvere la crisi demografica nata per colpa di uno stato che massacra le famiglie di tasse e che costringe i giovani, ad andarsene.
Sergio Vento
In Italia ‘troppa madre e poco padre’. Onda lunga ,congiunta, di una Unificazione/annessione ‘top down’, della Seconda Guerra Mondiale e del ’68. Purtroppo anche la Chiesa ha contribuito: la ‘Mater Dolorosa’ ha sostituito il Cristo. Il corollario e’ diffuso mammismo e vittimismo, a livello individuale, l’esportazione di responsabilità, a livello collettivo: i cerchi concentrici della nostra ‘presenza’ internazionale – Onu, Nato, Unione europea – non sono “kindergarten”, bensì agoni dove far valere attivamente identità ed assertività degli interessi, materiali ed immateriali.
Nicola Piepoli
Se, come diceva Andreotti tutto si aggiusta, in questo preciso momento il reddito sta ricostituendosi. Entro il 2023 saremo al reddito del 2007. I tempi potrebbero essere più bervi. Come? Investendo in scuole ed ospedali, così che la crisi passi prima di tutto a livello mentale.
Lo stato deve pensare a se stesso e il rimedio è che bisogna mantenere la mente.
Paolo Gottarelli
Dalle crisi si esce investendo. Ma in Italia è impossibile investire. Bisognerebbe investire soprattutto sulla cultura individuale: la formazione prima di tutto.
Eugenio Iorio
Il problema è la saturazione dell’immaginario e quello che ci manca è una società organizzata: non abbiamo più, nè un simbolismo, nè un rituale che riportino a sacralizzare processi di una società che solo così può contribuire a formare cultura, laica o religiosa che sia.
Tra le generazioni non è avvenuto, cioè, un passaggio di memoria storica, una “ rivoluzione di un’elite”( usando impropriamente il titolo di un libro). La causa è stata una mancanza di essenzialità nelle generazioni del dopoguerra, che ha avuto un’accelerazione tecnologica negativa: internet a mio parere è molto più un limite gnoseologico che un’opportunità cognitiva.
L’Italia non supporta il merito: bisognerebbe rivoluzionare tutta la struttura statale per pensare ad una società meritocratica.
Il fatto di sentirsi escluso da un sistema di privilegi personali legittima, poi, alcune retoriche: io ne sono fuori, sono distante dalle sue problematiche quindi io sono migliore.
Si genera quindi sul sistema cognitivo generale una tensione. Deconcettualizzare un rapporto tra conoscenza,potere e società è segno di passività.
Bisogna ricostruire questo rapporto rispolverando modelli collaborativi.
Vittorio Zandomeneghi
Il fallimento del pensiero laico, coda finale di un relativismo etico è una forma di amministrazione del declino.
La tematica del talento: non dobbiamo amministrare solo il declino, ma dobbiamo rimettere il merito al centro della società, altrimenti non ci può essere nessun cambiamento di paradigma.
Un sistema meritocratico andrebbe a rompere quelle gerarchie imprenditoriali che non riescono ad attirare giovani, i quali si aspettano competenza e progresso, ma che spesso non hanno un riferimento confermato dalla società.
Fare politica è un mestiere difficile, dove sono le sedi per fare politica?
Roberto Adriani
Qualunque strada scegliamo, sia quella di investire pragmaticamente, sia quella della riscoperta di valori profondi, sarà vincente solo con una rivoluzione culturale anteposta. C’è la necessità di un’iniziativa culturale che in Italia si tradurrebbe, non solo nei confronti del patrimonio artistico, ma anche dell’informazione giornalistica, della comunicazione.
Riuscirebbe a creare un valore aggiunto ad un mero dato economico.
È una sfida immane ma non dobbiamo necessariamente partire da grandi iniziative, ma da segmenti anche minimali nei quali ciascuno di noi, a livello intellettuale, può dare il suo contributo portando il proprio bagaglio esperienziale.
Questo Istituto ne è un esempio.
Daniele Franco
L’elemento in comune di questa crisi generazionale è la mancanza di identità con se stessi, la mancanza di progettualità all’interno di un sistema che non ha una propria coscienza.
Abbiamo creato un sistema che crea perdita di identità e di memoria.
Anche questo Istituto può assicurare un passaggio di esperienza e di cultura e un senso del lungo periodo, per evitare l’inganno generazionale che la storia ripeterà.
Ivan Rizzi
Il tema dell’inganno si riferisce anche alla politica. Ci sono due inganni: uno è la promessa come pratica illusoria per raccogliere consenso, sapendo che non potrà essere mantenuta, e l‘altro è l’autoinganno di chi vuole convincersi che l’inganno potrà rivelarsi verità. Per reagire non basta smascherare la menzogna ma bisogna scoprire un’idealità.
Dobbiamo ricostruire l’eccellenza dell’animo. Cercare di formare una élite morale che aspiri al primato del meglio della mente umana, che recuperi la dimensione affettiva e la comprensione per costruire un’alternativa esistenziale, uno stile di vita che non può essere solo oggetto di una funzione economica.
Sergio Vento
Partendo dal principio orwelliano che chi controlla il passato controlla il futuro, ogni problema va posto in un contesto e in una prospettiva. Oggi è il tempo che è stato mercificato. Così dobbiamo accontentarci di un mondo in cui c’è poca realtà e molta rappresentazione. I governi non lavorano realmente per l’obbiettivo della pace e della prosperità, ma per la gestione delle crisi.
La soluzione è preparare un terreno di azione, una Istituzione come lo IASSP che lavori ad una cultura della realtà, non della rappresentazione, ma della realtà.
La tecnologia e il denaro sono mezzi non fini, bisogna stare attenti alle idolatrie che paradossalmente oggi sono più presenti che al tempo degli idoli.
Nicolò Mardegan
Il politicismo non esiste più se non sotto forma di lobby o di opportunismo. Non esistono più nemmeno i partiti, divorati da un relativismo latente. Adesso esistono solo slogan. L’immagine vince sui contenuti.
Come si fa ad entusiasmare i giovani di fronte a tutto questo?
Bisogna rimettere al centro valori coesivi e culturali che possano ancora ricreare un bipolarismo dei contenuti.
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03Oct
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